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"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)

Una realtà fragile ma già eterna

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Una riflessione spirituale dopo il tragico terremoto in Italia centrale

don Francesco Pesce

Un interminabile elenco di nomi. Il vescovo di Rieti ha iniziato la Messa funebre per le vittime del terremoto di Amatrice e di Accumoli, leggendo uno per uno i nomi dei caduti. Nomi, storie, volti, famiglie spezzate. Mi è venuta in mente la scena biblica in Galilea sul lago di Tiberiade descritta al capitolo 21 del Vangelo di Giovanni. In quel passo alla fine del racconto evangelico, dopo la crocifissione di Gesù’, nessuno parla e nessuno sa cosa fare o cosa dire. La situazione è pesante, Gesù era ormai morto e le speranze andavano esaurendosi. Pietro prende l’iniziativa per togliere se stesso e gli altri dall’imbarazzo e dice “io vado a pescare” (Gv 21,3) e così la vita di prima sembra ricominciare. “ma in quella notte non presero nulla” (Gv 21,3).

Quante notti nella Bibbia, nella vita, nei nostri giorni; quanta fragilità nelle nostre vite nelle nostre famiglie; è una fragilità naturale di una natura corrotta dal mistero del male e del peccato. Gesù ci chiede ancora di gettare la rete, di continuare a vivere e sperare. La rete della nostra vita è destinata a riempiersi, perché è gettata sulla Parola del Risorto, anche se gli apostoli non lo avevano riconosciuto, anche se a volte davanti alle tragedie, non ce la facciamo perché la vita non è un principio da difendere ma una grande avventura da svolgersi con l’aiuto della Grazia. Noi crediamo che arriva sempre un alba nuova dove si può gridare “è il Signore”(Gv21,7) – il grido di amore di Giovanni, o come nel Cantico dei Cantici “l’amato mio” (Ct2,8). Un grido di Pasqua, di amore che vince le tenebre della morte.

Mi ha colpito guardando alla televisione lo svolgimento dei funerali, che quasi tutti hanno fatto la Comunione, cosa non consueta ormai anche nelle grandi celebrazioni. C’era quasi un desiderio urgente e stringente di Pane del cielo, quello vero, quello di cui tutti abbiamo bisogno. “Signore, dacci sempre questo pane. Gesù rispose loro: Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete” (Gv6,34-35). Noi celebriamo infatti l’Eucaristia “nell’Attesa che  Egli venga”, perché   crediamo che un amore che muore, un amore che viene ucciso, ritrova il dono del Dio della vita.

Oggi abbiamo celebrato insieme a tutta l’Italia il corpo, anzi la carne. La parola carne, nella Bibbia,  indica  tutto ciò che è corruttibile, fragile, mortale. Tutta la fede cristiana è un  rapporto tra carnalità e spiritualità.  L’espressione “carne e sangue” è  un’espressione tipicamente ebraica per dire “fragile vita”. Nella “carne e sangue” Dio si fa debole, limitato e quindi accessibile perché assume la nostra  fragilità nella quale dona la Sua vita immortale. Oggi ad Amatrice e Accumoli ancora una volta abbiamo celebrato una realtà fragile, ma già eterna. Abbiamo celebrato  il “pane e il vino”, alimenti semplici della mensa dei poveri, segni della solenne  povertà degli uomini e di Dio. “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” è ancora il grido che sale dai paesi devastati dal terremoto, da queste terre che hanno impresse le impronte di  San Francesco e san Benedetto. E’ un grido che già è stato ascoltato da Colui che con l’amore ha vinto la morte. “Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano. Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato.”(Ez 37,9-10)

 

 

Author: ConAltriOcchi

"C'e' un solo modo di vedere le cose, finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" (Picasso)

4 thoughts on “Una realtà fragile ma già eterna

  1. comprendere e sollevare dal dolore guardando pero’ sempre a Cristo Risorto. Perche’ noi cristiani non siamo portatori della vera Gioia?

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    • Forse perché a volte ci dimentichiamo di mettere al centro Cristo, e il Cristo Risorto. È’ triste vedere che oggi questa straordinaria figura di Gesù non suscita più attrazione, ad esempio tra i giovani, che cercano modelli e punti di riferimento disperatamente, spesso con scarsi risultati. Spesso anche noi cristiani ci perdiamo in una fede un po’ spenta, triste, che non dice niente a nessuno, proprio perché Cristo non è al centro. Il Cristo Risorto, perché come dice San Paolo: “senza la risurrezione di Cristo, vana e’ la nostra fede”. Il Cristianesimo orientale tende a rappresentare il Cristo sulla croce Pantocrator – cioè sulla croce ma risorto, vincitore della morte. Sempre con le ferite, ma risorto. A dire: la sofferenza non si cancella, viene trasformata, e Cristo nelle nostre vite e’ il Cristo della risurrezione, che ha vinto la morte con l’amore. Non dovremmo mai dimenticarlo e sempre dovremmo annunciarlo al mondo, più con la testimonianza che con le parole.

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  2. Che bello!

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