ConAltriOcchi blog – 以不同的眼光看世界-博客

"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)


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Preparate la via del Signore (Is 40,3): il Tempo di Avvento

L’Avvento non è una prima di tutto una preparazione al Natale, ma una contemplazione della seconda venuta di Gesù alla fine dei tempi. Noi viviamo i nostri giorni tra due avvenimenti; un fatto già avvenuto, la nascita, e un altro atteso, il suo ritorno alla fine della storia. Noi anche celebriamo l’eucarestia, “nell’Attesa della Sua venuta”.

L’Avvento si estende per quattro settimane nel quale il colore liturgico è il viola, riservato ai tempi di attesa (Avvento e Quaresima) e di dolore (morte).  Si distingue la terza domenica, detta domenica Gaudete/Rallegratevi, dalla prima parola dell’antifona d’ingresso, in cui nel medioevo si interrompeva il digiuno di Avvento, simile a quello di Quaresima per l’ormai prossimo Natale. Durante il periodo di Avvento non si canta il Gloria,che esprimerà la gioia degli angeli e di tutta la creazione nella notte di Natale,  mentre rimane il canto dell’Alleluia, come espressione del già e non ancoradel tempo in cui viviamo.

Nel 490 il vescovo di Tours ordinò che il periodo prima di Natale diventasse un tempo penitenziale nella Chiesa Franca dell’Europa Occidentale, e ordinò un digiuno di tre giorni ogni settimana a partire dall’11 novembre, festa di S. Martino di Tours protettore della sua città. Tra la festa di San Martino e il Natale ci sono 40 giorni. Questo numero di giorni   ricordava il  tempo dei 40 giorni della Quaresima, come anche  i 40 giorni e le 40 notti di Mosè sul monte Sinai (Es 24,18; 34,28). Ecco perché il tempo di Avvento fu anche denominato   Quadragesima Sancti Martini o anche Quaresima e  digiuno  di 40 giorni di San Martino. Come la Pasqua era preceduta dalla Quaresima di penitenza, così anche il Natale era preceduto dalla Quaresima di San Martino. Si viveva la gioia della venuta del Messia con una attenzione penitenziale.

Un secolo dopo (sec. VI) anche nella Chiesa di Roma viene introdotto il Tempo di Avvento, con un tono prevalentemente gioioso sviluppando di più l’aspetto di preparazione al Natale.  Nel sec. XIII, alla fine del Medio Evo, i due aspetti della liturgia gallicana e romana trovarono una sintesi tra aspetto penitenziale e festoso. Ancora oggi fondamentalmente si mantiene questo equilibrio grazie alla riforma liturgica voluta dal concilio Vaticano II e da Paolo VI.

Il  nostro  compito di cristiani del ventunesimo secolo  è quello di tenere alta  e luminosa la fede nel Dio di Gesù Cristo, tra poco bambino, crocifisso e risorto. Dobbiamo anche mantenere , e non è un compito secondario,  la fede in un mondo di giustizia e di pace di cui nel tempo di Avvento ci parleranno i profeti. Noi crediamo che sia necessario, l’amore, il volersi bene nella città, cioè nelle nostre metropolitane, nei nostri palazzi, nei nostri luoghi di lavoro; crediamo che sia non solo importante, ma necessario.

Non basta più che nel mondo ci siano le anime buone che si dedicano alle opere buone. Ogni potere ha sempre avuto bisogno di qualche anima buona. Nella logica del potere   qualcuno che si dedica alla giustizia è un ottimo paravento, per fare più comodamente i propri affari!

Ascolteremo in questo tempo di Avvento, il grido di Giovanni Battista : «Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni burrone sarà riempito, ogni monte abbassato; le vie tortuose diventeranno diritte e quelle impervie, spianate». La voce ci parla di un mondo duro e difficile, violento in tanti giorni della storia.  Le montagne insuperabili oggi sono quei muri che tagliano in due le città, le nazioni, le speranze di tanta povera gente. I burroni scoscesi sono la disperazione di molti che attendevano carità e hanno trovato leggi disumane e spietate. Il profeta però vede oltre, vede strade che corrono diritte e piane, burroni colmati, monti spianati. Il profeta vede le speranze mai sconfitte degli uomini. Vede soprattutto il sole che sorge sulle notti di tante persone e di tanti popoli.

Il profeta garantisce: «Ogni uomo vedrà la salvezza». Dio viene e non si fermerà davanti ai burroni o alle montagne, e neanche ai cuori di pietra.  Perché :” un bambino è nato per noi; ci è stato dato un figlio”.(Is 9,5)


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Gesù Cristo si è fatto povero per voi

Riflessioni sul messaggio di Papa Francesco sulla Giornata Mondiale dei Poveri.

Oggi  nella 33.ma Domenica del Tempo ordinario  celebriamo in  tutta la Chiesa Cattolica insieme agli uomini di buona volontà la sesta Giornata Mondiale dei Poveri, che Papa Francesco ha voluto istituire  e che aveva già annunciato al termine del Giubileo della Misericordia. Come segno di condivisone, il Papa anche in questo anno ha invitato  a pranzo numerosi poveri nell’Aula Paolo VI, l’aula delle udienze che porta il nome del grande pontefice della Populorum Progressio, dopo aver celebrato la Messa in San Pietro. Ieri sono state celebrate numerose Veglie di preghiera in particolare in memoria di San Lorenzo, martire romano che ha riconosciuto i poveri, come vero tesoro nella chiesa.

“Invito la Chiesa intera e gli uomini e le donne di buona volontà a tenere fisso lo sguardo, in questo giorno, su quanti tendono le loro mani gridando aiuto e chiedendo la nostra solidarietà. Sono nostri fratelli e sorelle, creati e amati dall’unico Padre celeste” (Messaggio per la I giornata mondiale dei poveri al n 6).

“Non amiamo a parole, ma con i fatti” era  il titolo del primo messaggio di Papa Francesco per questa giornata. Il Papa parlò dei “mille volti segnati dal dolore, dall’emarginazione, dal sopruso, dalla violenza, dalle torture e dalla prigionia, dalla guerra, dalla privazione della libertà e della dignità, dall’ignoranza e dall’analfabetismo, dall’emergenza sanitaria e dalla mancanza di lavoro, dalle tratte della schiavitù, dall’esilio e della miseria, dalla migrazione forzata” ( n 5).

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Quest’anno nella sesta edizione di questa giornata il titolo è:”Gesù Cristo si è fatto povero per voi” (cfr 2 Cor 8,9).

Così scrive il papa:” La povertà che uccide è la miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita. È la miseria che, mentre costringe nella condizione di indigenza estrema, intacca anche la dimensione spirituale, che, anche se spesso è trascurata, non per questo non esiste o non conta. Quando l’unica legge diventa il calcolo del guadagno a fine giornata, allora non si hanno più freni ad adottare la logica dello sfruttamento delle persone: gli altri sono solo dei mezzi. Non esistono più giusto salario, giusto orario lavorativo, e si creano nuove forme di schiavitù, subite da persone che non hanno alternativa e devono accettare questa velenosa ingiustizia pur di racimolare il minimo per il sostentamento.”(n 8)

Non sorprende la scarsa attenzione data, anche in alcuni settori  della Chiesa, alla proclamazione di questa giornata mondiale. Non sorprende ma amareggia, e tutti siamo chiamati a reagire con forza alla indifferenza verso i poveri.

Chi ha molti denari e molte sicurezze rischia di vivere come gli «spensierati di Sion» di cui parla il profeta Amos, e si costruisce un mondo tutto suo, e anche se alla sua porta ci sono migliaia di Lazzari nemmeno se ne accorge. L’ epulone dei nostri anni a volte se ne accorge e allora fa qualche elemosina per i poveri, dona qualche vestito vecchio che non mette più, pur di non avere il disturbo dei Lazzari alla sua porta.

In tutte la Chiesa cattolica si legge spesso la parabola del Ricco Epulone ma domani Lazzaro starà come oggi. Niente cambia. Purtroppo il messaggio di Gesù è stato spesso imprigionato nel sistema e lo abbiamo un po’ reso innocuo; non incide più nella nostra vita reale. Questo è l’abisso di cui parla  il Vangelo. Inoltre tutti vediamo che l’abisso tra i Lazzari e gli epuloni si è allargato e si sta allargando a dismisura.

Noi epuloni abbiamo da secoli deciso che non si può consentire la promiscuità tra chi è dentro e chi è fuori. Lazzaro deve stare fuori dal sistema, dalle nostre città, la Bibbia direbbe dall’accampamento. Lazzaro poi non solo è escluso ma deve essere anche convinto che sia normale così, che sia giusto. L’esclusione lo tocca dentro, nella coscienza.

La nostra società però dice di ispirarsi ai grandi principi del Cristianesimo, dell’ Illuminismo, della democrazia e allora prova ( fa finta?) ad inserire dentro di se Lazzaro l’escluso, ma non ci riesce, perché dovrebbe contestare se stessa nei propri principi costitutivi. Gli immigrati sono i Lazzari del ventunesimo secolo e noi sappiamo solo allargare il fossato.

I cristiani e tutta l’umanità, non si dimentichino che Dio sta dalla parte dei Lazzari, anzi Dio in questo mondo è Lazzaro. Gesù è andato fra gli immondi per insegnare loro a smettere di dirsi immondi, a guardare le nostre città, il nostro sistema, e scoprire che il vero Lazzaro, il vero immondo è proprio il sistema. Questa è la rivoluzione cristiana. Gesù è venuto a svegliare la coscienza degli esclusi perché smettano di considerarsi legittimamente esclusi, perché sappiano che la dignità e’ un loro diritto inalienabile. Il sistema poi ha provato ad addomesticare Gesù “promuovendolo” a tutore dell’ordine ma Lui si è divincolato, andando contro ad un sistema che esclude, ribellandosi al potere politico/religioso e a quello economico. Per questo è stato crocifisso come un Lazzaro qualunque: “Come un delinquente voi lo avete appeso ad un legno” dice Pietro, nel primo discorso dopo la Pentecoste. Le Beatitudini ci dicono che i Lazzari hanno già vinto in Cristo la loro battaglia di dignità. Ora ci stanno venendo incontro, e sono milioni. Non ci vogliono distruggere, ma dirci la Parola della salvezza che è stata loro affidata. Beati i Poveri perché vostro è il Regno di Dio dirà Gesù. Vostro è il segreto della vita.

Le ricchezze non sono un fine, ma uno strumento nelle mani degli uomini; spesso sono diventate uno strumento iniquo perché l’uomo se ne è servito per dominare gli altri uomini e assoggettare interi popoli al controllo di alcune elite. Siamo arrivati nella storia perfino allo sterminio programmato e calcolato dei poveri, come ricorda ancora il profeta Amos. Grazie a Dio il progresso culturale dei popoli sta favorendo una sempre maggiore presa di coscienza, circa il bisogno di una più equa distribuzione delle ricchezze del pianeta. Alcune organizzazioni internazionali e alcune nazioni più sviluppate stanno lottando per nuovi equilibri sociali, ma la battaglia è ancora molto lunga e difficile. Gesù invita i suoi discepoli ad essere “scaltri” nell’uso delle ricchezze. Chiede ad ognuno di noi un diverso rapporto con le ricchezze sia sul piano individuale che in quello comunitario. Proprio per questo non può più bastare il gesto privato della elemosina; bisogna agire perché la ricchezza possa diventare uno strumento di liberazione e di riconciliazione tra i popoli; questa è la concretezza del vangelo, che per sua natura è un fatto sociale. La storia ci insegna che non pochi si sono allontanati dalla Chiesa e dalla fede, perché hanno ricevuto una cattiva testimonianza nell’uso del denaro e delle ricchezze. Assistiamo poi in questi anni come cristiani e cittadini del mondo a due fatti molto importanti. Papa Francesco sta testimoniando la possibilità concreta di una Chiesa povera per i poveri, ed è uno straordinario dono del Signore, un esempio che ci stimola a sempre nuova conversione. Inoltre al contempo assistiamo al fatto che molti poveri, si stanno -potremmo dire così- riprendendo il vangelo, spesso a loro nascosto, dietro parole di circostanza e umilianti elemosina. I poveri oggi sono coscienti che il vangelo è prima di tutto per loro, e non sono più disposti ad aspettare per i loro diritti e la loro dignità. Rileggiamo e meditiamo attentamente a questo proposito le parole profetiche di don Primo Mazzolari, prete povero tra i poveri al quale papa Francesco renderà onore, pregando sulla sua tomba fra pochi giorni:” io non ho mai contato i poveri, perché i poveri non si possono contare; i poveri si abbracciano, non si contano. Eppure c’è chi tiene la statistica dei poveri, e ne ha paura; paura di una pazienza che si può anche stancare, paura di un silenzio che potrebbe diventare un urlo, paura di un lamento che potrebbe diventare un canto, paura dei loro stracci che potrebbero farsi bandiera, paura dei loro arnesi che potrebbero farsi barricata.” Sta già avvenendo.