ConAltriOcchi blog – 以不同的眼光看世界-博客

"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)


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I bambini cinesi cantano “Forza Gesù”

In occasione della Visita di Stato del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella in Cina in questi giorni, un gruppo di studenti cinesi di scuola elementare si è esibito con una canzone in italiano intitolata “Forza Gesù” dello Zecchino d’Oro.

Come si legge sul sito del Quirinale e riportato dall’account twitter dell’Ambasciata d’Italia a Pechino, il Presidente Mattarella ha incontrato docenti e alunni della Scuola Elementare del Popolo di Chongqing, città che si trova nella parte centro-meridionale della Cina, con quasi 33 milioni di abitanti. Durante la visita alla scuola, un gruppo di bambini ha accolto il Presidente cantando “Forza Gesù”, una canzone in gara della 53ma edizione dello Zecchino d’Oro, che si è svolta a novembre del 2010. Il brano era cantato da Simone Deiana e come tutte le canzoni della performance canora era accompagnato dal Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna. Secondo una rapida ricerca su internet, la canzone è diventata popolare in Cina tramite un video postato su internet relativo a un’esibizione di poco successiva del Coro dell’Antoniano nella Basilica di San Fermo a Verona, in occasione del Natale dello stesso anno. Come riporta Famiglia Cristiana, il video con la canzone sottotitolata in cinese (dal titolo letterale “加油耶稣”) ha registrato un milione e mezzo di visualizzazioni in Cina. La voce solista era quella di una bambina di quattro anni, Francesca. In fondo al post i testi della canzone in italiano e in cinese.

La canzone mostra come i bambini siano consapevoli del male che li circonda e dei loro limiti nel poterlo affrontare. Appare anche la preoccupazione che i bambini hanno quando vedono che gli altri, gli adulti, sono infelici e il desiderio di fare qualcosa per loro. Ma il cuore della canzone è il riferimento a Gesù e non solo il fatto che il bambino veda la preoccupazione di Gesù per il male del mondo e vorrebbe consolarLo. Ma il fatto che l’amore di Gesù può superare il male e rendere il mondo più bello, e la bellezza salvare il mondo. Così un passaggio significativo del testo: “Con l’amore penso si può fare tanto. Per esempio consolare un po’ Gesù. Forza Gesù, non ti preoccupare se il mondo non è bello visto da lassù, con il Tuo amore si può sognare e avere un po’ di Paradiso quaggiù”.

Questa canzone è una piccola goccia in un oceano dove i riferimenti alla fede e ai simboli cristiani vanno scomparendo nelle nostre società occidentali, anche nei contesti dove un tempo erano considerati fondamentali, come ad esempio per l’educazione e i momenti di svago di bambini e ragazzi. A Roma, ad esempio, è molto triste in tempo di Natale vedere solo riferimenti generici alle “buone feste” e dover andare solo nelle librerie cattoliche per trovare biglietti augurali con immagini o rappresentazioni di carattere religioso. Si trovano Babbo Natale e il pupazzo di neve, a volte gli angeli (che però non hanno necessariamente, o nel tempo hanno visto un po’ perdersi, una connotazione cristiana), ma quasi mai la capanna di Betlemme con Gesù Bambino…

Questa canzone è anche una goccia anche nell’immensa Cina, dove la fede cristiana cresce, anche se con difficoltà, chiaroscuri e contraddizioni…Ed è bello che il testo riconosca che Gesù “faccia sognare”. Se i genitori capissero che Gesù è la risposta ai desideri, alle aspirazioni, e alle inquietudini dei giovani, tante infelicità, tanti mali del mondo certamente non esisterebbero. Anche nella grande Cina, dove al galoppante e sorprendente progresso economico e sociale si accompagna un allarmante vuoto di valori spirituali e morali, soprattutto tra le giovani generazioni. Può una fede bella, serena, vissuta nella vita di tutti i giorni, nei propri doveri quotidiani nella società, una fede nella persona di Gesù, che ci rende liberi interiormente e mette il prossimo al centro, “essere una marcia” in più per la grande Cina? Può questa figura di Gesù attrarre i giovani cinesi e rendere la loro vita più bella, più orientata a un benessere economico e sociale che sia più umano, meno individualista e più ricco interiormente e spiritualmente?

Nel diario di viaggio relativo a una delle due recenti tournée cinesi del Piccolo Coro dell’Antoniano leggiamo: “Sentire l’ovazione per ‘Forza Gesù’ o l’ascolto in silenzio della ‘Benedizione a Frate Leone’, pensando al messaggio così universale di quei testi, fa impressione. Abbiamo cantato in Italiano, in Inglese, in Cinese, in Spagnolo, in Francese, in Latino e alla fine tutto era comprensibile e tutto era a misura di bambino”. Qualcuno che segue il Papa più attentamente ricorderà che in occasione della sua visita in una parrocchia romana, i bambini della Prima Comunione avevano cantato per lui la Benedizione di Frate Leone.

Non è la prima volta che “Forza Gesù” è stata cantata in Cina. In internet abbiamo trovato che il piccolo coro filarmonico di Qingdao diretto da maestro Yang Guoqing l’aveva cantata, insieme a un altro testo (“Una stella a Betlemme”). Preghiamo e speriamo però che la scelta di questo testo in un’occasione ufficiale così importante sia un altro piccolo segno di un ponte che si costruisce, tra la Chiesa e la Cina, secondo gli sforzi e le intenzioni di Papa Francesco.

 

TESTO DELLA CANZONE (ITA e CIN)

Forza Gesù

Ogni sera quando prego nel lettino Penso a quello che si vede da lassù, Tutto il male che viviamo sulla terra, Ogni lacrima che scende sale su.

Tu mi dici cosa mai può fare un bimbo, Come può contare piccolo com’è.
Con l’amore penso si può fare tanto Per esempio consolare un po’ Gesù.

Forza Gesù, non ti preoccupare
Se il mondo non è bello visto da lassù, Con il tuo amore si può sognare
E avere un po’ di paradiso
Quaggiù.
Avere un po’ di paradiso
Anche quaggiù,
Avere un po’ di paradiso.

Quando dico la preghiera del mattino Prego per la sorellina ed il papà,
Per la mamma che mi sta vicino
Mi sorride, mi dà gran felicità.

Ma poi penso a tutti quei bambini Che non sono fortunati come me, Senza amore si cresce con fatica Che dolore tutto questo per Gesù.

Forza Gesù, non ti preoccupare
Se il mondo non è bello visto da lassù, Con il tuo amore si può sognare
E avere un po’ di paradiso quaggiù.

E’ importante la preghiera di un bambino, E’ importante perché nel suo cuore ha
La bellezza che al Signore dà un sorriso, La bellezza che il mondo salverà.

Forza Gesù, non ti preoccupare
Se il mondo non è bello visto da lassù, Con il tuo amore si può sognare
E avere un po’ di paradiso
Quaggiù.
Avere un po’ di paradiso
Anche quaggiù,
Avere un po’ di paradiso
Anche quaggiù!

         加油耶稣

每夜我都在小床上默默回顾经历那位多少的祝福
也许地上难免仍有许多痛苦
每滴眼泪他都为我们细数
人说小孩去做不可能会成功
怎能指望小孩去完成圣工
我想有爱的话就有能力传送
比如安慰耶稣让他更轻松
加油耶稣 请你不要担忧
  即使从天上看这世界很陈腐
  有你的眷顾 梦拉开帷幕
  天堂的一角可以落户 此处
天堂的一角可以落户 地上此处
天堂的一角可以落户
清晨我的祷告向他心意倾吐
为妹妹还有我地上的生父
陪伴妈妈一同祈祷很幸福
她的微笑让我心里很满足
想起许多小朋友在世界各处
他们并非和我一样的幸福
没人关爱的他们成长艰苦
这对耶稣来说他也很伤楚
加油耶稣 请你不要担忧
  即使从天上看这世界很陈腐
  有你的眷顾 梦拉开帷幕
  天堂的一角可以落户 此处
即便一个小孩祷告也很重要
因为他的心中有一份美好
这份美好传递给主一个微笑
这份美好可以拯救这世道
加油耶稣 请你不要担忧
  即使从天上看这世界很陈腐
  有你的眷顾 梦拉开帷幕
  天堂的一角可以落户 此处
天堂的一角可以落户 地上此处
天堂的一角可以落户 就在此处

 

 


					
		
	


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Non verso la fine ma verso il compimento del bene

La bellezza architettonica delle nostre chiese e basiliche è un patrimonio dell’umanità; ammirarle può essere un godimento non solo artistico ma anche spirituale. Quando però a questa bellezza formale non corrisponde una purezza interiore del popolo di Dio radunato, cioè delle pietre vive di cui è composta la Chiesa, allora tutto perde il suo valore.

Il vangelo di questa domenica XXXIII del tempo ordinario così annota :“Mentre alcuni, parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi”. Mentre ammiriamo la bellezza esteriore siamo chiamati ad una continua verifica di quella interiore. Gesù dice con chiarezza che un  tempio ridotto ad una spelonca di ladri, dove si umiliano e si sfruttano i poveri, deve essere distrutto:“Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”.

Non c’è sistema di corruzione economica, politica, religiosa che non sia destinato a finire prima o poi. “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina”.  Quindi nessuna paura di cataclismi ,ma la Buona Notizia che la storia cammina verso il compimento del bene. E’  una “povera” storia, fatta di poveri uomini, anche di tanto dolore e sangue, di ingiustizie e sopraffazioni,ma è una storia guidata dalla Provvidenza, dove il vangelo inesorabilmente si compie.

I cristiani devono perseverare in questa fede, ci ricorda sempre il vangelo, nella fiducia che non è vero che tutto va verso la fine, ma anzi c’è sempre un nuovo inizio quotidiano, proprio come il pane che chiediamo al Padre Nostro. Paolo rimprovera proprio per questo i Tessalonicesi i quali, pensando non al fine, al compimento, ma alla fine, avevano addirittura smesso di lavorare.

La vita di fede è sempre qualcosa che nasce e rinasce, non certo qualcosa che muore. Per questo Dio va cercato, non nelle statue o nelle presunte apparizioni, ma nelle persone, nelle vicende della vita, nei bambini che nascono e negli anziani che ci parlano dalla loro cattedra di sapienza. In fondo se guardiamo oggi il mondo con gli occhi dello Spirito vediamo nelle migrazioni di interi popoli che si incontrano, non solo dolore, ma anche amore, non solo la fine di qualche stagione ma l’inizio di qualche cosa di nuovo che ancora non sappiamo bene identificare ma che è già vangelo. Si allargano gli spazi della fraternità e abbattono tutti i muri.

 


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Saremo giudicati sull’amore

don Francesco Pesce

Il Vangelo ci chiama a superare le facili contrapposizioni tra giusti e ingiusti, peccato e virtù. Anche questo figlio maggiore onesto è peccatore. Cosa ha fatto? Niente! Non ha capito l’amore. Non ha capito l’amore e con il suo occhio guardava tutto e tutti con sospetto; ricordiamo bene quando gli scribi e i farisei mormoravano contro Gesù perché “guardavano” che mangiava con i peccatori. La prima violenza è proprio quella dell’occhio; dobbiamo sempre tutti imparare ogni giorno a guardare il mondo con gli occhi misericordiosi del Padre.

Un pastore che affronta i pericoli della natura, una donna di casa che con ostinazione cerca la sua moneta di valore, un padre che sa solo correre incontro e abbracciare.  Sono tre immagini bellissime di un Dio che ci cerca continuamente e non trova pace fino a quando non ci ha ritrovati. Il Pastore  si mette  sulle spalle la pecora che ha ritrovato,e la aiuta così nel suo cammino di ritorno, gli rende più leggeri i passi, non la umilia con una punizione per il fatto di essersi perduta.

Dio non guarda i nostri meriti o le nostre colpe, ma prima di tutto i nostri bisogni. La donna che cerca il suo tesoro sotto la polvere, ci aiuta a credere di più nell’aiuto di Dio e in noi stessi; sotto la polvere di tanti nostri giorni, nascosto in qualche angolo dentro di noi, c’è un tesoro prezioso che dobbiamo cercare con la lampada dello Spirito. Nessuna sporcizia, nessuna difficoltà, nessun male della vita sarà mai più forte della nostra immagine e somiglianza con Dio.

Non lasciatevi rubare la Speranza è la profezia di Papa Francesco. Un padre misericordioso che corre e abbraccia il figlio; lo vuole più felice che fedele, lo vuole debole ma vicino, piuttosto che forte e lontano. Il Vangelo ci insegna a ripudiare  mentalità aggressive, perché gli uomini  non solo disarmino i loro arsenali di guerra, ma anche i loro cuori. “Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore” – come scriveva il sacerdote e poeta del sedicesimo secolo, San Giovanni della Croce.


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Perché proprio io ? Testimonianza di un Missionario della Misericordia nel Mali

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la testimonianza di un nostro caro amico, nominato da Papa Francesco Missionario della Misericordia ,- Don Toussaint Ouologuem, sacerdote del Mali. Siamo molto grati a Toussaint per questa sua bella testimonianza  e perché conoscendolo giá sappiamo che sará capace di annunciare a chi incontra l’amore e la misericordia infiniti del Padre.

Don Toussaint Ouologuem

Se avessero chiesto a me di scegliere un sacerdote nella mia diocesi per essere missionario della Misericordia, non mi sarei mai scelto. Non perché ho poca fiducia in me o pocas tima di me stesso ; ma perché è di Misericordia che si tratta, di Misericordia Divina.

Sommando assieme i miei peccati, le mie debolezze, le mie infermità spirituali, intellettuali e morali ; aggiungendo a questi la mia rigidità nelgiudizio, quella mia ricerca di giustizia ad ognicosto, quella mia difficoltà a dare una seconda chance alla gente, sopratutto a quelli che mi hanno, in qualche modo, offeso. E in fine per la mia giovane età e la mia poca esperienza nel sacerdozio (2anni e mezzo) ; mettendo insieme tutto quanto, io non mi sarei di certo scelto per essere missionario della Misericordia. Peccatore, troppo rigido, troppo giovane e con poca esperienza, mi sarei definito inadeguato per questa importantissima missione.

Ma eccomi qua; scelto dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, attraverso il collegio Urbano, approvato dal mio vescovo e costituito dal Papa Francesco come missionario della Misericordia. E io mi chiedo: perché proprio me?

A prescindere dalla scelta del collegio Urbano, a prescindere dall’approvazione del mio vescovo, il suo Nulla Osta, a prescindere dalle lettere e dalle mail scritte e scambiate con il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, a prescindere da ogni altra manovra umana, non posso non intravedere la Mano di Dio nel fatto di essere stato scelto. È la mia fede che me lo chiede, la mia spiritualità che me lo dice e la mia vocazione sacerdotale che me lo grida forte. Allora mi chiedo : perché proprio io ?

Questa è la domanda che non ho smesso di farmi e di chiedere a Dio da quando sono stato contattato per la prima volta, perché qualcuno, da qualche parte, ha proposto il mio nome. Con una gioia enorme, con un fascino, da un lato, un timore tremendo dall’altro, ho accettato ben volontieri questa missione.Ma da allora mi chiedo perchè proprio a me ?

Sono ormai sicuro che questa domanda, me la porrò, al di là di questo anno, fino alla fine dei miei giorni, cercando di capire meglio tutto il significato nascosto e voluto da Dio, un significato sia per me, che per gli altri.

Qualche giorno dopo la mia consacrazione come missionario della Misericordia, dopo una Adorazione Eucaristica in una delle Chiese di Torbe, una pia mano mi diede un libro, un libro intitolato : « Non possiamo tacere ciò che abbiamo visto ». Cominciai subito a leggerlo e là, una frase mi colpi, una frase che mi dava una delle risposte alla mia costante domanda. La frase diceva in fatti : « quando Dio tocca una vita, le consegna un dovere : essere pienament e felice in Lui per manifestarlo agli altri ».

Tra conferenze sulla Misericordia, e missioni sulla radio e in TV, tra omelie e celebrazioni penitenziali e certi incontri personali, cerco in tutto di fare la mia missione, quella di essere un sacerdote animatore della Misericordia divina e diffondere la mia felicità. Ma non è mai abbastanza. Ecco perché non mancò l’occasione di chiedere alla gente di pregare per me, così come Papa Francesco lo fà in molte situazioni, chiedendo alla gente di pregare per lui.

Molte storie di vocazione nella Sacra Scrittura ci fanno capire che Dio, il più delle volte, non sceglie qualcuno perché quella persona è già capace di compiere la sua missione, ma lo sceglie, proprio per renderlo capace, adeguato, per la missione. Il moi compito è quindi di stare vigilante per poter cogliere ogni Grazia che Dio mi darà per questa mia missione. Possa Di oaiutarmi in questo !

Questo è un anno di Grazia che ci è donato. E un anno in cui abbiamo il compito di meditare (personalmente) la Misericordia di Dio, di usufruire della sua Misericordia (col sacramento dellapenitenza) e di viverla (le 14 opere della Misericordia).

Verso la fine della sua Bolla, Misericordiae Voltus, Papa Francesco dice : Lasciamoci sorprendere da Dio durante questo giubileo ! Io aggiungo che bisogna anche lasciarci sorprendere da noi stessi : sorprendiamoci di quello che faremo di bello, di grande e di straordinario meditando, usufrendo e vivendo, condividendo la Misericordia di Dio. Dio ci benedica tutti !


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L’Amore cristiano frutto della Grazia e non del legalismo

Riflessioni sulla Esortazione Amoris Laetitia di papa Francesco

Amoris Laetitia è un grande dono alla Chiesa che Papa Francesco ha dato nella Solennità di San Giuseppe il 19 Marzo scorso. Al cuore del documento c’è il desiderio del papa di :”arrecare coraggio, stimolo e aiuto alle famiglie nel loro impegno e nelle loro difficoltà”(AL 4).Non possiamo dimenticare inoltre, che siamo nel pieno dell’Anno Santo della Misericordia, e tutti siamo chiamati in modo particolare ad essere segno e strumento della Grazia. Nella vita cristiana ciò che sta al centro, non è la debolezza dell’uomo, o la sua incapacità a compiere perfettamente la sua missione, e nemmeno il passato con il suo carico di bene e di male compiuto, ciò che conta è la confessione di fede, il professare come fa Pietro di fronte a Gesù: tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente. Appena lo facciamo, cioè diciamo con convinzione a Gesù tu sei il Cristo, il Salvatore, scopriamo, come Pietro, la grandezza del progetto che Dio ha con ciascuno di noi.

Chi è abituato a rapportarsi alle situazioni, agli avvenimenti, alle persone,in base a un codice, in base a una legge, non può comprendere il volto di un Dio che è amore. Il criterio di interpretazione della Scrittura,della Parola di Dio, deve essere il bene dell’uomo. Chi invece ne fa una dottrina, una legge, nella quale l’osservanza di precetti, è più importante del bene dell’uomo, ebbene queste persone rischiano di avere come un velo davanti agli occhi che impedisce loro di scoprire il disegno d’amore di Dio sull’umanità. Così come nella Evangelii gaudium (EG), già dal titolo si parla di letizia, di serenità di gioia. Per il papa la gioia è una dimensione spirituale ed è un elemento fondamentale:« La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita in­tera di coloro che si incontrano con Gesù» (EG 1). Sappiamo bene che la gioia è un aspetto biblico molto importante del Natale, ed è una nota costante dei cosiddetti vangeli dell’infanzia:”Vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo”(Lc2,10). Inoltre la gioia è anche lo scopo della Chiesa in comunione come ci ricorda l’evangelista Giovanni:”questo vi ho detto,perché la mia gioia sia in voi, e la vostra gioia sia piena”(Gv15,11). In questa dimensione di gioia biblicamente fondata e irrobustita da uno sguardo di fede sul mondo, il papa riprendendo il lavoro di ben due Sino­di,uno straordinario e uno ordinario, analizza la realtà vera, senza paura di chiamare le cose con il loro vero nome, parlando della vita concreta delle persone e delle famiglie. In questo realismo tutto evangelico, papa Francesco attinge anche alla storia che ci circonda, citando personaggi che la storia l’hanno fatta con la loro testimonianza come Martin Luther King, Erich Fromm e Dietrich Bonhoeffer. Nella storia dei popoli, delle famiglie e dei singoli, è necessario e urgente un servizio pastorale che vuole sostenere la crescita dell’amore:«Tutto questo si realizza in un cammino di permanente crescita. Questa forma così particolare di amore che è il matrimonio, è chiamata ad una costante maturazione, perché ad essa bisogna sempre applicare quello che san Tommaso d’Aquino diceva della carità: “La carità, in ragione della sua natura, non ha un limite di aumento, essendo essa una partecipazione dell’infinita carità, che è lo Spirito Santo.» (AL 134). Dobbiamo dice ancora il papa: «smettere di pretendere dalle relazioni interpersonali una perfezione, una purez­za di intenzioni e una coerenza che potremo trovare solo nel Regno definitivo» (AL 325).

Sempre a proposito della storicità e del concetto di maturazione il Papa afferma che «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero» (AL 3). « in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali. Le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale ha bisogno di essere incultu­rato, se vuole essere osservato e applicato”» (AL 3). Un fondamento di inculturazione quindi come chiave di lettura importante di questa esortazione papale.

I nove capitoli di cui è composta l’esortazione apostolica, iniziano con il primo capitolo, “alla luce della Parola” che offre subito il quadro di riferimento nella Parola di Dio. La Parola di Dio è :”popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari» (AL 8)9, e quindi non si tratta di svolgere un lavoro astratto e teorico, ma realizzare un «compito artigianale» (AL 16).Vedremo quindi nel secondo capitolo una accurata descrizione della “realtà e le sfide delle famiglie”; Il papa invita subito con decisione a tenere:«i piedi per terra» (AL 6) riflettendo sul dramma delle famiglie migranti, sul problema delle ideologie di genere, la cura delle persone disabili, la violenza contro le donne, e altre tematiche reali e urgenti.

Nel terzo capitolo il papa vuole aiutare le problematiche descritte prima, con il soccorso dell’inse­gnamento della Chiesa riguardo il matrimonio e la famiglia, ma con una premessa fondamentale e irrinunciabile: “che si metta tutta la dottrina del matrimonio e della fa­miglia sotto la luce del kerygma. Davanti alle famiglie e in mezzo ad esse deve sempre nuovamente risuonare il primo annuncio, ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario”» (AL 58). La motivazione di questa premessa è che:“tutta la formazione cristiana è prima di tutto l’approfondimento del kerygma” (AL 58). Questo ancoraggio dell’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la famiglia,nel Kerigma libera da ogni pericolo di fondamentalismo e dalla durezza di cuore di quelli che invece fondano la loro riflessione solamente sul diritto e sui precetti degli uomini.

Il quarto capitolo descrivendo l’inno alla carità di 1 Cor 13,4-7, parla dell’amore nel matrimonio con accenti lirici, accompagnati da una vera e propria lectio divina,rimanendo però sempre ancorati ad un sano realismo:”Non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica “un pro­cesso dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva inte­grazione dei doni di Dio”» (AL 122). Il quinto capitolo riflette sulla fecondità ampliando lo sguardo anche alla realtà complessa famiglia dove ci sono anche i parenti e gli amici.

Il sesto e il settimo capitolo riflettono sui modi pastorali per la costruzione di famiglie secondo il cuore di Cristo,e sulla educazione dei figli, sempre attenti però alle situazioni concrete e locali:”Saranno le diverse comunità a dover elaborare proposte più pratiche ed efficaci, che tengano conto sia degli insegnamenti della Chiesa sia dei bisogni e delle sfide locali” (AL 199).

 Papa Francesco ha la consapevolezza che l’ottavo capitolo che tratta delle varie fragilità è un capitolo chiave, e per questo ricorda subito all’inizio che: «spesso il lavoro della Chiesa assomiglia a quello di un ospedale da campo» (AL 291). Il Papa assumendo la bellezza e la ricchezza del matrimonio cristiano dice con chiarezza che: «altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale, mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo» (AL 292).Proprio per questo la Chiesa:”non manca di valorizzare gli elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più al suo insegnamento sul matrimonio” (AL 292). Accompagnare, Discernere, Integrare sono le tre parole che caratterizzano non solo questo capitolo, ma l’intero documento, anzi il pontificato stesso di Francesco,nella logica della Misericordia pastorale che altro non è se non il cuore stesso di Dio.

 L’ultimo capitolo, il nono descrive la spiritualità nella famiglia, «fatta di migliaia di gesti reali e concreti» (AL 315). “Coloro che hanno desideri spirituali profondi non devono sentire che la famiglia li allontana dalla crescita nella vita dello Spi­rito, ma che è un percorso che il Signore utilizza per portarli ai ver­tici dell’unione mistica» (AL 316). « I momenti di gioia, il riposo o la festa, e anche la sessualità, si sperimentano come una partecipazione alla vita piena della sua Risurrezione” (AL 317) La Pasqua e il culmine e la fonte di ogni spiritualità famigliare.

 La Preghiera alla San­ta Famiglia,conclude questo testo papale, che più che proporre un ideale di famiglia che non c’è, invita a cercare e trovare la presenza del Padre misericordioso nella realtà ricca e sorprendente, sempre attenti ai segni dei tempi; uno sguardo positivo e gioioso sul tempo, che è per i cristiani un tempo favorevole per essere felici, un Kairos, un dono di Dio, un tempo superiore allo spazio, dove si compie il progetto di Dio sull’uomo. Papa Francesco pensa le cose di Dio e prega a partire dalla realtà che gli sta di fronte. Questa esperienza,affinata nel suo ministero di Pastore di una grande e moderna città come Buenos Aires, è quella stessa di Gesù,di vedere come i piccoli, i bambini, i poveri e i peccatori accoglievano con gioia la buona notizia del regno di Dio, mentre i sapienti e i dotti del gli scribi e i farisei di tutti i tempi, fatto fatica a gioire per la Buona Notizia,forse perché non la sanno riconoscere.

 Scrive il papa:”abbiamo presentato un ideale teologi­co del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprat­tutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario” (AL 36). Ancora Francesco:”per molto tempo abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza moti­vare l’apertura alla grazia, avessimo già sostenuto a sufficienza le famiglie, consolidato il vincolo degli sposi e riempito di significa­to la loro vita insieme» (AL 37). A questo punto papa Francesco riporta in primo piano e valorizza la centralità della coscienza individuale:«stentiamo anche a dare spazio alla co­scienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (AL 37) .

L’Esortazione apostolica del papa in continuità con il Concilio Vaticano secondo e con quello che è già espresso in Evangelii Gaudium, traccia anche un sentiero molto chiaro circa il rapporto con il mondo:”molte volte abbiamo agito con atteggiamento difensivo e sprechiamo le energie pastorali moltipli­cando gli attacchi al mondo decadente, con poca capacità propositi­va per indicare strade di felicità. Molti non percepiscono che il mes­saggio della Chiesa sul matrimonio e la famiglia sia stato un chiaro riflesso della predicazione e degli atteggiamenti di Gesù, il quale nel contempo proponeva un ideale esigente e non perdeva mai la vicinanza compassionevole alle persone fragili come la samaritana o la donna adultera» .(AL 38) Papa Francesco con Amoris Laetitia va incontro al bene dell’uomo, e come un Padre autorevole e amoroso alleggerisce i pesi del popolo e si pone davanti ad esso come modello non di legalismo, ma di umiltà e di mitezza. L’autorità nella Chiesa è davvero preziosa quando si prende cura, non quando aumenta la pesantezza del giogo da portare.

Papa Francesco attinge anche con sapienza alla preghiera di Maria e alla umiltà della serva del Signore: “Nel tesoro del cuore di Maria ci sono anche tutti gli avvenimenti di ciascuna delle nostre famiglie che Ella conserva premurosamente”(AL 30)

Pensiamo che una chiave di lettura di questo documento possa essere proprio, l’umiltà, quella di Maria e quella del papa.

Che cos’è l’umiltà?”. Sappiamo che il termine viene dal latino “humus”, cioè quel terreno ricco di sostanze in decomposizione che è particolarmente adatto ad accogliere e a far germogliare il seme. I nostri fallimenti famigliari, i nostri sbagli, perfino i nostri peccati – se riconosciuti: possono diventare quel terreno particolarmente fertile per ricevere il dono di Dio, per sperimentare la misericordia di Dio, per incontrare la sua misericordia, cioè il suo “cuore per i miseri”.

Nel vangelo chiedono a Gesù: “quale segno fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi?”(Gv 6,30) La risposta di Gesù: “Io sono il Pane della vita”. Un solo segno: io nutro. Nutrire è fare una cosa da Dio. Condannare è al contrario affamare le persone nella loro speranza e dignità.

 


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Perdono, fiducia in Dio e gioia – prima di tutto

Monica Romano


Meditazioni, riflessioni e condivisioni di un indimenticabile ritiro quaresimale 

Domenica scorsa II di Quaresima ci siamo incontrati per la prima volta come gruppo di “giovani-adulti” per provare a fare un cammino insieme, iniziando da una giornata di ritiro in preparazione della Pasqua. Subito dopo i vari arrivi in differita di ciascuno e un necessario caffè per iniziare con uno spirito ben sveglio la mattinata, ci siamo incamminati verso la splendida Chiesa di San Sebastiano al Palatino – a noi gentilmente riservata insieme alla grande sala interna e al giardino paradisiaco dove abbiamo trascorso la mattina sotto un sole meraviglioso. Guidati da don Francesco, parroco di Santa Maria ai Monti, eravamo Jiana, Laura, Monica, don Pietro, Rob, Rui e io (ben due Monica!). Dopo la recita delle Lodi, siamo stati guidati alla riflessione personale e alla condivisione di gruppo dalle meditazioni di don Francesco.

 

La meditazione della mattina era sul brano evangelico del Figliol Prodigo. Quella pomeridiana una riflessione sull’essenza e le sfide di una spiritualità cristiana. Riporto qui alcune riflessioni della meditazione mattutina sul Vangelo. Tra i tanti e profondi spunti di riflessione, don Francesco ci faceva notare che il figlio che ha sbagliato e torna su suoi passi viene prima di tutto perdonato, ben prima che il padre abbia modo di ascoltare le sue motivazioni, giustificazioni, spiegazioni…Tra l’altro, le motivazioni del ritorno sono molto concrete (il giovane aveva sperperato le ricchezze anticipategli dal padre e stava morendo di fame e di stenti), quindi non delle motivazioni diciamo così “spirituali” sembrano essere alla base della sua “conversione”. Tuttavia, noi cristiani dobbiamo anche  imparare a considerare le motivazioni di chi parte, di chi se ne va. Spesso una nostra cattiva testimonianza e’ alla base dell’allontanamento di qualcuno dalla Chiesa. La misericordia, che Papa Francesco ha messo al centro della sua vita di pastore (ricordiamo il suo motto episcopale: miserando atque eligendo) e poi anche di papa, e’ accoglienza reale, e’ un atto concreto, e’ restituire dignità piena. La veste e l’anello rappresentano bene la concretezza del perdono del padre. La parabola ci mostra anche come spesso vediamo con sospetto la felicità, la gioia, la festa, e invece notiamo la malizia di certi comportamenti anche laddove non ve ne e’ evidenza e ci soffermiamo più sul male che contagia piuttosto che sul bene che si propaga. Ciò equivale a snaturare il Cristianesimo, che è in primo luogo il “lieto annuncio”. Don Francesco ci ha invitati a interrogarci sulla nostra vita, su chi siamo o siamo stati: il padre, il fratello maggiore o il fratello minore…Molto probabilmente un po’ tutti e tre, in momenti o in circostanze diverse della vita.

 

Alla profonda meditazione di don Francesco, che a me e’ parso abbia aperto il cuore un po’ a tutti, e’ seguita una pausa di riflessione personale e poi la condivisione. Don Pietro notava come spesso abbiamo una pretesa nei confronti di Dio, di fare e decidere ciò che vogliamo noi. Spesso inoltre pensiamo di non essere degni, pensiamo ancora “da schiavi” e non da figli, come il Vangelo ci dice di essere. Il figlio maggiore ne è l’esempio, non si rende conto di essere in primo luogo figlio, perciò amato dal padre.. Laura si e ci domandava se veramente sappiamo cosa sia la misericordia. A volte non lo sappiamo perché non ne abbiamo potuto fare esperienza piena, in famiglia, nella vita… Tutti e due i fratelli per vie diverse non sanno amare, come anche noi, perché nella vita, nella famiglia non sempre l’amore ci viene trasmesso. Incontrando il Signore possiamo incontrare l’amore, di chi ci ama senza calcolo, dando la vita per noi. Ma anche questo è  difficile da capire, accettare, vivere. Il figlio maggiore pensa che la strada dell’obbedienza formale renda più “giusti” i suoi desideri, le sue aspettative. Il Signore sa che abbiamo bisogno di imparare ad amarLo. Sa anche che abbiamo necessità materiali, dei sogni e desideri profondi, perché li ha messi Lui stesso nel cuore dell’uomo. Tuttavia, i tempi e i modi del Signore non sono i nostri. Spesso ci sembra che la via del deserto, della schiavitu’ sia finalmente finita, invece ci ritroviamo a starci ancora dentro, di nuovo, dopo aver pensato che fossimo arrivati al traguardo. Forse non era ancora il momento, forse non avevamo capito niente o forse  cercavamo qualcosa di sbagliato, come il figliol prodigo. Come scriveva suor Faustina nel suo diario, Dio le dice: “Il mio amore non delude nessuno“. Dobbiamo cercare di fidarci di Dio, Che ha a che fare con la nostra continua incredulità, Che non ci destina a un perenne deserto, alla mortificazione, ma a un cammino, anche con i nostri desideri. Non dobbiamo nasconderci dietro un’idea un po’ ipocrita di obbedienza, ma dobbiamo aprire il nostro cuore a Dio e confidare in Lui.

 

Rui ci fa notare come il figlio minore abbia avuto il coraggio di dire “ho sbagliato” . Anche San Pietro ha tradito eppure il Signore gli ha affidato la Chiesa. Dobbiamo affidarci al Signore, Che si manifesta anche in piccoli gesti che possono cambiarci la vita. Rui ci confida di essersi spesso domandato, da cristiano: Perché la sofferenza? Qualcuno di molto importante nella sua vita e nel suo percorso di conversione gli ha fatto notare che neanche la via del Signore Gesù e’ tutta dritta. Monica ha sottolineato come sia difficile spesso realizzare, vivere la compassione, la misericordia. E come cristiani abbiamo molta responsabilità nel dare una cattiva testimonianza. Io riflettevo però che la misericordia, l’amore, il bene, hanno il potere di  contagiare e su questo dobbiamo lavorare. E’ facile e a tutti e’ venuta la tentazione di dire “e’ bello per noi stare qui; facciamo qui tre tende”, cioè fuggire, isolarsi dal mondo. Ma non è questo che un cristiano deve fare. Un cristiano deve stare in prima linea, nel mucchio. Certo è molto più difficile. Poi notavo come è vero quello che diceva don Francesco: il figlio arriva e il padre lo ha già perdonato, prima di tutto. Però è anche vero che il figlio riconosce di aver peccato, come diceva Rui. Quindi nessun peccatore e’ senza speranza. E soprattutto, prendiamoci la nostra parte di “responsabilità” – la cattiva testimonianza che può aver indotto qualcuno ad allontanarsi, come diceva Monica. Cercando di esercitare la misericordia come il Vangelo e Papa Francesco ci insegnano: non una forma di “buonismo”, ma “forti” della testimonianza che diamo e con “autorevolezza”. Rispondevo poi alla “provocazione” di don Francesco sulla felicità. I santi sono felici. Non ci sono santi che non lo siano, questo è una evidenza che dovrebbe farci riflettere. La Chiesa – cioe’ i preti, i religiosi – spesso hanno contribuito a costruire questa idea di un Cristianesimo “triste”, un po’ grigio, severo, intransigente, forse anche perché hanno per molto tempo relegato i laici ai margini. La fede invece è festa perché è qualcosa che non può non condividersi. In paradiso non saremmo felici se andassimo da soli. E il figlio maggiore non aveva capito che stare con il padre – cioè stare con Dio – e’ sempre, tutti i giorni, tutti i momenti, una festa.

 

Sono uscita da questo ritiro felice, rinfrancata da giorni faticosi e spesso difficili, e arricchita dalla profondità di pensiero e dalla testimonianza di vita e di fede dei miei cari amici che ho desiderato avere tutti insieme in questa giornata. Sono stata contenta di vedere che tutti erano  a loro volta felici e pur non conoscendosi in molti casi, sono riusciti subito a trovarsi in sintonia. Mi ha colpito ancora una volta che semplicemente, Vangelo alla mano e volontà di mettersi in ascolto di Dio e degli altri, abbiamo non solo condiviso dei “pensieri stupendi” e quella speranza (o quell’amore) che non delude, ma siamo riusciti a “fare festa”. Ci vuole veramente davvero poco, anche se poi è anche tanto, per essere felici.