ConAltriOcchi blog – 以不同的眼光看世界-博客

"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)


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La bellezza che vive nel mondo più forte della morte

Riflessione nella Festa di Tutti i Santi e nella Commemorazione dei defunti 

Contempliamo in questi giorni  il mistero dei Santi , la cui umanità, come per tutti noi  è abitata da una luce profonda, da un mistero più grande di noi  e che al termine della loro vita terrena sono entrati nella Gloria del Padre.

Nella vita cristiana che è un cammino di santità tutto può essere Gloria; in una esistenza vissuta per gli altri, lì c’é la gloria di Dio. In  una persona che con fatica vive i suoi giorni sempre guardando all’orizzonte dell’eternità, lì c’è la Gloria di Dio. In chi è misericordioso e perdona, c’è la Gloria di Dio.

La festa di tutti i santi. Origini e significato | San Francesco - Rivista  della Basilica di San Francesco di Assisi

“E’ bello”, dirà  Pietro a Gesù quando per un istante svelerà il compimento della Gloria, il nostro destino di santità. E’ bello, aveva detto Dio mentre la donna e l’uomo uscivano dalle sue mani plasmati di fango e di Spirito Santo. C’è una bellezza che ti appartiene quando sei all’inizio, e sei un bambino innocente e c’è una bellezza più sporca ma più vera quando sei adulto, e malgrado tutto quanto la vita ti abbia fatto fare non è riuscita a cancellare quella bellezza primitiva che ti appartiene in quanto Adamo di Dio. Per questo possiamo andare nel mondo senza paura e liberi da ogni condizionamento.

Noi crediamo che quel Dio che ha creato l’universo, che ha dato la bellezza ai fiori, che ha dato le stelle al cielo, e il cielo alle stelle, e che ha dato la vita anche a noi, questa vita già la custodisce per sempre con sé. Dice la Liturgia: “ai tuoi fedeli Signore la vita non è tolta ma trasformata”. Gesù Cristo è colui nel quale si è compiuto il mistero del morire e del vivere. La resurrezione è la Buona Notizia di Gesù Cristo.

Però questa Buona Notizia dobbiamo viverla e saperla gustare ogni giorno, come il pane quotidiano, perché Gesù ha fatto così e questo ci ha raccomandato. Quando Lui dava la vista ai ciechi era già resurrezione, quando dava il pane agli affamati era già resurrezione. Quando di fronte a Pilato diceva: “Tu non hai nessun potere se non ti fosse dato dall’alto” spezzava le catene dell’impero romano e di ogni impero, ed era già resurrezione. Gesù prima ancora di vivere in se stesso il dono della vita da parte del Padre, ha liberato da tante morti quotidiane.

Noi cristiani dobbiamo ringraziare la filosofia che riflette sul mistero della vita e la scienza che tenta di rendere il vivere e il morire più dignitosi, ma non possiamo rassegnarci ad accettare nessun sepolcro.

Noi crediamo che la morte non sia un evento naturale, ma l’evento di una natura corrotta dal mistero del male e del peccato; noi crediamo che la gioia, la felicità, la vita sono un evento naturale. Noi siamo fatti per la vita, questa è la nostra natura. Gesù Cristo “vero uomo” significa non soltanto il grande dono della Incarnazione nella notte di Natale, ma vuole dire anche “uomo vero”, l’uomo come Dio lo aveva pensato e creato, cioè immortale.

Nel mistero della nostra Redenzione abbiamo il Sangue e le lacrime: il Sangue del Figlio, le lacrime della Madre. Pensate, che cosa straordinaria, un luogo, il Calvario ai piedi della Croce, dove il Sangue e le lacrime si incontrano.

Gesù, sulla strada di Naim, si è fermato davanti alla bara del figlio unico, per le lacrime di quella povera madre. Il pianto di Marta e di Maria lo commuovono al pianto prima ancora che al miracolo. Ogni volta che una mamma piange, dove qualcuno piange per amore, lì ci sono il sangue e le lacrime di Gesù e di Maria.

Il Risorto non si è fermato al pianto ma ci invita ad andare oltre: “Donna perché piangi, chi cerchi?” (Gv 20,15 ) Ognuno di noi deve recuperare la fede che è in quel “chi cerchi?” tante volte espresso nella Scrittura. Non dobbiamo mai smettere di cercare; cercare insieme e non tra i morti ma tra i viventi come ci insegna il Risorto.

Gesù Cristo è venuto per ridarci la vita per sempre, nell’attesa di poterLo un giorno incontrare: “Sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10 )


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Una antica storia di amicizia tra Cina e Italia

Abbiamo partecipato pochi giorni fa sabato 22 Ottobre ad una serata per ricordare i 52 anni delle relazioni tra Italia e Cina; a questa lunga storia di amicizia hanno contribuito anche tanti cattolici italiani tra i quali spiccano per importanza Matteo Ricci e il Beato Padre Gabriele Allegra che si sono distinti non solo come annunciatori del vangelo ma al contempo come tessitori di relazioni autentiche e durature che ancora oggi portano molto frutto. Di seguito il nostro intervento

Buonasera, è con grande gioia e un sentimento di gratitudine per questo invito che rivolgo un breve indirizzo di saluto e una semplice condivisione con tutti Voi, Fratelli e Sorelle cinesi e Amiche e Amici della Cina!

Come molti di Voi sanno, la storia dei rapporti tra Italia e Cina è antica e ricca di scambi prima di tutto culturali e spirituali, oltre che economici e commerciali. Come sacerdote che ha da tempo a cuore la Cina, mi fa molto piacere che nella tessitura e nel consolidamento di questi rapporti tante figure di religiosi e missionari cattolici italiani abbiano avuto un ruolo di primo piano, riconosciuto e apprezzato ancora oggi anche dal Popolo Cinese.

Una pietra miliare del rapporto di amicizia tra noi e la Cina – non perché l’unica, ma perché tra le più conosciute anche tra i non specialisti e sinologi – è stata certamente la figura del gesuita Matteo Ricci. Giunto in Cina nel 1583 con il confratello Michele Ruggeri, fonda la prima stazione missionaria nel Paese e nel 1601 ottiene il permesso dall’Imperatore di fermarsi a Pechino.

Passando attraverso una conoscenza approfondita della lingua e della cultura cinese, Matteo Ricci  è stato – potremmo dire – innanzitutto un grande amico del Popolo cinese, prima ancora che annunciatore del Vangelo. Ne volle capire il pensiero e la spiritualità e abbracciare usi e tradizioni antichissimi, nella speranza di “entrare” meglio, vivere meglio in mezzo a questo Popolo, forse nella speranza anche di essere così più benevolmente accolto e compreso. Approfondendo sempre di più la conoscenza della cultura cinese, contribuì a uno scambio di conoscenze sul piano scientifico, culturale, filosofico e religioso con la Cina del tempo. Un atteggiamento di grande rispetto, apertura, dialogo e amore verso la Cultura cinese. Da questa profonda amicizia, Matteo Ricci ha desiderato donare al Popolo cinese quello che di più caro un cristiano può avere: Gesù Cristo, Salvatore del Mondo.

Così scriveva San Giovanni Paolo II, di cui proprio oggi ricorre la festa liturgica (citazione): “Vero umanista, dotato di cultura filosofica, teologica ed artistica e, al tempo stesso, provvisto di un notevole corredo di cognizioni matematiche, astronomiche, geografiche e di applicazioni tecniche tra le più avanzate dell’epoca, padre Ricci riuscì ad acquisire, con un impegno tenace, umile e rispettoso, la cultura classica cinese in un modo così vasto e profondo da fare di lui un vero “ponte” tra le due civiltà, europea e cinese. Frutti importanti in questa opera di mediazione culturale restano: i numerosi scritti in lingua cinese, portati a termine con l’aiuto intelligente e indispensabile dei suoi discepoli (soprattutto di Xu Guangqi e di Li Zhizao); il contributo di lui (e quello dei suoi collaboratori cinesi) all’introduzione e alla modernizzazione della scienza e della tecnica in Cina; le opere e le lettere scritte in lingua italiana sui vari aspetti della cultura cinese.”(fine citazione, dal DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO DI STUDI NEL IV CENTENARIO DELL’ARRIVO DI MATTEO RICCI 25 ottobre 1982)

Papa Francesco vuole bene alla Cina; così scrive nel Messaggio ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale, nel 2018 :” ho sempre guardato alla Cina come a una terra ricca di grandi opportunità e al Popolo cinese come artefice e custode di un inestimabile patrimonio di cultura e di saggezza, che si è raffinato resistendo alle avversità e integrando le diversità, e che, non a caso, fin dai tempi antichi è entrato in contatto con il messaggio cristiano. […].  È anche mia convinzione che l’incontro possa essere autentico e fecondo solo se avviene attraverso la pratica del dialogo, che significa conoscersi, rispettarsi e “camminare insieme” per costruire un futuro comune di più alta armonia”.

Come non ricordare a questo proposito  la figura, appena citata, di Xu Guangqi, figura di funzionario, educatore, agronomo, tanto caro a Matteo Ricci? Una storia di una bella amicizia tra oriente ed occidente. Significativo che Ricci e Xu non trascorsero molti anni insieme, solo tre anni circa. Mi ricorda il tempo trascorso da Gesù con i Suoi Discepoli – più o meno equivalente – ma che ha cambiato il corso della storia, la vita di tanti uomini e donne, del passato e del presente. Perché, quando i rapporti si fondano su valori profondi e universali, il tempo quasi non ha importanza. Quello che conta, che fa veramente la differenza, sono le radici, gli obiettivi e le prospettive su cui la relazione si fonda.

In questa storia basata sull’amicizia, mi piace anche ricordare la figura di rilievo di un altro religioso italiano, il Beato Gabriele Maria Allegra, frate francescano originario della Sicilia. Nato nel 1907, fu inviato missionario in Cina, dove arrivò nel 1931. Per più di 30 anni si dedicò anima e corpo alla traduzione completa della Bibbia in lingua cinese dai testi originali (ebraico e greco), che a quel tempo la Chiesa Cattolica in Cina ancora non possedeva. Con questo suo sacrificio di una vita voleva infatti “dare Cristo alla Cina e la Cina a Cristo”. Intuendo l’importanza del contributo cinese in questo arduo ma straordinario compito, fondò lo Studium Biblicum Franciscanum. Attraverso di esso, con l’aiuto di un gruppo di frati cinesi, completò la traduzione della Bibbia, che fu pubblicata nel 1968 ed è tutt’oggi la più usata e apprezzata tra i cattolici cinesi. E’ stato beatificato nel 2012 da Papa Benedetto XVI ed è per me fonte di quotidiana consolazione custodire nella mia parrocchia qui a Roma, dedicata a Santa Maria ai Monti, vicinissima alla Rettoria cinese di Via Panisperna, le Reliquie del Beato, sempre esposte alla venerazione dei Fedeli.

Proprio usando la traduzione del Beato Allegra, ho avuto la gioia di sostenere insieme all’Associazione Piccola Famiglia di Rimini, un piccolo progetto di distribuzione gratuita in Italia, per la Comunità Cinese, di 10.000 copie della prima versione cinese-italiano del Nuovo Testamento e dei Salmi, che siete benvenuti a ritirare nella mia parrocchia qualora desideriate riceverla. Mi fa anche piacere ricordare che nell’Ottobre 2018, in occasione del 50mo anniversario della pubblicazione della Bibbia del Beato Allegra, la Chiesa Cinese ha svolto a Pechino un Forum ecclesiale che ha visto la partecipazione di vescovi, sacerdoti, religiose e laici, che hanno condiviso esperienze e studi sulla traduzione, l’educazione, la spiritualità, l’evangelizzazione e la pastorale biblica. Solo qualche settimana prima, due dei vescovi che vi hanno preso parte – Mons. Giovanni Battista Yang Xiaoting, vescovo di Yan’An (Shaanxi) e Mons. Giuseppe Guo Jincai, vescovo di Chengde (Hebei) – avevano concelebrato la Messa domenicale nella mia parrocchia essendo venuti a Roma per partecipare al Sinodo sui Giovani indetto da Papa Francesco. Un’immensa gioia per la nostra comunità averli in mezzo a noi e bello per me concludere ripetendo qui, a Voi, Le parole dell’Omelia di Mons Yang, che vanno ben al di là dell’amicizia profonda che ci unisce: “Siamo una famiglia”.

Grazie.

Monsignor Francesco Pesce


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Uno sguardo “largo e lontano”

Ricordiamo con gratitudine il card. Loris Capovilla, segretario di San Giovanni XXIII. Ha sempre mantenuto uno sguardo ampio e lungimirante sulla Chiesa una visione spirituale, conciliare e profetica. 

Monsignor Loris Capovilla, storico segretario di papa Giovanni XXIII, ha vissuto più di cento anni, tutti spesi a servizio del Vangelo e della Chiesa. Alla scuola di papa Giovanni ha potuto apprendere la bellezza della Chiesa universale ed è stato per il papa buono il primo e più fidato collaboratore.

CAPOVILLA Card. Loris Francesco

Scriveva Roncalli Patriarca di Venezia al sostituto Montini: “il papa desidera a Roma il tal sacerdote; concederlo è un grave sacrificio per Venezia, ma io cedo, perché nella Chiesa “bisogna vedere largo e lontano”. Non c’è dubbio alcuno che Monsignor Capovilla, in tutta la sua vita ha aiutato papa Giovanni XXIII  a portare la Chiesa fuori dalle secche della storia, sostenendolo per farla navigare fino ai confini della terra, sorreggendolo in quella grande avventura dello Spirito che è stato il Concilio.

Don Loris – come desiderava farsi chiamare  – ha testimoniato nella sua lunga vita che la Parola di Dio è una  Parola d’amore che Dio pronuncia su di noi, sul mondo, sulla storia e che carezza come un vento leggero la nostra vita, spesso così  difficile in tante giornate. Ha testimoniato che la Parola di Dio è una Parola efficace che  opera ciò per cui era stata mandata. Ha testimoniato che la Parola di Dio  porta in sé il gemito di ogni carne e dell’intera in cammino verso la pienezza, di Dio.

«Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui» (At 12,5). In modo particolare Monsignor Capovilla ci ha testimoniato che una Chiesa in preghiera per Pietro è una Chiesa in cammino verso il Risorto. Papa Giovanni ha dovuto sperimentare, proprio perché era un profeta, anche la “prigionia” la sofferenza della incomprensione e anche della derisione dei profeti di sventura. Monsignor Capovilla gli è sempre stato accanto con discrezione e determinazione, attento di nulla lasciar cadere del suo illuminato magistero.

Il Signore  aveva messo  accanto a papa Giovanni un angelo. Pensiamo e preghiamo con memoria grata per questo uomo di Dio che è stato Capovilla, riconoscenti per come ci ha trasmesso la fede con la sua testimonianza.

Se non fosse stato lui, quella sera quando si aprì il concilio, a convincere con la sua intelligenza e bonomia, il papa – dopo un lunga e faticosa giornata – ad  affacciarsi ancora una volta alla finestra, i bambini, i malati, gli anziani, il mondo intero oggi mancherebbero di una carezza. Una carezza che ha cambiato la storia.


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Con “umile risolutezza di proposito”: Papa Giovanni annuncia il Concilio

Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959 ai cardinali, riuniti nella sala capitolare del monastero benedettino di S. Paolo a Roma, annunziò la sua decisione di celebrare un Concilio Ecumenico, oltre che un Sinodo per la diocesi di Roma, e l’aggiornamento del codice di diritto canonico.

“Venerabili Fratelli e Diletti Figli Nostri! Pronunciamo innanzi a voi, certo tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito, il nome e la proposta della duplice celebrazione: di un Sinodo Diocesano per l’Urbe, e di un Concilio Ecumenico per la Chiesa universale.[] Gradiremo da parte di ciascuno dei presenti e dei lontani una parola intima e confidente che Ci assicuri circa le disposizioni dei singoli e Ci offra amabilmente tutti quei suggerimenti circa la attuazione di questo triplice disegno.”( Allocuzione del Santo Padre Giovanni XXIII Sala capitolare del Monastero di San Paolo Domenica, 25 gennaio 1959)

Oggi è San Giovanni XXIII Papa 57 anni fa il «discorso della luna» -  Cronaca, Bergamo

Il successore di Pietro si mise con tutte le forze fisiche e spirituali a servizio del vangelo e della Chiesa. La Chiesa universale si preparava a splendere di nuova bellezza. Papa Giovanni XXIII ha guidato la Chiesa fuori dalle secche della storia, per farla navigare fino ai confini della terra, sorreggendola in quella grande avventura dello Spirito che è stato il Concilio.

La Chiesa del concilio, guidato e sapientemente portato a termine da Paolo VI ha testimoniato negli anni del suo svolgimento che la Parola di Dio è una Parola d’amore che Dio pronuncia su di noi, sul mondo, sulla storia e che carezza come un vento leggero la nostra vita, spesso così difficile in tante giornate. Ha testimoniato che la Parola di Dio è una Parola efficace che opera ciò per cui era stata mandata. Ha testimoniato che la Parola di Dio porta in sé il gemito di ogni carne e dell’intera umanità in cammino verso la pienezza, di Dio. Paolo VI santo: pastore, uomo del dialogo - RomaSette

«Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui» (At 12,5). Il concilio ci ha anche testimoniato che una Chiesa in preghiera per Pietro è una Chiesa in cammino verso il Risorto; papa Giovanni ha dovuto sperimentare, proprio perché era un profeta, anche la “prigionia” la sofferenza della incomprensione e anche della derisione, da parte dei profeti di sventura. Moltissimi però, in particolare il compianto Monsignor Capovilla gli sono sempre stati accanto con discrezione e determinazione, attenti di nulla lasciar cadere del suo illuminato magistero.

Se non fosse stato Monsignor Capovilla, quella sera quando si aprì il concilio, a convincere con la sua intelligenza e bonomia, il papa, dopo un lunga e faticosa giornata ad affacciarsi ancora una volta alla finestra, i bambini, i malati, gli anziani, il mondo intero oggi mancherebbero di una carezza. Una carezza che ha cambiato la storia.

Oggi con papa Francesco, come allora con papa Giovanni è posto alla nostra attenzione il mistero della maternità della Chiesa. Al Laterano, nel Battistero la più antica chiesa occidentale del Battesimo, esiste un’iscrizione del V secolo d.C.,che dice: “La Chiesa genera in modo verginale da queste acque, figli dopo averli concepiti come embrione tramite il soffio divino”. Come Maria aveva generato, per il soffio dello Spirito, il Figlio di Dio fatto uomo, così nel Battesimo la Chiesa genera dalle acque i figli di Dio, per la potenza dello stesso Spirito. Il concilio vaticano II ha saputo, guidato dallo Spirito generare nuovi figli, ha liberato la chiesa da qualche mantello di troppo, e ha reso più facile il rapporto tra Dio e gli uomini, non più schiavi della legge, ma figli amati del Padre.

Ricordiamo nella preghiera i volti e i nomi di tutti coloro che durante il concilio hanno fatto crescere il germe seminato della Spirito, ci hanno aiutato a cogliere la bellezza di Cristo e del suo vangelo. Noi siamo figli, come credenti, di tutte queste persone. La nostra fede, pur rimanendo un risposta personale, è figlia del concilio.

L’apostolo Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi ci avverte di stare bene attenti a come edifichiamo la chiesa: “ognuno stia attento a come costruisce!”. Accogliamo questa esortazione di Paolo come uno stimolo a non disperdere la grande eredità della intuizione giovannea. Siamo ognuno di noi la chiesa di Dio. Ma tutto questo esige attenzione e responsabilità, perché il dono può essere sciupato da chi lo ha ricevuto.

Non possiamo avere altra pietra di fondazione che non sia il Signore Gesù; non possiamo che versare vino nuovo in otri nuovi. Restaurazioni, liturgie di costantiniana memoria, sono fuori dalla storia e lontani dal vangelo.