ConAltriOcchi blog – 以不同的眼光看世界-博客

"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)


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Siamo creature amate dal Padre, chiamate a una conversione del cuore

Mercoledì delle Ceneri e Tempo di Quaresima

Inizia il tempo della Quaresima, che ci porterà dopo 40 giorni al Triduo Pasquale, cuore dell’anno liturgico.

Nel Mercoledì delle Ceneri la Chiesa, imponendo il segno delle ceneri sul nostro capo, compie un gesto semplice che ricorda la fragilità della natura umana, l’essere creature. Il fatto di essere creati, però, nella visione cristiana non si riduce a una connotazione di precarietà, quasi a una connotazione “negativa” dell’essere umano, della sua natura e delle sue potenzialità. Essere creature presuppone l’esistenza di un Dio creatore, che ci ha amato “sin dal grembo materno” e si prende cura di noi. Un Dio creatore e Padre. Recita infatti il Credo, il simbolo della fede cristiana: “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra”. E’ bello che Dio venga menzionato prima come Padre e poi come Creatore. E’ bello che la parola onnipotente venga accostata alla parola Padre. Dio e’ un Padre che può fare tutto per i suoi figli, in virtù dell’amore, dello Spirito che li lega a lui.

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In questa creatura umana desiderata, amata e custodita da Dio, che è disposto a tutto per lei fino a morire per salvarlo, abita infatti lo Spirito “che e’ Signore e da’ la vita”. Lo Spirito sarà con noi come consolatore, rimanendo con noi tutti i giorni, “fino alla fine del mondo”.

Viviamo allora con speranza questo tempo, nella riflessione, nella meditazione e nella preghiera, ricordandoci di essere creature fragili ma soprattutto amate e custodite da Dio Padre. Questo ci potrà aiutare a vivere il percorso non in una penitenza fine a sè stessa, timorosa e sterile, ma come una riconciliazione con Dio Padre e una conversione al Vangelo, la notizia gioiosa della resurrezione di Cristo, che cambia radicalmente e per sempre la vita. Non solo la nostra, ma quella degli altri, perché il Vangelo e’ “contagioso”

Ritornare al Signore ‘con tutto il cuore’ significa intraprendere il cammino di una conversione non superficiale e transitoria, bensì un itinerario spirituale che riguarda il luogo più intimo della nostra persona. Il cuore, infatti, è la sede dei nostri sentimenti, il centro in cui maturano le nostre scelte, i nostri atteggiamenti. Quel ‘ritornate a me con tutto il cuore’ non coinvolge solamente i singoli, ma si estende all’intera comunità, è una convocazione rivolta a tutti: “Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo”.

Gesù nel Vangelo ci ha spiegato che la vita, come un cammino di risposta a Dio che ci viene incontro, deve essere vissuta in modo serio: preghiera, digiuno ed elemosina più che singole azioni esprimono un unico movimento del cuore che sa amare Dio, sa amare gli altri, e sa vivere costantemente orientato verso le cose che non passano. La meta è la Pasqua, giorno in cui è svelato pienamente l’immenso amore del Signore per ciascuno di noi.


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Un cammino di vera conversione: Messaggio del Papa per la Quaresima

Questa mattina, presso la Sala Stampa della Santa Sede, si è tenuta la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2019 dal titolo «L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8,19).

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Immagine: He Qi

Alla Conferenza sono intervenuti l’Em.mo Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; Mons. Segundo Tejado Muñoz, Sottosegretario del medesimo Dicastero e il Dott. Alberto Piatti, Executive Vice President – Impresa Responsabile e Sostenibile di Eni.

Nel Messaggio, Papa Francesco ricorda che la Quaresima è un cammino di preparazione alla Pasqua e ci invita a non lasciar “trascorrere invano questo tempo favorevole”, chiedendo a Dio la grazia “di aiutarci a mettere in atto un cammino di vera conversione“.  Allo stesso tempo il Papa ci ricorda che questo cammino ci viene riproposto in ogni anno liturgico, “di Pasqua in Pasqua, verso il compimento di quella salvezza che già abbiamo ricevuto grazie al mistero pasquale di Cristo”. Cita, in proposito, le sublimi parole di S. Paolo: “Nella speranza infatti siamo stati salvati” (Rm 8,24) e, successivamente, “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove“. In Cristo già siamo salvi, già siamo creature nuove, qui e ora. La Quaresima dovrebbe essere un tempo in cui maggiormente riflettiamo su noi stessi e ci mettiamo in ascolto di Dio, per diventare ancora più consapevoli di essere salvati e, come creature nuove, incarniamo “più intensamente e concretamente il mistero pasquale” nella nostra “vita personale, familiare e sociale, in particolare attraverso il digiuno, la preghiera e l’elemosina”.

E’ significativo poi che il Messaggio porti la data del 4 ottobre, Festa di San Francesco di Assisi, il santo del mirabile Cantico delle Creature, il santo del “Creato” (diremo oggi “delle questioni ambientali”, dell’ “ecologia”), il santo cui il Papa di ispira nella sua Enciclica Laudato Si’ sulla cura della nostra Casa Comune. Non a caso, a presentare il Messaggio, c’era il Dicastero vaticano che si occupa delle questioni relative allo sviluppo, che nel mese di luglio scorso ha organizzato una grande conferenza in occasione dell’anniversario della Laudato Si’. 

Un punto importante del Messaggio quaresimale di quest’anno è infatti proprio il Creato. Dice il Papa che il nostro peccato fa “incrinare anche l’armonioso rapporto degli esseri umani con l’ambiente in cui sono chiamati a vivere, così che il giardino si è trasformato in un deserto (cfr Gen 3,17-18). A causa del peccato, l’uomo si sente “dio del creato”, “padrone assoluto”, usandolo “non per il fine voluto dal Creatore, ma per il proprio interesse, a scapito delle creature e degli altri”. Ma la redenzione di Cristo investe anche il Creato, oltre che tutte le creature, che saranno liberati “dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Rm 8,21).


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24 Ore per il Signore

Oggi pomeriggio nella Basilica  di San Pietro il Santo Padre ha dato il via alla iniziativa “24 ore per il Signore” organizzata dal Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione.Il papa si è confessato e ha amministrato il sacramento della riconciliazione ad alcuni fedeli,presiedendo  una liturgia penitenziale.

“L’amore di Dio è sempre più grande di quanto possiamo immaginare e si estende perfino oltre qualsiasi peccato la nostra coscienza possa rimproverarci”.Francesco esorta a non dimenticare che Dio non si allontana mai dall’uomo e lo cerca sempre con la Sua Misericordia .Come scriveva l’Apostolo Paolo: «Qualunque cosa esso possa rimproverarci, Dio è più grande del nostro cuore».

Nella mattinata il papa  aveva ricevuto i partecipanti al corso sul Foro Interno organizzato dalla Penitenzeria apostolica. Aveva ricordato che :” Il confessore è uomo dell’ascolto, non padrone delle coscienze”


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Neve a Roma, la bellezza del creato

Stamattina Roma, come nel lontano 1985 e più recentemente nel 2012, si è svegliata nel cuore della notte per ammirare la bellezza della neve che scende e si posa su questa meravigliosa città, donandole (se possibile) un aspetto ancora più incantevole e unico al mondo. “Allertati” dalle previsioni e dalle misure di sicurezza, non pochi romani nelle ore notturne si sono svegliati appositamente per vedere Roma sotto la neve by night, immortalandola con foto e video condivisi sui vari social media. “Ho svegliato tutti a casa alle due di notte” – scrive su Twitter Lorenzo – “semo romani, semo fatti così“. E ancora chiosa un altro tweet: “Il romano è un sognatore…A noi ci salva la fantasia“.

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Roma sotto la neve ci ricorda la magnificenza del creato, la mano di Dio che plasma tutte le cose con amore e perfezione, “la bellezza che salverà il mondo”. L’uomo è chiamato a un’alta vocazione dal Creatore: godere di questo meraviglioso giardino e custodirlo affinché sia una casa bella e accogliente per tutti, come era nel piano di Dio al momento della creazione, come il Signore ce l’ha donata, a tutti.

La Scrittura fa diversi riferimenti alla neve. Come ci ricorda in un tweet oggi il Cardinale Ravasi, recita il Salmo 147: “Fa scendere la neve come lana, come polvere sparge la brina, getta come briciole la grandine: di fronte al suo gelo, chi resiste?“. E ancora, il Profeta Isaia: “Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,10-11).

Riconciliamoci con il creato e impariamo ad amare questa terra che il Signore ha creato e che ci ha donato. Non solo oggi, in cui l’eccezionalità di questo evento ci colpisce il cuore più profondamente, non solo in questo tempo di Quaresima, ma sempre, ogni giorno, volendo bene nella quotidianità a questa nostra città di Roma e custodendo il creato, soprattutto noi cristiani.

 

 

 


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Il “secondo passo”. Prospettive del viaggio del Papa in Colombia

Nella  consueta conferenza stampa sull’aereo di ritorno a Roma, al termine del pellegrinaggio in Colombia, Papa Francesco ha così risposto a una domanda di un giornalista, a proposito di un ipotetico ritorno un giorno nel paese latinoamericano: “mi piacerebbe che almeno il tema del viaggio  fosse ‘Facciamo il secondo passo’ ”.

Facciamo il primo passo è stato il motto di questo pellegrinaggio e possiamo dire che realmente il Papa ha sostenuto questo slancio e ora un intero popolo continua con fiducia il cammino difficile della riconciliazione.

In Colombia l’annuncio della Parola di riconciliazione è particolarmente urgente. A noi è affidata la Parola, il ministero della riconciliazione ci ricorda San Paolo nella sua Seconda Lettera ai Corinzi.

Allargando l’orizzonte della sua riflessione, il Papa ricorda che è urgente anche la riconciliazione con il creato: «siamo superbi, non vogliamo vedere. Ma gli scienziati sono chiarissimi sull’influsso umano nei cambiamenti climatici»

Viviamo in un tempo in cui cresce la coscienza verso i misfatti compiuti dall’uomo nei confronti della creazione. La creazione si sciupa attorno a noi, deperisce, sotto i nostri colpi. E’ urgente una riconciliazione fra l’uomo e l’universo; bisogna anche riconoscere che un esagerato antropocentrismo spesso veicolato da una certa teologia cristiana ha favorito un comportamento sbagliato nei confronti della natura. L’uomo occidentale in particolare, che abbatte le foreste, soffoca di grande inquinamento urbano, inquina i suoi mari, deve recuperare il rispetto, l’amore per la natura.

Papa Francesco in questo pellegrinaggio straordinario, ci ricorda che la Chiesa è il segno, la sentinella che dice che è possibile, anzi è nella natura dell’uomo immagine di Dio, mettere l’amore alla base dell’esperienza collettiva. La riconciliazione con il Creato, tra gli uomini, tra i popoli, tra le religioni, non sarà vanificata dalla storia, perché in Cristo la riconciliazione è già cominciata. “ Dio ha riconciliato a se il mondo in Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (2Cor5,18-20). Pensiamo cosa ci è affidato ; a noi non è affidato il ministero della guerra, del razzismo, del nazionalismo, del populismo, del colonialismo, a noi è affidato il ministero della riconciliazione.

Dicendo questo subito ci accorgiamo di doverlo dire in atteggiamento penitenziale: noi non siamo una comunità riconciliata; i cristiani sono divisi; nella Chiesa stessa esiste il germe diabolico della divisione.

Ma perché non siamo riconciliati? Perché in noi non ha il giusto posto la Parola di Dio. Dice il Signore al profeta: “Ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia”(Ez 33,7). Noi a volte abbiamo annunciato parole che non erano dalla bocca di Dio; abbiamo detto tante cose, dicendo che erano la volontà di Dio, e invece non era vero, erano e a volte sono ancora oggi parole di potere, di ideologia, di moralismo, parole che vincono e così siamo diventati ministri di divisione. Noi non dobbiamo dire parole che vincono, ma parole che salvano

La Parola del Vangelo non fa la guerra, non è una parola che vince, ma che salva, che ama e riconcilia.  A noi è stata affidata questa Parola. La fede non è competizione, non è difesa di nessuna struttura, ma la strada da percorrere nella storia  fino alla piena comunione con Dio che sarà tutto in tutti.

Ancora una volta i piccoli, i bambini possono essere i veri maestri di riconciliazione, ricorda il Papa, sintetizzando il viaggio appena concluso: “Quello che più mi ha colpito dei colombiani: nelle quattro città c’era la folla sulla strada; i papà, le mamme alzavano i loro bambini per farli vedere al Papa e perché il Papa desse loro la benedizione. Come dicendo: “Questo è il mio tesoro, questa la mia speranza, questo è il mio futuro. Io ci credo”. La tenerezza. Gli occhi di quei papà e di quelle mamme. Bellissimo, bellissimo! Questo è un simbolo, simbolo di speranza di futuro. Un popolo che è capace di fare bambini e poi mostrarli, come dicendo: “Questo è il mio tesoro”, è un popolo che ha speranza e ha futuro”.


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“Il fuoco dell’Amore di Cristo”. Il viaggio del papa in Colombia

E’ iniziato circondato dall’affetto di grandi folle di popolo, il viaggio in Colombia di papa Francesco. Come primo atto papa Francesco ha desiderato rendere omaggio all’immagine di Nostra Signora di Chiquinquirà, regina e patrona della Colombia.

Subito dopo ha incontrato  i giovani  che lo attendevano nel piazzale del palazzo vescovile in Piazza Bolivar; il papa ha esortato i giovani ad entrare nel cuore delle sofferenze del loro popolo per imparare a comprendere e perdonare. Da questo dice ancora il papa dipende in gran parte il futuro della Colombia .

“A questo grande sogno, oggi vi voglio invitare”. Francesco invita i giovani ad osare il futuro, a contagiare con il loro entusiasmo e la loro gioia, la società colombiana, fondando la loro testimonianza sul “ fuoco dell’amore di Cristo”.

«Voi avete la capacità non solo di giudicare, di segnalare errori, ma anche quell’altra capacità bella e costruttiva: quella di comprendere”. Dalla comprensione al perdono:”La vostra giovinezza vi rende anche capaci di qualcosa di molto difficile nella vita: perdonare. Perdonare coloro che ci hanno ferito; è notevole vedere come non vi lasciate invischiare da vecchie storie, come guardate in modo strano quando noi adulti ripetiamo fatti di divisione semplicemente perché siamo attaccati a dei rancori”.

Incontrando le autorità politiche e la società civile nella Plaza de Armas del palazzo presidenziale di Bogotà, il papa ha lodato gli sforzi profusi e i risultati ottenuti per arrivare alla pace e alla riconciliazione, ammonendo allo stesso tempo  di :” rifuggire da ogni tentazione di vendetta e ricerca di interessi solo particolari e a breve termine”.

Il Papa ha poi ricordato  il motto della Colombia: «Libertà e Ordine», sottolineando che “i cittadini devono essere stimati nella loro libertà e protetti con un ordine stabile. Non è la legge del più forte, ma la forza della legge, quella che è approvata da tutti, a reggere la convivenza pacifica”.

Bisogna poi guardare in modo particolare a :” tutti coloro che oggi sono esclusi ed emarginati dalla società, quelli che non contano per la maggioranza e sono tenuti indietro e in un angolo. Tutti siamo necessari per creare e formare la società […] Vi chiedo di ascoltare i poveri, quelli che soffrono. Guardateli negli occhi e lasciatevi interrogare in ogni momento dai loro volti solcati di dolore e dalle loro mani supplicanti”.

Infine il pontefice ha esortato   a rivolgere lo sguardo  alla donna, al «suo apporto, il suo talento, il suo essere “madre” nei diversi compiti».  Francesco ha terminato citando il «gran compatriota» Gabriel García Marquez sul grande valore della vita.

Congedandosi dalle autorità ha così concluso:” Molto è il tempo passato nell’odio e nella vendetta […] e  ho voluto venire fino a qui per dirvi che non siete soli, che siamo tanti a volervi accompagnare in questo passo; questo viaggio vuole essere un incitamento per voi, un contributo che spiani un po’ il cammino verso la riconciliazione e la pace”.

Anche incontrando il comitato direttivo del Celam, l’organismo di rappresentanza dell’episcopato latinoamericano, il papa ha parlato della donna:” Per favore, le donne «non possono essere ridotte a serve del nostro recalcitrante clericalismo; esse sono, invece, protagoniste nella Chiesa latinoamericana”. Lo ha detto sottolineando il grande sinodo di Aparecida come:” ultimo evento sinodale della Chiesa latinoamericana”, per ricordare ai vescovi , l’importanza di mettere :” la missione di Gesù nel cuore della Chiesa stessa, trasformandola in criterio per misurare l’efficacia delle strutture, i risultati del lavoro, la fecondità dei ministri e la gioia che essi sono capaci di suscitare. Perché senza gioia non si attira nessuno”.

Il Vangelo spiega papa Francesco non è :” un programma al servizio di uno gnosticismo di moda,  un progetto di ascesa sociale o una visione della Chiesa come burocrazia che si autopromuove, né tantomeno questa si può ridurre a un’organizzazione diretta, con moderni criteri aziendali, da una casta clericale». Il lavoro sinodale della chiesa latinoamericana a Aparecida,  «è un tesoro la cui scoperta è ancora incompleta».

 Il cammino della Chiesa e della società in americalatina, ancora una volta hanno bisogno delle donne, sull’esempio di Maria:” dalle sue labbra abbiamo imparato la fede; quasi con il latte del suo seno abbiamo acquisito i tratti della nostra anima meticcia e l’immunità di fronte ad ogni disperazione. Penso alle madri indigene o “morenas”, penso alle donne delle città con il loro triplo turno di lavoro, penso alle nonne catechiste, penso alle consacrate e alle così discrete “artigiane” del bene. Senza le donne la Chiesa del continente perderebbe la forza di rinascere continuamente. Sono le donne che, con meticolosa pazienza, accendono e riaccendono la fiamma della fede. Se vogliamo una fase nuova e vitale della fede in questo continente, non la otterremo senza le donne”.

Terminando il suo incontro con il Celam il papa ha concluso con queste forti e decisive parole:” “Se vogliamo servire, come Celam, la nostra America Latina, dobbiamo farlo con passione. Oggi c’è bisogno di passione. Mettere il cuore in tutto quello che facciamo. Fratelli, per favore, vi chiedo passione, passione evangelizzatrice”.


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“Facciamo il primo passo”: Papa Francesco in Colombia

Da oggi fino al 10 settembre Papa Francesco sarà pellegrino di pace e riconciliazione in Colombia. Come è consuetudine, ieri sera papa Francesco si è recato nella basilica di Santa Maaria Maggiore per portare un omaggio floreale alla Salus Populi romani e invocare la Sua intercessione per il pellegrinaggio imminente.

Facciamo il primo passo” è la frase distintiva del viaggio apostolico, perché di altri primi passi c’è bisogno dopo la firma degli accordi di pace. Il governo della Colombia e le Farc  hanno concluso a Cuba nel novembre scorso un nuovo accordo di pace, accogliendo alcune  richieste dal fronte che nel referendum dello scorso 2 ottobre aveva  respinto il primo accordo, raggiunto in agosto dopo 52 anni di guerra.

Nelle città che il papa visiterà – Bogotá, Villavicencio, Medillin e Cartagena – affronterà diverse tematiche: essere artigiani di pace, promotori della vita; la riconciliazione con Dio, con i colombiani, con la natura; la vita cristiana come discepolato; dignità della persona e diritti umani.

Nella giornata di venerdì a Villavicencio, a sud di Bogotá, il papa beatificherà due martiri colombiani: il vescovo di Arauca, mons. Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, e il sacerdote Pedro María Ramírez Ramos.

Monsignor Jesús Emilio Jaramillo, fu ucciso a 73 anni il 2 ottobre 1989, mentre tornava da una visita pastorale nella città di Fortul. La sua macchina fu fermata da tre guerriglieri armati del fronte Domingo Laín dell’Esercito di liberazione nazionale (ELN) che sequestrarono il vescovo; il suo cadavere con diverse ferite da arma da fuoco e senza la croce e l’anello episcopale, fu trovato il giorno dopo sulla strada. Padre Pedro María Ramírez, conosciuto come “il martire di Armero”era un parroco di campagna, molto amato dalla sua gente; aveva 68 anni quando il 10 aprile 1948 fu picchiato a morte da  gruppo di sostenitori liberali di Armero-Tolima perché era ritenuto «un conservatore fanatico e pericoloso».

Saranno Dodici i discorsi che il Papa pronuncerà nei quali – come ha sottolineato il cardinale Parolin che Lo accompagnerà. Francesco confermerà i fratelli nella fede :” La visita del Papa in Colombia ha un carattere essenzialmente pastorale, come del resto tutte le visite del Papa nei vari Paesi, e quindi ha lo scopo, ha l’intenzione – diciamo – di confermare e di incoraggiare i fratelli nella fede, di vivificare la loro carità e di spronarli a vivere la speranza cristiana. Naturalmente si colloca in un momento molto particolare della vita del Paese, in quanto è iniziato un processo di pace dopo cinquant’anni di conflitti e di violenza e questo lo rende particolarmente importante.”

Già Paolo VI nel 1968 e San Giovanni Paolo II nel 1986, visitarono la Colombia. Oggi un papa latinoamericano arriva per sostenere ed incoraggiare il difficile cammino della pace, dopo più di 50 anni di guerra tra il governo e le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), concluso con gli accordi di pace del novembre scorso, ma con una situazione sempre in bilico.

Papa Francesco per la quinta volta visita l’America Latina. Era stato in Brasile (luglio 2013), Ecuador, Bolivia e Paraguay (luglio 2015), a Cuba (settembre 2015) e in Messico (gennaio 2016).

Lo accompagniamo come sempre con la nostra preghiera.


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Saremo giudicati sull’amore

don Francesco Pesce

Il Vangelo ci chiama a superare le facili contrapposizioni tra giusti e ingiusti, peccato e virtù. Anche questo figlio maggiore onesto è peccatore. Cosa ha fatto? Niente! Non ha capito l’amore. Non ha capito l’amore e con il suo occhio guardava tutto e tutti con sospetto; ricordiamo bene quando gli scribi e i farisei mormoravano contro Gesù perché “guardavano” che mangiava con i peccatori. La prima violenza è proprio quella dell’occhio; dobbiamo sempre tutti imparare ogni giorno a guardare il mondo con gli occhi misericordiosi del Padre.

Un pastore che affronta i pericoli della natura, una donna di casa che con ostinazione cerca la sua moneta di valore, un padre che sa solo correre incontro e abbracciare.  Sono tre immagini bellissime di un Dio che ci cerca continuamente e non trova pace fino a quando non ci ha ritrovati. Il Pastore  si mette  sulle spalle la pecora che ha ritrovato,e la aiuta così nel suo cammino di ritorno, gli rende più leggeri i passi, non la umilia con una punizione per il fatto di essersi perduta.

Dio non guarda i nostri meriti o le nostre colpe, ma prima di tutto i nostri bisogni. La donna che cerca il suo tesoro sotto la polvere, ci aiuta a credere di più nell’aiuto di Dio e in noi stessi; sotto la polvere di tanti nostri giorni, nascosto in qualche angolo dentro di noi, c’è un tesoro prezioso che dobbiamo cercare con la lampada dello Spirito. Nessuna sporcizia, nessuna difficoltà, nessun male della vita sarà mai più forte della nostra immagine e somiglianza con Dio.

Non lasciatevi rubare la Speranza è la profezia di Papa Francesco. Un padre misericordioso che corre e abbraccia il figlio; lo vuole più felice che fedele, lo vuole debole ma vicino, piuttosto che forte e lontano. Il Vangelo ci insegna a ripudiare  mentalità aggressive, perché gli uomini  non solo disarmino i loro arsenali di guerra, ma anche i loro cuori. “Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore” – come scriveva il sacerdote e poeta del sedicesimo secolo, San Giovanni della Croce.


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Il papa in Armenia dallo “sradicamento sanguinoso” al cuore nuovo.

Papa Francesco andrà venerdì 24 giugno in Armenia per tre giorni e a fine settembre sarà pellegrino in Georgia e Azerbaigian, visitando così tutta la regione del Caucaso. Sabato il Papa incontrerà alcuni discendenti di sopravvissuti al «Metz Yeghern», il cosiddetto “sradicamento sanguinoso” quando gli armeni furono vittime della persecuzione dell’impero ottomano nel 1915; il termine che si usa per ricordare questa tragedia che ha coinvolto un milione e mezzo di persone è anche «genocidio» una parola contestata dalla Turchia.

Il portavoce del papa Padre Lombardi durante il briefing di presentazione del pellegrinaggio ha ricordato la cerimonia presieduta a San Pietro da papa Francesco il 12 aprile 2015 nel centenario del «Metz Yeghern». Papa Francesco, citò in quella occasione la dichiarazione comune firmata a Etchmiadzin nel 2001 da Giovanni Paolo II e Karekin II, e parlò del «primo genocidio del XX secolo», usando appunto il termine, «genocidio». La Turchia,(paese che il papa ha già visitato nel 2014) richiamò per diversi mesi ad Ankara il proprio ambasciatore presso la Santa Sede.

Padre Lombardi, a proposito della differenza tra il termine «Metz Yeghern» e «genocidio», ha così risposto ad una domanda:«Rispondo con quello che mi ha detto un mio amico armeno, che la parola Metz Yeghern è anche più forte di quello che dice la parola genocidio, e io preferisco usare questa parola proprio per non essere intrappolato dalle domande che non fanno che ruotare attorno all’uso di una parola. Nessuno di noi nega che ci siano stati massacri orribili, lo sappiamo molto bene e lo riconosciamo, e andiamo al memoriale per ricordarlo, ma non vogliamo fare di questo una trappola di discussione politico-sociologico perché andiamo alla sostanza».

La sostanza è che papa Francesco visitando le tre regioni del Caucaso si fa pellegrino di pace e di riconciliazione, percorrendo anche un cammino ecumenico , particolarmente importante in questi giorni nei quali a Creta si sta svolgendo un concilio ortodosso.

Tra i motivi del viaggio ha ricordato ancora padre Lombardi, ci sono la restituzione della visita che il Catholicos armeno Karekin II, patriarca della chiesa apostolica armena, ha fatto al Papa, incoraggiare la locale comunità cattolica, e manifestare a tutto il popolo armeno il sostegno e l’amicizia del papa. La Chiesa Armena è una Chiesa indipendente sia dalla Chiesa Cattolica che da quella Ortodossa-

Il cristianesimo in Armenia risale al I secolo, quando secondo la tradizione venne introdotto da Bartolomeo e Taddeo, due degli apostoli. L’Armenia fu la prima nazione ad elevare il Cristianesimo a religione di Stato. Il Re Arsacide Tiridate III, venne convertito e battezzato con la sua corte da Gregorio Illuminatore nel 301. Il Cristianesimo in Armenia ebbe poi un rapido sviluppo anche grazie alla traduzione in lingua armena della Bibbia dal parte del teologo e monaco Mesrop Mashtots.

Il video messaggio che papa Francesco ha inviato al popolo armeno pochi giorni fa in preparazione del pellegrinaggio è il miglior viatico per i giorni che verranno:”Con l’aiuto di Dio vengo tra voi per compiere, come dice il motto del viaggio, una “visita al primo paese cristiano”. Vengo come pellegrino, in questo Anno Giubilare, per attingere alla sapienza antica del vostro popolo e abbeverarmi alle sorgenti della vostra fede, rocciosa come le vostre famose croci scolpite nella pietra.[…] La vostra storia e le vicende del vostro amato popolo suscitano in me ammirazione e dolore: ammirazione, perché avete trovato nella croce di Gesù e nel vostro ingegno la forza di rialzarvi sempre, anche da sofferenze che sono tra le più terribili che l’umanità ricordi; dolore, per le tragedie che i vostri padri hanno vissuto nella loro carne. Ai ricordi dolorosi non permettiamo di impadronirsi del nostro cuore; “

Prima di tornare a Roma il Papa pregherà nel monastero di Khor Virap, luogo del pozzo in cui, secondo la tradizione, fu in prigione per dodici anni Gregorio l’Illuminatore, fondatore del cristianesimo in Armenia. Il papa libererà delle colombe in direzione del monte Ararat e come sottolinea ancora Padre Lombardi si troverà «vicinissimo al confine con la Turchia» e liberare le colombe «in direzione del monte Ararat» è «un messaggio che ha significato».


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Non c’e’ festa se mancano figli e fratelli

Omelia della IV Domenica di Quaresima
Don Francesco Pesce
Dio dona la Sue benedizioni agli onesti e ai disonesti, fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Ha però una predilezione per la pecora smarrita, la pietra scartata, il figliol prodigo. Questo non dobbiamo mai dimenticarlo, come cristiani, che si rendono conto di necessitare sempre una nuova conversione, e come pastori del popolo di Dio.
Il Signore Gesù ci testimonia la paternità di Dio, Che ha mandato Suo Figlio per ricostruire un mondo secondo le misure dell’amore, dove anche la pecora smarrita, la pietra scartata, il figliol prodigo sono oggetto della cura, dell’attenzione e della misericordia del Padre. Un Padre Che desidera che tutti siano salvi – come rispondeva Papa Francesco a un bambino nel recente libro curato da Padre Spadaro SJ.
Il Vangelo di questa domenica di Quaresima ci rimanda al ben noto racconto del figliol prodigo. Convertirsi non significa diventare figli prodighi: significa superare come un’antitesi, tra i due figli, tra virtù e peccato, tra quelli di dentro e quelli di fuori, e superarla in una sintesi che è quella dell’amore, nella quale chi appartiene al mondo della virtù va al di là di se stesso, andando incontro allo smarrimento del figlio che ha lasciato il padre e sperperato i suoi beni. Ce lo spiega bene San Paolo nella Seconda Lettura: “Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione”. Dio ci ha perdonato riconciliandoci con Lui. Quindi Dio si aspetta e anche noi dovremmo aspettarci da noi stessi di perdonare gli altri. Addirittura S. Paolo parla di “ministero” che Dio ha affidato a ciascuno di noi.
Perché questa idea di conversione? Fondamentalmente per tre motivi. Il primo è che ognuno di noi appartiene contemporaneamente al mondo di tutti e due i figli del racconto evangelico. Nessuno può illudersi di abitare esclusivamente nella casa della virtù. Il secondo motivo risiede nel fatto di essere figli, che non deriva da nessun merito, ma e’ un dato di fatto e noi cristiani crediamo anche sia un dono gratuito di Dio. E siamo tutti figli, per il dono della Sua misericordia.
Il terzo motivo che ci deve spingere ad andare incontro al figliol prodigo, a chi ha sbagliato, è semplicemente perché Gesù ha fatto così. Non è l’obbedienza (soprattutto formale) a Dio (scambiato spesso per un padrone) che fa’ il cristiano, ma la somiglianza a Gesù, Che il Padre misericordioso ha mandato per salvarci; non sono i comandamenti lo specifico cristiano, ma le beatitudini.
Impariamo a capire e accogliere colui che è smarrito. E ricerchiamo con coraggio nelle nostre “virtù” anche il loro carattere spesso farisaico e settario, per entrare dentro un’altra misura della fraternità umana, basata sulla riconciliazione, come San Paolo, grande peccatore poi diventato l’apostolo delle genti, ci incoraggia a fare.
Non basta andare a mangiare con i peccatori e poi ritornare a casa nostra; non basta fare del Vangelo la norma di uno strano galateo di comportamento: questa è ipocrisia. Occorre eliminare ogni ostacolo sulla via della riconciliazione e fare della casa del Padre veramente la casa di tutti, dove nessuno sia scartato.
Il figlio prodigo si deve convertire alla virtù, il figlio maggiore alla misericordia.Il Padre aspetta ognuno di noi nel cammino mai concluso di questa doppia conversione. In cielo e in terra non si può far festa se manca anche uno solo dei nostri figli e fratelli.