ConAltriOcchi blog – 以不同的眼光看世界-博客

"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)


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Fiducia nel Padre o nel denaro?

Gesù aveva appena parlato  di riporre la propria fiducia nel Padre, ma subito incontra chi invece ripone  la fiducia nel denaro. Gesù ci avverte con parole molto chiare:”Fate attenzione e tenetevi lontano da ogni cupidigia”.”Anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni» ( Lc 12,15). Domandiamoci allora da che cosa facciamo dipendere la nostra vita, le nostre giornate, le nostre scelte. La vita vale per quello che uno possiede (anche legittimamente) o per quello che si condivide? “Stolto! Questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato per chi sarà?»( Lc 12,20). Dobbiamo tutti riflettere circa il rapporto tra la nostra vita cristiana e il denaro. Non dobbiamo vivere la vita  come se fosse un valore  assoluto., dobbiamo viverla sapendo che essa è  limitata nel tempo  e solo in Gesù Cristo con la potenza della resurrezione, il limite sarà superato . L’uomo vecchio a poco a poco finisce,dice Paolo. L’uomo vecchio è anche la comunità. Noi oggi  sentiamo molto bene la vecchiaia della civiltà europea ad esempio. Non solo ma anche Il mondo intero in un certo senso  è vecchio, moribondo. Pensiamo a quello che succede intorno a noi;siamo circondati da violenza e morte che sono entrate anche nelle nostre chiese. La Buona Notizia è però che c’è qualcosa di nuovo che è nato e che supera il tempo e lo spazio. In Cristo per Cristo e con Cristo è nato in noi un uomo nuovo fatto per l’immortalità. La fede ci aiuta a recuperare le fondamenta del nostro essere, il principio e fondamento nel quale siamo stati creati e redenti. Beati quelli che non hanno visto e han­no creduto! una beatitudine per tutti, per chi fa fatica, per chi cerca a tentoni, per chi non vede, per chi ricomincia. Grazie a tutti quelli che cre­dono senza necessità di segni, anche se hanno mille dubbi.


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Ospitalità e Libertà; le strade del vangelo

Il cammino sinodale ispirato da Marta e Maria

Un tema centrale della spiritualità cristiana è senza dubbio l’«ospitalità». E’ un tema sacro per tutte le religioni e per tutte le culture. Nel NT in Eb 13,2 leggiamo: «Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli». La civiltà post moderna in particolare in occidente ha perso il senso sacro dell’ospitalità perché ha reso economico ogni aspetto della nostra vita, compreso i rapporti tra le persone, basando tutto sulle regole del mercato e del profitto; le regole però non sono frutto di una condivisione, ma sono decise da chi parla di libero mercato, ma in realtà è padrone assoluto del mercato. Aggiungiamo poi una corruzione sistematica ed ecco allora sacche privilegi che usano il mercato per gli interessi di pochi a scapito dei molti. In questo contesto, l’ospite è diventato un semplice turista, su cui soltanto guadagnare.Nel vangelo Gesù entra in un villaggio nella casa di amici e ci da il senso profondo della ospitalità. “Entrò in un villaggio”. Il “villaggio” è il luogo attaccato alla tradizione, al passato. Il villaggio era quello che“l’accampamento”rappresentava nell’Antico Testamento, luogo dove le appartenenze sono divenute schlerotizzate e privilegiate, in cui ogni novità è vista con sospetto, ogni forestiero è già nemico.

Una donna, di nome Marta ospitò Gesù nella sua casa, racconta l’evangelista Luca. “Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola”. Maria si mette nella posizione del discepolo verso il maestro. Come San Paolo che racconta negli Atti di essere stato istruito ai piedi di Gamaliele. Maria quindi riconosce Gesù come Maestro. Maria, però non potrebbe fare questo. E’ una donna e le donne non hanno gli stessi diritti degli uomini. Leggiamo ad esempio nel Talmud che “le parole della legge vengono distrutte dal fuoco piuttosto che essere insegnate alle donne”. Maria qui sta compiendo  qualcosa di clamoroso. Trasgredisce una delle leggi fondamentali insegnate dalla Tradizione.

“Tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno Maria ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta”. Cosa non può essere tolto ad una persona? Pensiamo che purtroppo a volte può essere tolta persino la vita ad una persona. Perché Gesù dice che Maria ha scelto una cosa migliore che non può esserle tolta? La risposta è che Maria ha scelto la libertà, attraverso la disobbedienza alla legge. Ecco un altro tema fondamentale, la libertà. Il sovrano può concedere la libertà, ma può anche toglierla in qualunque momento. Questo vale per le persone e come ci insegna la storia vale anche per popoli interi. Quando però la libertà è frutto di una conquista personale, frutto del coraggio di trasgredire regole della tradizione e della religione, che umiliano come in questo caso la dignità della donna, allora quando uno conquista questa libertà nessuno gliela può togliere. Gesù ci chiama a questa libertà; non ci chiama a scegliere una vita contemplativa o una più attiva, perchè la vita è una sola. Gesù ci chiama a fare la scelta della libertà, in particolare la libertà di ascoltare la Sua Parola, e di metterla in pratica in una concreta e solidale apertura agli altri, specialmente verso chi bussa alle nostre porte, scappando dalla guerra e dalla fame. Ospitalità e Libertà sono cose sacre, nessuna religione o istituzione può interferire con esse, perché si metterebbero contro Dio e contro l’uomo.


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Natale. Conoscere Dio e l’uomo

Ringraziamo il Signore per la possibilità di vivere più intensamente in questi giorni i nostri rapporti famigliari. Stare in famiglia,  e’ un segno di come dovremo sempre essere, quasi una rivelazione della nostra esigenza naturale di fraternita’. Purtroppo lo sappiamo, non e’ sempre così. Come mai questa esigenza di fraternita’ e’ spesso disattesa sia a livello personaLe che comunitario? La risposta del Natale e’ molto chiara.

La luce e’ venuta nel mondo e noi spesso abbiamo preferito le tenebre. Dio e’ venuto nel mondo, fra i suoi, ma sono proprio i suoi a non averlo accolto. Siamo anche noi i suoi che non lo accolgono.

La salvezza e’ venuta, l’hanno vista tutti i popoli della terra, ci ricorda la Scrittura, ma poi subito abbiamo guardato da un’altra parte.Ecco perché spesso non c’e’ fraternita’. Guardare dall’altra parte puo’ significare tante cose; ad esempio una fede intellettuale , borghese, che sa tutto del bambino, conosce anche il luogo di nascita, ma come gli Scribi non fa un passo per andare a Betlemme.

PENSANDO AL PRANZO DI NATALE 2020… “MENU” SPECIALE E VINO…DOC. – Viaggio  alle sorgenti

“Dio nessuno lo ha mai visto, soltanto il Figlio unigenito che e’ nel seno del Padre, lo ha rivelato”. Dobbiamo scegliere il Dio bambino rivelato dalla Parola fatta carne, altrimenti la fede diventa un concetto intellettuale o peggio ancora un raffinato strumento ideologico, per difendere principii che al contrario non vanno difesi, ma semplicemente vissuti.

E’ spesso vero che non conosciamo Dio, ma e’ altrettanto vero che molto spesso non conosciamo neanche l’uomo, tanto lo abbiamo disumanizzato insieme al creato. Uomini respinti e abbandonati; bambini violentati con in mano non giocattoli ma armi; donne usate e gettate via. La natura depredata della sua bellezza non più al servizio dell’uomo ma merce di guadagno e profitto per pochi. Il Natale ci richiama tutti a tornare all’origine del vero rapporto tra Dio e ogni uomo.

Come possiamo fare? Dice il Prologo di Giovanni: “a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. Ecco un grande messaggio del Natale; Figli di Dio, uomini non disumanizzati, non si nasce ma si diventa, accogliendo Gesù e imitando la sua vita, compiendo semplicemente e senza condizioni, le Beatitudini.

“La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”. Dobbiamo accogliere l’amore di Dio e poi subito manifestarlo. Non dobbiamo commettere l’errore, come spesso abbiamo fatto, di combattere le tenebre; non si deve combattere il male, perché è troppo più forte. Dobbiamo compiere il bene, espandere la luce, e così le tenebre sono sopraffatte. Vincere il male con il bene.

Natale insegni alla Chiesa, ad ogni cristiano e ad ogni uomo di buona volontà a fare il bene, a fare la pace e non la guerra


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Maria donna dell’Avvento e di ogni tempo

Tempo di Avvento

L’angelo Gabriele entrò da LeiIl signore entra nelle nostre case, nella ferialità e quotidianità delle nostre vite. Dio si manifesta non soltanto nei grandi momenti della storia, ma soprattutto, negli incontri di ogni giorno, nei piccoli – grandi doni quotidiani.

La prima parola dell’angelo non è un semplice saluto, ma la parola di cui tutti abbiamo bisogno: la gioia. Rallegrati, gioisci, sii contenta.Come sarebbero migliori e più evangeliche le nostre comunità cristiane se avessero al centro questa gioia da annunciare, che sarà poi compiuta nella notte di Natale.

La seconda parola dell’angelo ci dice anche il perché della gioia: sei piena di grazia. Ognuno di noi può mettere accanto al nome di Maria anche il proprio nome; ognuno di noi è ricolmato dell’amore di Dio; la Vergine lo è in pienezza, noi dobbiamo ancora lottare con il mistero del peccato che ci impedisce di accogliere totalmente l’amore di Dio.Noi però pur nelle tenebre del peccato, siamo già totalmente amati da Dio, che non smette mai di tendere la sua mano misericordiosa verso di noi. Il primo Sì è quello di Dio verso Maria e verso tutti noi. Nessuno si senta mai escluso da questo Sì del Signore.

Maria risponde alla sua vocazione, con grande umanità e con grande fede. Non risponde con un sì forte e isolato dalla vita concreta; Ella vuole capire, desidera riflettere; Maria ha sostenuto la sua fede con il servizio della ragione; si è servita anche della esuberanza della sua adolescenza; nel suo sì definitivo è entrata tutta la concretezza della sua vita di donna. Questo è una grande testimonianza per noi, a volte rinchiusi in un comodo spiritualismo disincarnato che ti fa stare al riparo dalla complicatezza della vita e alla fine ti deresponsabilizza.

Eccomi,come hanno detto tutti coloro che hanno ascoltato la voce di Dio;sono la serva del Signore. Sono disposto cioè non ad essere uno schiavo o un servo di un padrone, ma voglio vivere la mia vita come collaboratore di una grande gioia che sarà di tutto il popolo come ascolteremo nella notte di Natale.

Oggi Maria ha detto il suo sì. Davanti alla croce di Suo figlio rimarrà in silenzio, un silenzio bagnato di lacrime. Nel mistero della nostra Redenzione abbiamo il Sangue e le lacrime: il Sangue del Figlio, le lacrime della Madre. Un incontro del Sangue e delle lacrime, lungo il Calvario e ai piedi della Croce.Ci vogliono le lacrime della Madonna, ci vuole la sua Pietà per abbattere la durezza dei nostri cuori. Oggi diciamo tutti sì alla vita, una vita redenta dal sangue del Figlio e protetta giorno dopo giorno dalle lacrime di Maria


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Verso il Natale. Un germoglio di giustizia per preparare la via al Signore

Il  profeta Isaia racconta  di un germoglio che spunta da un tronco inaridito. Noi crediamo che il Signore  che viene sostiene la nostra povera vita, e anche se in tanti giorni tutto sembra arido e secco, da qualche parte spunta sempre un germoglio di speranza e di vita nuova. Noi crediamo che questo è vero, perché è lo Spirito Santo che custodisce questo germoglio, cura la sua fragilità, è attento a difenderlo da ogni pericolo: “Dite agli smarriti di cuore, coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio,” dirà il profeta Isaia.

Lo Spirito attesta che il germoglio è un germoglio di giustizia. Ecco un compito di Avvento che lo Spirito ci assegna ; lottare contro le ingiustizie, entrare nelle piaghe del mondo e mettersi come nostro Signore dalla parte delle pietre scartate.  Le ingiustizie  i soprusi, non le compie nessun demonio, ma alcuni uomini in carne ed ossa. E’ compito dei cristiani denunciare i nomi e  i cognomi degli usurpatori e dei loro complici  ad ogni livello, insieme ai nomi delle vittime.

Abbiamo l’esempio di Giovanni il Battista che preparando la via al Signore gridava forte:«Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di potere sfuggire di sottrarvi all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”.(Mt 3,8-9).

Per fare anche noi questo verso i farisei e sadducei del nostro tempo, abbiamo bisogno di riscoprire il nostro battesimo, troppo spesso ridotto ad un inutile rito di un cattolicesimo borghese ben al riparo dalla “meravigliosa complicatezza”(papa Francesco) della vita. Dice Giovanni Battista:” Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”(Mt 3,12)

Un battesimo di fuoco ci serve; ci serve la passione per lottare contro le ingiustizie, ci serve la potenza dello Spirito che abbatte tutti i muri e gonfia le vele della giustizia e della carità.

Nella Chiesa sono finiti i tempi nei quali chi parlava e lottava per la giustizia e si metteva dalla parte delle pietre scartate, veniva scartato anche lui, messo da parte in favore di cortigiani e complici di vanità. Che il Signore ci aiuti sempre ad essere dalla parte dei poveri, custodi del regno e annunciatori di Colui che sta per venire.


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La bellezza che vive nel mondo più forte della morte

Riflessione nella Festa di Tutti i Santi e nella Commemorazione dei defunti 

Contempliamo in questi giorni  il mistero dei Santi , la cui umanità, come per tutti noi  è abitata da una luce profonda, da un mistero più grande di noi  e che al termine della loro vita terrena sono entrati nella Gloria del Padre.

Nella vita cristiana che è un cammino di santità tutto può essere Gloria; in una esistenza vissuta per gli altri, lì c’é la gloria di Dio. In  una persona che con fatica vive i suoi giorni sempre guardando all’orizzonte dell’eternità, lì c’è la Gloria di Dio. In chi è misericordioso e perdona, c’è la Gloria di Dio.

La festa di tutti i santi. Origini e significato | San Francesco - Rivista  della Basilica di San Francesco di Assisi

“E’ bello”, dirà  Pietro a Gesù quando per un istante svelerà il compimento della Gloria, il nostro destino di santità. E’ bello, aveva detto Dio mentre la donna e l’uomo uscivano dalle sue mani plasmati di fango e di Spirito Santo. C’è una bellezza che ti appartiene quando sei all’inizio, e sei un bambino innocente e c’è una bellezza più sporca ma più vera quando sei adulto, e malgrado tutto quanto la vita ti abbia fatto fare non è riuscita a cancellare quella bellezza primitiva che ti appartiene in quanto Adamo di Dio. Per questo possiamo andare nel mondo senza paura e liberi da ogni condizionamento.

Noi crediamo che quel Dio che ha creato l’universo, che ha dato la bellezza ai fiori, che ha dato le stelle al cielo, e il cielo alle stelle, e che ha dato la vita anche a noi, questa vita già la custodisce per sempre con sé. Dice la Liturgia: “ai tuoi fedeli Signore la vita non è tolta ma trasformata”. Gesù Cristo è colui nel quale si è compiuto il mistero del morire e del vivere. La resurrezione è la Buona Notizia di Gesù Cristo.

Però questa Buona Notizia dobbiamo viverla e saperla gustare ogni giorno, come il pane quotidiano, perché Gesù ha fatto così e questo ci ha raccomandato. Quando Lui dava la vista ai ciechi era già resurrezione, quando dava il pane agli affamati era già resurrezione. Quando di fronte a Pilato diceva: “Tu non hai nessun potere se non ti fosse dato dall’alto” spezzava le catene dell’impero romano e di ogni impero, ed era già resurrezione. Gesù prima ancora di vivere in se stesso il dono della vita da parte del Padre, ha liberato da tante morti quotidiane.

Noi cristiani dobbiamo ringraziare la filosofia che riflette sul mistero della vita e la scienza che tenta di rendere il vivere e il morire più dignitosi, ma non possiamo rassegnarci ad accettare nessun sepolcro.

Noi crediamo che la morte non sia un evento naturale, ma l’evento di una natura corrotta dal mistero del male e del peccato; noi crediamo che la gioia, la felicità, la vita sono un evento naturale. Noi siamo fatti per la vita, questa è la nostra natura. Gesù Cristo “vero uomo” significa non soltanto il grande dono della Incarnazione nella notte di Natale, ma vuole dire anche “uomo vero”, l’uomo come Dio lo aveva pensato e creato, cioè immortale.

Nel mistero della nostra Redenzione abbiamo il Sangue e le lacrime: il Sangue del Figlio, le lacrime della Madre. Pensate, che cosa straordinaria, un luogo, il Calvario ai piedi della Croce, dove il Sangue e le lacrime si incontrano.

Gesù, sulla strada di Naim, si è fermato davanti alla bara del figlio unico, per le lacrime di quella povera madre. Il pianto di Marta e di Maria lo commuovono al pianto prima ancora che al miracolo. Ogni volta che una mamma piange, dove qualcuno piange per amore, lì ci sono il sangue e le lacrime di Gesù e di Maria.

Il Risorto non si è fermato al pianto ma ci invita ad andare oltre: “Donna perché piangi, chi cerchi?” (Gv 20,15 ) Ognuno di noi deve recuperare la fede che è in quel “chi cerchi?” tante volte espresso nella Scrittura. Non dobbiamo mai smettere di cercare; cercare insieme e non tra i morti ma tra i viventi come ci insegna il Risorto.

Gesù Cristo è venuto per ridarci la vita per sempre, nell’attesa di poterLo un giorno incontrare: “Sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10 )


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Uno sguardo “largo e lontano”

Ricordiamo con gratitudine il card. Loris Capovilla, segretario di San Giovanni XXIII. Ha sempre mantenuto uno sguardo ampio e lungimirante sulla Chiesa una visione spirituale, conciliare e profetica. 

Monsignor Loris Capovilla, storico segretario di papa Giovanni XXIII, ha vissuto più di cento anni, tutti spesi a servizio del Vangelo e della Chiesa. Alla scuola di papa Giovanni ha potuto apprendere la bellezza della Chiesa universale ed è stato per il papa buono il primo e più fidato collaboratore.

CAPOVILLA Card. Loris Francesco

Scriveva Roncalli Patriarca di Venezia al sostituto Montini: “il papa desidera a Roma il tal sacerdote; concederlo è un grave sacrificio per Venezia, ma io cedo, perché nella Chiesa “bisogna vedere largo e lontano”. Non c’è dubbio alcuno che Monsignor Capovilla, in tutta la sua vita ha aiutato papa Giovanni XXIII  a portare la Chiesa fuori dalle secche della storia, sostenendolo per farla navigare fino ai confini della terra, sorreggendolo in quella grande avventura dello Spirito che è stato il Concilio.

Don Loris – come desiderava farsi chiamare  – ha testimoniato nella sua lunga vita che la Parola di Dio è una  Parola d’amore che Dio pronuncia su di noi, sul mondo, sulla storia e che carezza come un vento leggero la nostra vita, spesso così  difficile in tante giornate. Ha testimoniato che la Parola di Dio è una Parola efficace che  opera ciò per cui era stata mandata. Ha testimoniato che la Parola di Dio  porta in sé il gemito di ogni carne e dell’intera in cammino verso la pienezza, di Dio.

«Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui» (At 12,5). In modo particolare Monsignor Capovilla ci ha testimoniato che una Chiesa in preghiera per Pietro è una Chiesa in cammino verso il Risorto. Papa Giovanni ha dovuto sperimentare, proprio perché era un profeta, anche la “prigionia” la sofferenza della incomprensione e anche della derisione dei profeti di sventura. Monsignor Capovilla gli è sempre stato accanto con discrezione e determinazione, attento di nulla lasciar cadere del suo illuminato magistero.

Il Signore  aveva messo  accanto a papa Giovanni un angelo. Pensiamo e preghiamo con memoria grata per questo uomo di Dio che è stato Capovilla, riconoscenti per come ci ha trasmesso la fede con la sua testimonianza.

Se non fosse stato lui, quella sera quando si aprì il concilio, a convincere con la sua intelligenza e bonomia, il papa – dopo un lunga e faticosa giornata – ad  affacciarsi ancora una volta alla finestra, i bambini, i malati, gli anziani, il mondo intero oggi mancherebbero di una carezza. Una carezza che ha cambiato la storia.


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La Pasqua a Santa Maria ai Monti

Ripercorriamo come abbiamo vissuto in parrocchia i giorni precedenti la Pasqua e la Settimana Santa

Nella nostra comunità parrocchiale di Santa Maria ai Monti nella diocesi di Roma, come da ormai decennale tradizione, abbiamo iniziato i riti della Settimana Santa, anticipando all’ultimo venerdì di Quaresima la VIA CRUCIS per le strade del rione Monti. Questo perché il Venerdì santo partecipiamo tutti al Colosseo alla VIA CRUCIS presieduta da Papa Francesco.

La galleria fotografica che segue, vuole ripercorrere questi intensi giorni in cui abbiamo sperimentato le meraviglie del Signore e la bellezza di essere popolo di Dio in cammino.

Via Crucis per le strade nell’ultimo Venerdì di Quaresima

E’ sempre commovente il silenzio con cui il popolo di Dio segue la Via Crucis che attraversa il Rione Monti e celebra le quattordici Stazioni che sono animate dalle varie rettorie e case religiose presenti nel territorio parrocchiale.

Partendo dalla nostra parrocchia, viviamo le Stazioni insieme ai fratelli ortodossi della Georgia, i religiosi francescani, stimmatini, maroniti, le suore pallottine, vincenziane, domenicane, la Prosanctitate, le suore di Gesù Bambino, le suore di San Giuseppe Marello, la comunità cattolica cinese, quella ucraina e le Piccole sorelle dei Poveri.

Siamo veramente una piccola Pentecoste che, attraversando il Rione portando la croce, ripercorre la via dolorosa del Signore nella consapevolezza che tutto è dono.

Domenica delle Palme

La Messa solenne della Domenica delle Palme si è celebrata la mattina alle ore 11.30. Nella Piazza della Madonna dei Monti, detta “la piazzetta”, centro del rione, ci siamo ritrovati tutti insieme per la Benedizione dei rami d’ulivo. Abbiamo letto il Vangelo dell’ingresso a Gerusalemme e poi in processione siamo andati in chiesa per ascoltare la lettura della Passione e celebrare l’Eucarestia.

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Ogni qualvolta che si segue lo sviluppo della narrazione evangelica, quest’anno nella versione di Luca, si rimane colpiti dalla solitudine assoluta in cui entra Gesù, il cui crimine unico era di aver fatto dell’amore il senso della sua vita.

Così fu, così è e così sarà. È certo che chiunque fa dell’amore il senso della vita morirà crocifisso. Chiunque ama il prossimo, se davvero ama non potrà che soffrire nella solitudine. Questo è il dramma, il mistero della storia.

Giovedì Santo: Messa in Coena Domini e adorazione all’Altare della Reposizione

La Messa in Coena Domini è iniziata alle 19:30 – una mezz’ora dopo la Messa serale essendo giorno lavorativo, per favorire la partecipazione.

“Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga”.

Il più antico testo sull’Eucaristia – la Lettera ai Corinzi (53/57) – ci parla del fatto che essa è in connessione con la morte di Gesù. Il Signore è morto, consegnandosi, lasciandosi prendere dai nemici, non chiedendo nessuna difesa agli amici. Celebrare l’eucaristia vuole insegnarci come vivere. Si vive consegnandosi, senza difendersi, come ha fatto Gesù, come hanno fatto gli apostoli. Una Chiesa che pensa a difendersi, non è più chiesa.

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Vivere consegnandosi è il Vangelo, è il percorso da compiere per avere la vita eterna. Noi infatti celebriamo l’Eucaristia “finché egli venga”, aspettando che Lui ritorni, credendo che la morte non lo ha sconfitto, perché chi vive consegnandosi per amore, ha una vita più forte della morte.

Il Sacerdozio, l’Eucarestia e il Servizio significato nel rito della Lavanda dei piedi sono stati al centro della nostra preghiera

Nel canone romano abbiamo pregato con queste parole: “Tu che hai voluto accettare i doni di Abele il giusto, il sacrificio di Abramo nostro Padre nella fede, l’oblazione pura e santa di Melchisedek tuo sommo sacerdote, volgi sulla nostra offerta il tuo sguardo sereno e benigno”.

Il Signore ci guarda sereno e benigno, guarda così ognuno di noi, i nostri cari, accetta così i doni e le preghiere che avete portato.

Ci dice la Lettera agli Ebrei che Gesu’ non appartiene ad una casta sacerdotale, ma e’ sacerdote secondo Melchisedek , esprime cioe’ un sacerdozio universale che appartiene a tutti i battezzati come sottolinea il CV II .

Il sacerdote deve essere un uomo puro e santo che celebra l’eucarestia iniziata sul monte di Abramo e Melchisedek: “Chi mangia il mio corpo e beve il mio sangue ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Il sacerdote è uomo della eucarestia che annuncia la risurrezione, non la morte.

E poi dira’ la lettera agli ebrei:  “Si e’ rivestito di debolezza e proprio per questo deve offrire sacrifici per se stesso e per tutto il popolo”. Il sacerdote e’ uno che entra nel dolore del mondo e qui sta anche la universalità del sacerdozio, che è il nostro dolore.

Accostiamoci al dolore del mondo con il pane e il vino: Dio e’ il pane e Dio e’ il vino. Pensate che bella definizione di Dio: chi e’ Dio? Un giudice implacabile delle nostre azioni e dei nostri pensieri? No. Dio e’ il pane e Dio e’ il vino e noi anche dobbiamo essere pane e vino per gli altri e dobbiamo essere mangiati, perche’ tutti abbiano vita speranza è gioia.

Ogni volta che non siamo pane diventiamo pietre e allora la vita e’ dura, triste, cattiva.

Gesu’ ci dà l’esempio inginocchiandoci e lavandoci i piedi. Sapete qual e’ il grande pericolo di una chiesa che distribuisce il pane per pochi e invece lancia le pietre? Il pericolo e’ il concetto sbagliato di gerarchia,  non intesa come servizio ma come gerarchia del potere, dei primi posti, della carriera, dell’uomo che comanda sugli altri uomini. Questo e’ il grande satana del cristianesimo, per questo Gesu’ dice a Pietro e a noi, tu non capisci, voi non capite.

La vera autorita’ nella Chiesa e’ l’uomo umile che vive nel servizio con gioia e fedelta’ e che quando si accosta all’altare sa che non c’e’ nessun capotavola, ma e’ il pane che comanda, perche’ una tavola senza pane e’ solamente una pietra.

Al termine della messa adoreremo questa eucarestia nell’altare della reposizione: è uno dei momenti più alti del nostro essere chiesa. Ognuno di noi porterà la sua pena e la sua gioia, la sua malinconia e la sua povera fede. Per tutti  ci sarà posto nell’Eterno fatto pane.

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Alla fine della Messa, accompagnata dal Pange Lingua, la processione ha portato l’Eucarestia all’Altare della Reposizione, per iniziare l’adorazione notturna, che si è protratta fino a dopo la mezzanotte, mentre Don Francesco era a disposizione per le confessioni.

Venerdì Santo: Liturgia della Croce e Via Crucis con Papa Francesco

La mattina del Venerdì Santo l’Altare della Reposizione è rimasto allestito per consentire alle persone, soprattutto agli anziani che non erano potuti rimanere la sera precedente, di continuare l’adorazione eucaristica, anche se in forma non solenne. Alle 15, ora della morte di Gesù, si è svolta la Via Crucis in parrocchia, e alle 19:30 la solenne Liturgia della Croce.

Venerdì1

Il Venerdì Santo siamo all’essenziale.

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Non ci sono illusioni, non ci sono interessi su cui appoggiarsi. Oggi c’è soltanto una croce su cui appoggiarsi. Ognuno di noi ha tanti motivi per aggrapparsi alla croce, l’ho visto con chiarezza nelle vostre confessioni: la fedeltà faticosa nelle vostre case, la croce del vostro lavoro così precario tante volte da renderlo disumano. E poi la malattia, la solitudine. La Pasqua incomincia così, sorreggendoci a questa croce tutti insieme. Certamente la chiesa in comunione si fa così, stando tutti insieme sotto la croce, a mani vuote. Lasciamo ad altri lanterne, fiaccole e armi. Chi cercate ci chiede Gesù? Forse dobbiamo imparare che cosa significhi il dolore innocente e dobbiamo con delicatezza affettuosa vegliare con Gesù. Gesù è contento che noi siamo qui. Non importa se noi alcune volte siamo tra i crocifissori. E’ più importante che oggi siamo qui. Gesù ha bisogno che noi vegliamo con Lui così semplicemente senza troppi sensi di colpa e senza troppi onori, semplicemente volendogli bene.

Come fanno i poveri che sono rimasti fedeli a Cristo e glielo hanno testimoniato come hanno potuto. Non possono togliergli la Croce, ma lo seguono da lontano. Come hanno fatto le donne. Sul Calvario non si ragiona, si contempla. Con Cristo nel mondo si è aggiunta una nuova dimensione: quella di coloro che danno la vita per ciò che amano. La Croce è l’unità di misura di questa nuova dimensione umana che sconfina nell’eterno.

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Ci siamo avvicinati al legno della croce per baciarlo contemplando il Figlio. Ci siamo avvicinati al legno della croce contemplando anche lo Spirito, legame d’amore tra il Padre e il Figlio, che è stato donato dal Figlio mentre moriva e ha iniziato a creare anche sulla terra legami di amore: pensate, ha legato i carnefici alla loro vittima perché  non li ha odiati e ha cercato di interrompere la catena della violenza. Ancora oggi sostiene i passi di ogni uomo e di ogni donna che stanno cercando un senso alla propria esistenza, aiutando ognuno a comprendere che questo senso è l’amore, il legame che vince ogni notte, ogni paura, ogni tradimento, e fa delle nostre esistenze un giardino in cui la vita può sempre ricominciare. Nessuno abbia paura, noi abbiamo più futuro che passato.

Sabato Santo: Solenne Veglia Pasquale dopo il grande silenzio

La solenne Veglia Pasquale è iniziata alle ore 22 con la benedizione del fuoco e l’ingresso del cero pasquale – la Luce di Cristo – nella chiesa al buio. Don Francesco ha proclamato l’Exultet, l’annuncio della Pasqua, seguito dalla lunga Liturgia della Parola, che ha ripercorso la storia della salvezza.

Il Sabato è la giornata del grande silenzio.

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La mattina fino al primo pomeriggio la chiesa – spoglia – è rimasta aperta per la preghiera personale davanti alla Croce. Don Francesco era ancora a disposizione per le confessioni. Nel primo pomeriggio abbiamo iniziato i preparativi dell’Altare per la Messa della Notte di  Pasqua.

Perché cercate tra i morti Colui che è vivo?“, dicono gli angeli nel vangelo di Luca. Che bellissimo nome gli danno gli angeli: “Colui che è vivo!”. Qui è la scommessa della mia fede: se Cristo è vivo, adesso, qui. Non tanto se vive il suo insegnamento o le sue idee, ma se la sua persona, se lui è vivo e mi vuole bene.

“Forte come la morte è l’amore!”, dice il Cantico. Il vero nemico della morte è l’amore. Nell’alba di Pasqua, non a caso, chi si reca alla tomba sono quelli che hanno fatto l’esperienza dell’amore di Gesù: le donne, la Maddalena, il discepolo amato, sono loro i primi a capire che l’amore vince la morte.

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Noi tutti siamo qui pellegrini sulla terra per fare cose che meritano di non morire. Tutto ciò che vivremo nell’amore sarà resurrezione. Nessuno abbia paura di non farcela o di non essere degno.

 


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Papa Francesco in visita a Loreto

Il prossimo 25 marzo, Solennità dell’Annunciazione del Signore, Papa Francesco visiterà Loreto.

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In questa occasione, il Santo Padre offrirà alla Vergine Maria l’Esortazione post-sinodale del Sinodo dei Vescovi sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, svoltosi in Vaticano lo scorso ottobre. Il nostro blog ne aveva dato conto commentando il Documento finale. Un Sinodo in cui per la prima volta hanno partecipato anche due vescovi della Cina continentale.

E’ stato diffuso nei giorni scorsi dalla Sala Stampa il Programma della Visita, che prevede l’arrivo di Francesco in elicottero nella mattina del 25 marzo al centro Giovanni Paolo II di Montorso. Seguirà la celebrazione dell’Eucaristia nella Santa Casa e al termine della Messa firmerà la Lettera post-sinodale ai Giovani. Il Discorso del Pontefice e l’Angelus avverranno nel Santuario, dove il Papa saluterà gli ammalati presenti ed uscirà sul sagrato per incontrare i fedeli.


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Siamo fatti per essere beati

Riflessioni per la Domenica VI del Tempo ordinario anno C , Prima Lettura Ger 17,5-8, Salmo 1, Seconda Lettura  1 Cor 15,12.16-20,  Vangelo Lc 6, 17.20-26

don Francesco Pesce

Quando noi riflettiamo sulle Beatitudini, dobbiamo liberarci da una precomprensione che ne fa quasi un fatto irrealizzabile e credere  invece  come esse siano non solo possibili ma anche una chiara vocazione per ogni uomo. Noi siamo fatti per essere beati.

Gesù poi sulla Croce, ci ricorda San Paolo, ha distrutto in sé l’inimicizia, ha distrutto le barriere che separano gli uomini. Gesù non è solo un annunciatore di beatitudini, come ce ne sono stati molti nella storia; Lui ha realizzato in sé le condizioni vere per le beatitudini.

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Per questo l’annuncio del vangelo delle beatitudini non basta, bisogna distruggere a cominciare da noi stessi, le inimicizie, i muri, i pregiudizi, proprio come ha fatto Gesù. Dobbiamo distruggere anche un certo fondamentalismo biblico sempre in agguato.

Geremia nella Prima lettura di oggi così scrive: «maledetto l’uomo che confida nell’uomo». C’è tutta una educazione religiosa in cui più o meno siamo stati educati, che ha dato di questo versetto e di altre parti della Bibbia, una lettura sbagliata, che alimentava la sfiducia nell’uomo, nel mondo, nella storia. Anche nella famiglia c’era e c’è ancora questa pedagogia negativa: «non ti fidare di nessuno». L’essenza dell’educazione spesso è la paura, la diffidenza, il chiudersi in sè stessi.

Una diffidenza che si basava su una lettura teologia molto miope e clericale. Gli uomini non sono tutti peccatori? E l’uomo non è nel peccato originale? È nata così una certa visione pseudo cattolica che esprime diffidenza, paura e schiaccia quel tesoro straordinario che è la fiducia, la Speranza.

Il versetto della prima lettura di oggi invece dice un’altra cosa e per intero così si esprime: «maledetto l’uomo che confida nell’uomo che pone nella sua carne il suo sostegno». Oggi potremmo esprimerlo così: « non vi fidate degli uomini del potere, degli uomini che si credono Dio». Questo sì, che è tragicamente vero.

Anche Il salmo 1 che oggi ci propone la liturgia è molto chiaro a questo proposito.

Beato l’uomo che:

“non entra nel consiglio dei malvagi”; potremmo oggi dire, non entra in certi Consigli di Amministrazione pubblici, privati, anche ecclesiali a volte, dove la tangente, la massoneria, il clericalismo, sono moneta comune.

“non resta nella via dei peccatori”; ha il coraggio di cambiare strada e si dissocia pubblicamente da certi ambienti mafiosi, immorali, corrotti, invece che prendere sotto il tavolo le briciole del potere che i loro capi malavitosi, offrono loro come ai cani randagi; nel mondo ma non del mondo ci ricorda Gesù.

“non siede in compagnia degli arroganti”: si alza e se ne va dove l’arroganza dei ricchi e dei potenti vorrebbe comprarti anche l’anima.

Quando Gesù chiama «beati» i poveri non dice allora parole di consolazione ma vuole rivelare che chi è senza Potere ma ha Autorità morale sociale evangelica, possiede nelle sue mani quel tesoro unico che è la Speranza. Sono i poveri di Dio, gli uomini che non hanno altra ricchezza che l’Amore del Padre sopra di loro.

La vera Beatitudine infatti è questa: “Beato l’uomo che confida nel Signore”. Una Parola semplice, che nella sua semplicità getta una luce sulle nostre vite complicate e affannate.

Impariamo a guardare la nostra storia personale, il mondo, con gli occhi autorevoli della Speranza fondata in Cristo risorto, come dice Paolo nella seconda lettura, non con gli occhi del potere. Ritroviamo ogni giorno quella fiducia e quella serenità che il Signore donandoci il Suo Spirito ci ha promesso. Chiediamo al Signore nella preghiera di aiutarci a togliere di mezzo ogni potere che umilia l’uomo ed è ostacolo alla vita felice e alla vita eterna.