ConAltriOcchi blog – 以不同的眼光看世界-博客

"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)


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Uno morì per tutti: il cammino ecumenico e la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

Questo anno sono  500 anni della Riforma luterana. Papa Francesco  a fine Ottobre   è stato  a Lund, in Svezia, per commemorare, insieme alla Federazione luterana mondiale, per questo importante anniversario. In un’intervista rilasciata al gesuita svedese UlfJonsson, e pubblicata dalla Civiltà cattolica, papa Francesco mette in rilievo  gli aspetti positivi della Riforma, sottolineando in particolare due parole. “Scrittura”,perché Lutero,  per primo ha tradotto la Bibbia in lingua vernacolare   e dice il papa “ha fatto un grande passo per mettere la Parola di Dio nelle mani del popolo”.  L’altra  parola è “riforma”:“All’inizio quello di Lutero era un gesto di riforma in un momento difficile per la Chiesa”, dice ancora il papa.  L’ecumenismo sottolinea il vescovo di Roma  deve essere un continuo“andare, camminare insieme! Non restare chiusi in prospettive rigide, perché in queste non c’è possibilità di riforma”.

La Commissione luterano-cattolica sull’unità ha computo in questi anni un lavoro eccellente per arrivare insieme a questa commemorazione. Il suo rapporto intitolato, “ Dal conflitto alla comunione” dichiara  che “entrambe le tradizioni si accostano a questo anniversario in un’epoca ecumenica, con i risultati di cinquant’anni di dialogo al loro attivo, e con una rinnovata comprensione della loro storia e della loro teologia”.

Separando  gli aspetti controversi, dai progressi  teologici della Riforma, i cattolici raccolgono  gli stimoli  di Lutero per la Chiesa  di oggi, riconoscendolo un “testimone del vangelo” (Dal conflitto alla comunione n. 29). Per questo dopo tanti secoli di contrapposizioni anche sanguinarie, oggi nel 2017 per la prima volta nella storia  i cristiani luterani e cattolici commemoreranno insieme l’inizio della Riforma.

Anche con i fratelli ortodossi il cammino sta vivendo una primavera della storia. In questo nuovo clima e con questi concreti passi si vive il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani scelto per  quest’anno: “L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione” (cfr. 2 Cor 5, 14-20). Questo versetto sintetizza il testo della seconda lettera ai Corinzi, riferimento scelto per la preghiera comune. Hanno riflettuto e pregato insieme su questi versetti, per preparare questi giorni in particolare e l’intero anno di preghiera comune, il Pontifício Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani  e la Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese.

I giorni consueti per vivere la  Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, sono tradizionalmente dal 18 al 25 gennaio, settimana scelta e voluta fin dal  1908 dal  Reverendo Paul Wattson, perché comprendeva  la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo. A nessuno sfugge la forza simbolica di questo riferimento agli apostoli. Pietro che per primo ha confessato la fede, Paolo che ha portato la fede ai confini del mondo.

Affidiamo questa importante settimana e l’intero cammino ecumenico a Pietro; è stato un uomo debole, che ha tradito il Signore nel momento più importante, ma la sincerità, la profondità,  la totale gratuità del suo amore gli hanno meritato dal Risorto stesso di confermare i suoi fratelli e sorelle nella fede.

Affidiamoci anche a Paolo; è stato un violento persecutore dei cristiani nel suo passato, ma ha sperimentato la forza della tenerezza di Cristo sentendosi amato da Lui fin dal seno materno.

Amare e sentirsi amati, è la scelta ecumenica fondamentale che supera ogni debolezza e relativizza ogni ferita della storia, in un cammino verso la piena unità che ha sicuramente più futuro che passato.

Gli otto giorni

Il testo 2 Corinzi 5, 14-20, scandisce la preghiera degli otto giorni, che sviluppa alcuni degli spunti teologici dei singoli versetti, come segue:

Primo Giorno:   Uno morì per tutti
Secondo Giorno:   Vivere non più per se stessi
Terzo Giorno:   Non considerare più nessuno con i criteri di questo mondo
Quarto Giorno:   Le cose vecchie sono passate
Quinto Giorno:   Tutto è diventato nuovo
Sesto Giorno:   Dio ha riconciliato il mondo con sé
Settimo Giorno:   L’annunzio della riconciliazione
Ottavo Giorno:   Riconciliàti con Dio

 


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Il papa in Armenia dallo “sradicamento sanguinoso” al cuore nuovo.

Papa Francesco andrà venerdì 24 giugno in Armenia per tre giorni e a fine settembre sarà pellegrino in Georgia e Azerbaigian, visitando così tutta la regione del Caucaso. Sabato il Papa incontrerà alcuni discendenti di sopravvissuti al «Metz Yeghern», il cosiddetto “sradicamento sanguinoso” quando gli armeni furono vittime della persecuzione dell’impero ottomano nel 1915; il termine che si usa per ricordare questa tragedia che ha coinvolto un milione e mezzo di persone è anche «genocidio» una parola contestata dalla Turchia.

Il portavoce del papa Padre Lombardi durante il briefing di presentazione del pellegrinaggio ha ricordato la cerimonia presieduta a San Pietro da papa Francesco il 12 aprile 2015 nel centenario del «Metz Yeghern». Papa Francesco, citò in quella occasione la dichiarazione comune firmata a Etchmiadzin nel 2001 da Giovanni Paolo II e Karekin II, e parlò del «primo genocidio del XX secolo», usando appunto il termine, «genocidio». La Turchia,(paese che il papa ha già visitato nel 2014) richiamò per diversi mesi ad Ankara il proprio ambasciatore presso la Santa Sede.

Padre Lombardi, a proposito della differenza tra il termine «Metz Yeghern» e «genocidio», ha così risposto ad una domanda:«Rispondo con quello che mi ha detto un mio amico armeno, che la parola Metz Yeghern è anche più forte di quello che dice la parola genocidio, e io preferisco usare questa parola proprio per non essere intrappolato dalle domande che non fanno che ruotare attorno all’uso di una parola. Nessuno di noi nega che ci siano stati massacri orribili, lo sappiamo molto bene e lo riconosciamo, e andiamo al memoriale per ricordarlo, ma non vogliamo fare di questo una trappola di discussione politico-sociologico perché andiamo alla sostanza».

La sostanza è che papa Francesco visitando le tre regioni del Caucaso si fa pellegrino di pace e di riconciliazione, percorrendo anche un cammino ecumenico , particolarmente importante in questi giorni nei quali a Creta si sta svolgendo un concilio ortodosso.

Tra i motivi del viaggio ha ricordato ancora padre Lombardi, ci sono la restituzione della visita che il Catholicos armeno Karekin II, patriarca della chiesa apostolica armena, ha fatto al Papa, incoraggiare la locale comunità cattolica, e manifestare a tutto il popolo armeno il sostegno e l’amicizia del papa. La Chiesa Armena è una Chiesa indipendente sia dalla Chiesa Cattolica che da quella Ortodossa-

Il cristianesimo in Armenia risale al I secolo, quando secondo la tradizione venne introdotto da Bartolomeo e Taddeo, due degli apostoli. L’Armenia fu la prima nazione ad elevare il Cristianesimo a religione di Stato. Il Re Arsacide Tiridate III, venne convertito e battezzato con la sua corte da Gregorio Illuminatore nel 301. Il Cristianesimo in Armenia ebbe poi un rapido sviluppo anche grazie alla traduzione in lingua armena della Bibbia dal parte del teologo e monaco Mesrop Mashtots.

Il video messaggio che papa Francesco ha inviato al popolo armeno pochi giorni fa in preparazione del pellegrinaggio è il miglior viatico per i giorni che verranno:”Con l’aiuto di Dio vengo tra voi per compiere, come dice il motto del viaggio, una “visita al primo paese cristiano”. Vengo come pellegrino, in questo Anno Giubilare, per attingere alla sapienza antica del vostro popolo e abbeverarmi alle sorgenti della vostra fede, rocciosa come le vostre famose croci scolpite nella pietra.[…] La vostra storia e le vicende del vostro amato popolo suscitano in me ammirazione e dolore: ammirazione, perché avete trovato nella croce di Gesù e nel vostro ingegno la forza di rialzarvi sempre, anche da sofferenze che sono tra le più terribili che l’umanità ricordi; dolore, per le tragedie che i vostri padri hanno vissuto nella loro carne. Ai ricordi dolorosi non permettiamo di impadronirsi del nostro cuore; “

Prima di tornare a Roma il Papa pregherà nel monastero di Khor Virap, luogo del pozzo in cui, secondo la tradizione, fu in prigione per dodici anni Gregorio l’Illuminatore, fondatore del cristianesimo in Armenia. Il papa libererà delle colombe in direzione del monte Ararat e come sottolinea ancora Padre Lombardi si troverà «vicinissimo al confine con la Turchia» e liberare le colombe «in direzione del monte Ararat» è «un messaggio che ha significato».


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L’unità si fa camminando

Lo storico incontro e l’abbraccio tra Francesco e Kirill

Si sono incontrati in un aeroporto, luogo di arrivo e di partenza; la storia oggi e’ arrivata ad una vetta solo poco tempo fa insperata, e ora continua a viaggiare verso nuovi destini. Poco importa se tutto ancora non e’ chiaro, se bisogna ancora molto parlarsi; si sono incontrati e questo, dopo secoli di silenzi e incomprensioni, basta. Basta per chiudere per sempre una pagina sbagliata e spesso drammatica; basta per dire, alle religioni e al mondo, che e’ possibile ricominciare, si puo’ fare realmente una cosa nuova, che non parta piu’ da quello che hanno fatto prima a te, ma una cosa nuova, che solo lo Spirito sa fare. “Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada”(Is 43,19).

Si sono abbracciati e hanno parlato per due ore, con franchezza ha detto Francesco, con ampiezza di contenuti sottolinea Kirill. I volti sereni e sorridenti mostrano che il desiderio della riconciliazione e dell’unita’ e’ sincero e orientato verso “iniziative” concrete realizzabili insieme. L’incontro stesso e’ gia’ programma e una realizzazione insieme, una Speranza che gia’ non delude, un “gesto di carità” basato sulla comune fede in Cristo.

Alla fine del colloquio, Papa Francesco e il Patriarca Kirill hanno firmato una Dichiarazione congiunta, che e’ stata limata fino all’ultimo e questo ne sottolinea l’importanza. Dice il Papa durante il volo per Cuba con finale destinazione in Messico dopo la tappa per questo storico incontro: “Non è una dichiarazione politica, non è una dichiarazione sociologica, è una dichiarazione pastorale, incluso quando si parla del secolarismo e di cose chiare, della manipolazione biogenetica e di tutte queste cose. Ma è ‘pastorale’: di due vescovi che si sono incontrati con preoccupazione pastorale”. La scelta “pastorale” della dichiarazione fa intendere come questa sara’ la strada principale da percorrere nel cammino insieme. Nel testo si parla fra l’altro delle comuni radici; c’e’ un appello per chiedere “alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l’ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente”; si constata che le società sono  secolarizzate e che la famiglia e’ in crisi. Estesa è particolarmente degna di rilievo la parte riguardante la crisi ucraina e il problema dei cosiddetti “Uniati”.

Indubbiamente questo incontro e’ stato  anche un ritorno alle origini. La Chiesa apostolica sapeva che lo Spirito che le era dato non le chiedeva di guardare indietro, ma di fare sempre cose nuove. Cosa dice  oggi a noi la Chiesa delle origini? Lo Spirito non è un testamento da eseguire, il Vangelo non è uno scritto da ricopiare. Oggi come allora la Chiesa della Pentecoste  ha  il coraggio di accogliere nel suo seno i non-circoncisi; la saggezza di scegliere i “sette” per rispondere ai primi bisogni “degli orfani e delle vedove” nell’esercizio della carità; osa mettere per iscritto la buona novella che circolava fino a quel momento solo oralmente. Nel corso dei secoli, la Chiesa ha saputo confrontarsi con il mondo e compiere scelte controcorrente, inaspettate, spesso non comprese immediatamente anche al suo interno, che spesso hanno anche causato divisioni. Ma il Signore ci rassicura che i frutti si riconoscono dall’albero, pertanto non dobbiamo avere paura di essere un segno di contraddizione. 

I cristiani di oggi come quelli di ieri sanno che lo Spirito li chiama verso cose nuove. La Chiesa non può essere un cantiere chiuso; se il  soffio dello Spirito è rinchiuso negli otri delle immutabili tradizioni, se si è solo  guardiani del passato, quale Pasqua possiamo festeggiare? Quale Pentecoste possiamo attendere? Dobbiamo arrivare ad  essere prima di ogni altra cosa degli uomini uniti nello stesso battesimo, fra gli altri uomini, come Gesù che fece la fila con tutti gli altri per farsi battezzare. Si mise in fila, non ebbe nemmeno il primo posto, fu ultimo fra gli uomini. E per questo Dio disse: “Ecco il mio Figlio prediletto”. Solo se saremo servitori gli uni degli altri  in mezzo al mondo, questa voce sarà anche per noi: “Ecco la mia chiesa  prediletta”.

Francesco Vescovo di Roma Papa della Chiesa Cattolica e Kirill Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, come si firmano nella Dichiarazione, non propongono  una Santa Alleanza, ma camminano insieme verso l’unita’, cosi’ come la vorra’ lo Spirito. L’unita’ si fa camminando, sottolinea il Papa.

Il Dio  di Gesu’ Cristo e’ il Dio dei cammini; percorriamo anche noi, ciascuno nella propria storia personale, il cammino ecumenico. Guardiamo oltre le difficolta’ e le incomprensioni. “Anche noi dunque, circondati da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb12,1-2).


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La prima volta che un papa incontra il patriarca ortodosso russo

Ancora una sorpresa in questi giorni ci viene da Papa Francesco. Dopo la notizia della visita in Svezia alla fine dell’anno in occasione dell’anniversario della riforma di Lutero e la prima intervista di un papa tutta sulla Cina ad AsiaTime online pubblicata nei giorni scorsi, ecco che arriva l’annuncio congiunto dell’incontro tra Francesco e Kirill il 12 febbraio. Incontro discusso, desiderato e preparato da tempo, ma la sua realizzazione arriva con grande sorpresa e commozione. 

Dice il Risorto: “Andate a dire ai discepoli e a Pietro che Egli vi precede in Galilea“(Mc 16,1-7). Il Risorto ci precede in ogni luogo, come nel cenacolo e a Emmaus , ovunque gli uomini costruiscono le loro città’, ovunque amano. Oggi il Signore Risorto ci precede nella terra di Cuba, dove con l’incontro tra il Vescovo di Roma e il Patriarca di Mosca il popolo cristiano si fa più e ancora visibilmente un solo gregge alla sequela dell’unico Pastore. Nella terra di Cuba, terra di antico ateismo, che pochi mesi fa aveva gioito per la “riconciliazione” con gli Stati Uniti proprio grazie alla mediazione di Papa Francesco. Oggi Cuba sembra quasi “restituire” il favore, in un evolversi della storia dove la fede supera il dubbio e le logiche tutte umane. E non sfugge che Francesco e Kirill si incontreranno in un aeroporto. Luogo di passaggio, d’incontro, crocevia tra i popoli in un mondo sempre più interconnesso e globalizzato.

Una storia di divisione e di scomuniche, quella tra cattolici e ortodossi, che ha non solo ferito la Chiesa e la comunità cristiana tutta, ma ha anche scandalizzato la fede dei semplici e messo in discussione agli occhi di molti la credibilità, la “fattibilità” dell’amore e della fratellanza cristiani. Come possiamo annunciare da cristiani l’amore fraterno e la pace se tra noi siamo divisi? Ecco lo scandalo che è tempo ora di rovesciare, superando antiche divisioni e rivendicazioni e guardando con pragmatismo e rispetto reciproco alla storia e tradizione di ciascuno.  

Oggi papa Francesco raccoglie l’eredità’ di Paolo VI che in Terra Santa abbraccio’ il Patriarca di Costantinopoli Atenagora e insieme annullarono le reciproche scomuniche. Raccoglie in particolare i semi gettati dal Concilio Vaticano II, dal quale Francesco ancora di più conferma l’assoluta centralità – non tanto e non solo a parole, ma con scelte di campo concrete, oggettive, che non lasciano spazio a dubbi o interpretazioni ambigue, a meno di improbabili manipolazioni

Il Patriarca  Kirill  compie questo gesto quando i vescovi  delle chiese ortodosse hanno raggiunto un accordo per convocare quest’anno un «sacro e grande» Sinodo pan-ortodosso. Dal secondo Concilio di Nicea (787 d.C.) sono passati più di dodici secoli senza che le varie chiese d’oriente si ritrovassero in concilio. Anche questo un segno dei tempi, una speranza di riconciliazione e unità.

Il prossimo 12 febbraio a Cuba Francesc e Kirill mostreranno che la via cristiana per superare l“inimicizia” e rimuovere il “muro frammezzo” e’ la riconciliazione. Riproposta con grande forza attraverso il Giubileo straordinario della Misericordia, diviene strada ordinaria, percorso da seguire per ognuno di noi, via sacra che supera i confini delle singole chiese per riunirsi idealmente nell’unica chiesa di Cristo. Francesco e Kirill sanno bene che la riconciliazione e l’unita’ si devono perseguire con tutte le forze non solo in quanto condizioni fondamentali della comunità cristiana, immagine del Corpo di Cristo. Come affrontare le sfide e i mali del mondo moderno annunciando e portando il Vangelo se per primi noi cristiani non siamo uniti? La povertà, che ancora affligge una grande parte dell’umanita’; le migrazioni internazionali e in particolare il crescente numero di rifugiati che fuggono dalle guerre e dai regimi totalitari; il lato oscuro della globalizzazione, che colpisce i più deboli e contribuisce a consolidare un sistema economico solo basato sul profitto e le ineguaglianze sociali; la crisi dei valori a causa del galoppante materialismo e consumismo, che invadono anche i Paesi emergenti e quelli di tradizione cristiana dell’Occidente; il dramma dei cristiani che vivono nel Medio Oriente e in tante parti del mondo dove sono minoranza perseguitata; le difficoltà delle chiese cristiane – il calo delle vocazioni, le difficoltà del clero e dei religiosi, i nuovi problemi pastorali….

Speriamo e preghiamo che questo incontro sia un seme fecondo che porti molto frutto – ut unum sint!