La 48a Settimana Sociale dei cattolici a Cagliari
Don Francesco Pesce
Rimettere il lavoro al centro dei processi formativi, è la fondamentale proposta che la Chiesa italiana ha fatto al governo durante la 48° Settimana Sociale a Cagliari. Le altre sollecitazioni, Pir (Piani individuali di risparmio), appalti, Iva, formazione si muovono su questa linea. Il Primo ministro italiano nel suo intervento ha espresso sintonia con questa proposta e ha dichiarato:“Senza lavoro i valori fondamentali che sono alla base della nostra società fanno fatica a resistere […]per questo è fondamentale rimettere al centro il lavoro e vi ringrazio di averlo fatto”. Un clima di dialogo sereno e costruttivo, si è respirato nelle giornate cagliaritane. Già il tema scelto:” il lavoro che vogliamo: libero, creativo partecipativo e solidale” esprime il desiderio di comunità, e di bene comune al quale tutte le componenti del paese sono chiamate a dare il loro contributo. Gli aggettivi qualificativi riportati nel titolo sono scritti nell’Evangelii Gaudium, documento programmatico di papa Francesco che a Cagliari è stato messo al centro ed ha ispirato moltissimi interventi.
Più di mille delegati sono arrivati a Cagliari dalle diocesi italiane e subito hanno ascoltato il videomessaggio di papa Francesco: “Non tutti i lavori sono degni. Ci sono lavori che umiliano la dignità delle persone […] offendono la dignità del lavoratore anche il lavoro in nero, quello gestito dal caporalato, […] questo uccide”.
Il lavoro è una vocazione ed è allo stesso tempo uno strumento, nelle mani degli uomini; spesso è diventato uno strumento iniquo perché l’uomo se ne è servito per dominare gli altri uomini e sottoporre interi popoli al controllo di alcune èlite.
Grazie a Dio il progresso culturale dei popoli sta favorendo una sempre maggiore presa di coscienza, circa il bisogno di una più equa distribuzione delle ricchezze del pianeta. Alcune organizzazioni internazionali e alcune nazioni più sviluppate stanno lottando per nuovi equilibri sociali, ma la battaglia è ancora molto lunga e difficile. E’ stato anche detto a Cagliari di porre attenzione anche ai termini linguistici; si parla molto di lavoro e si dimenticano i lavoratori, che non sono un ingranaggio di un sistema, ma persone, volti, storie, padri e madri. Proprio per questo bisogna agire perché il lavoro possa tornare ad essere uno strumento di liberazione e di riconciliazione tra i popoli; questa è la concretezza del vangelo, che per sua natura è un fatto sociale.
Sappiamo bene che non sempre la Chiesa italiana è riuscita a servire fedelmente il mondo del lavoro, basti pensare che nella storia centenaria delle Settimane Sociali, solo tre volte si è affrontato questo tema; ricordiamo tutti le profetiche parole del papa Paolo VI nella omelia della Santa Messa della notte di Natale del cruciale anno 1968 nel centro siderurgico di Taranto : “a voi, Lavoratori, che cosa diremo? […] Vi parliamo col cuore. Vi diremo una cosa semplicissima, ma piena di significato. Ed è questa: Noi facciamo fatica a parlarvi. Noi avvertiamo la difficoltà a farci capire da voi. […] noi tutti avvertiamo questo fatto evidente: il lavoro e la religione, nel nostro mondo moderno, sono due cose separate, staccate, tante volte anche opposte.[…] Questa separazione, questa reciproca incomprensione non ha ragione di essere”.
Credo che possiamo applicare anche al nostro approccio con il mondo del lavoro ciò che il papa scrive in Amoris Laetitia :«Gesù aspetta che rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano, affinché accettiamo veramente di entrare in contatto con l’esistenza concreta degli altri e conosciamo la forza della tenerezza. Quando lo facciamo, la vita ci si complica sempre meravigliosamente” (AL 308).