"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)
Come ogni anno, a gennaio (18-25), le varie chiese che si riferiscono a Gesù Cristo, tentano di dialogare per conoscere meglio il cammino da percorrere per ritrovarsi fratelli nel confessare la fede che nei vari secoli passati si è pensato bene di rompere, sia per motivi dottrinali, sia per fattori storici. Con conseguenze drammatiche che hanno influito sulla divisione di intere nazioni, specie in Europa.
Tutti dovrebbero leggere, almeno tra i cattolici, il documento del Concilio Vaticano II scritto proprio sul tema della comunione nella fede tra le diverse famiglie sorte dagli scismi. Dubito molto che tra che le nuove generazioni, sia pure interessate, tale documento “Unitatis Redintegratio”, sia mai stato preso in considerazione. Sarebbe tempo di farlo ora!
Per conoscersi, sarebbe utile leggere gli scritti dei Padri delle Chiese Orientali, gli Ortodossi: che cosa ci divide da questi Padri, carichi di santità, di sapienza biblica, grandi apostoli dei popoli dell’ 0riente ? E gli scritti di Lutero e dei Riformatori ? Dov’è oggi la difficoltà a leggere le Scritture, a interpretarle assieme, a leggere i doni dei Sacramenti? Cosa significa difendere la dottrina che è rimasta astratta, aliena dalla ricchezza della fede popolare?
“Credere” non vuol dire forse confessare Gesù Cristo, che Gesù nella risurrezione è il Signore ? Non è forse questo il cuore del nostro Credo? Che cosa mai ci divide? Il riconoscimento dell’autorità del Papa? Non ha forse detto papa Francesco, che l’autorità di Roma sta nella carità? Non era già stato detto da S. Ignazio di Antiochia all’inizio del II secolo? Forse alla radice della disunione rimane una grossa pigrizia spirituale (assenza dello Spirito) che affonda le origini nel potere delle varie Chiese.
Ecumenismo significa semplicemente Gesù Cristo. L’uomo moderno che continua ad abbandonare le Chiese, vuole che Cristo sia la sorgente della speranza umana, che sia una verità che si traduce nella carità e nell’amore ai deboli e agli ultimi. Esige che la fede nella vita eterna sia ora qui manifestata dalla speranza, dalla riscoperta della bellezza della creazione e che l’incarnazione sia annunciata come il fine ultimo di un Dio, che nel su Verbo, compie il senso di tutto il cosmo conosciuto nella scienza e bisognoso di compimento. L’al di là, che noi annunciamo, serve per dare oggi la felicità che Gesù ha descritto con tanta potenza nelle Beatitudini (Mt 5).
“Cercate di essere veramente giusti”: è questo il versetto del Deuteronomio che fa da filo conduttore quest’anno alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si svolge tradizionalmente dal 18 al 25 gennaio. Un periodo che comprende, secondo il calendario liturgico, la festa della Cattedra di San Pietro e quella della Conversione di San Paolo. A nessuno sfugge la forza simbolica di questo riferimento agli apostoli: Pietro che per primo ha confessato la fede, Paolo che ha portato la fede ai confini del mondo.
L’iniziativa di celebrare una settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è nata in ambito protestante nel 1908, secondo una scelta operata dal Reverendo Paul Wattson, pastore anglicano diventato cattolico. Il tema di quest’anno è una raccomandazione di Dio al suo popolo, che sta per entrare nella terra promessa. Il Signore chiede ai suoi figli che possano risplendere tra gli abitanti delle città in cui vivranno e lavoreranno, come segno della presenza e della misericordia di Dio nel mondo. La gioia è il sentimento che caratterizzerà il popolo di Dio, un sentimento generato dalla consapevolezza che il Signore provvede, accompagna e benedice ogni azione ed ogni opera dei suoi figli.
Ad aprire le celebrazioni sarà Papa Francesco, che presiederà i vespri nella basilica di San Paolo fuori le Mura venerdì 18 alle ore 17.30. Nella parrocchia Santa Maria ai Monti, giovedì 24 gennaio alle ore 17, il parroco Don Francesco con Padre Giovanni della comunità ortodossa georgiana celebreranno insieme la liturgia dei Vespri.
Quest’anno la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è stata preparata dai cristiani dell’Indonesia. Grande Paese del Sud-est asiatico, con un vasto territorio e numerosissime isole, è anche la nazione che conta la più ampia maggioranza musulmana al mondo. Per animare la liturgia in questa settimana, alcuni testi biblici e di carattere teologico-pastorale sono stati scelti e preparati congiuntamente dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese. Ogni giorno avrà un tema specifico, partendo da un passo della Scrittura, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento.
Papa Francesco sente molto la responsabilità e la necessità della riconciliazione tra i cristiani. In questo senso, in ogni suo viaggio apostolico, non manca di visitare le chiese sorelle e incontrare rappresentanti delle altre confessioni cristiane.
In particolare ricordiamo due iniziative ecumeniche importanti che si sono svolte nel 2016, fortemente volute da Francesco. Il viaggio a Lund, in Svezia, per commemorare, insieme alla Federazione luterana mondiale, i 500 anni della Riforma protestante. Il Papa ha tenuto l’omelia durante la preghiera ecumenica comune, poi insieme al Vescovo Munib Yunan, Presidente della Federazione Luterana Mondiale hanno firmato una Dichiarazione congiunta.
Altro momento memorabile è stato lo storico incontro e l’abbraccio tra Francesco e Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia link al nostro blog. Anche in questo caso è stata firmata una dichiarazione e poi il Pontefice e il Patriarca hanno tenuto un breve discorso.
Apprestiamoci a vivere e ad affidare questa importante Settimana e l’intero cammino ecumenico a Pietro, un uomo debole, che ha tradito il Signore nel momento più importante, ma la cui sincerità e amore verso il Signore gli hanno meritato dal Risorto stesso di confermare i suoi fratelli nella fede. Affidiamoci anche a Paolo, un violento persecutore dei cristiani nel suo passato, che è riuscito a sperimentare la forza della tenerezza di Cristo e ad annunciare la Sua parola ai lontani.
Ieri da Piazza San Pietro con la Benedizione dell’Incaricato per la Pastorale sociale della diocesi di Roma, è partito il Pellegrinaggio organizzato da FOCSIV, GCCM – Global Climate Catholic Movement e The Climate Pilgrimage per chiedere ai partecipanti di COP 24 di ridurre il riscaldamento globale
Protagonista di questo Cammino per il Clima è Yeb Saňo, ex delegato della Repubblica delle Filippine per le conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, e responsabile Greenpeace Sudest Asiatico.
Afferma Yeb : “I pellegrini, ispirati dall’Enciclica Laudato Si’, sono i portavoce del messaggio delle comunità locali, incontrate lungo il percorso, e rivolto ai leader mondiali affinché onorino gli impegni presi a Parigi tre anni fa. La Conferenza ONU di Katowice, questo dicembre, potrebbe rivelarsi una pietra miliare cruciale nel percorso tracciato dall’Accordo del 2015.[…] Soprattutto, vogliamo che le persone vedano la crisi climatica come una crisi dello spirito che investe tutta l’umanità e come una questione di giustizia per l’intero Pianeta. Una crisi che richiederà un risveglio spirituale globale”.
Il pellegrinaggio che è partito ieri si pone in ideale continuità con l’ incontro di preghiera ecumenico per il creato, che si è svolto ad Assisi, il 31 agosto, in occasione della Giornata mondiale di preghiera per il creato.
In una conferenza stampa organizzata presso la sede della Radio Vaticana è stato presentato anche il Manifesto per il Clima
Nella Settimana di Preghiera per l’Unita’ dei Cristiani, la Scrittura ci aiuta a riflettere sui pericoli della divisione, che già San Paolo si trovò ad affrontare duramente.
Nella Prima Lettera ai Corinzi, infatti, Paolo ci racconta che i cristiani già litigavano fra loro, non circa la scelta tra bene e male ma su ben altre cose: “Io sono di Paolo, io invece sono di Apollo, io invece di Cefa. E io di Cristo!” (I Cor 1,12).
In fondo due sono i principali motivi che rompono l’unità nella Chiesa e creano divisioni, contrapposizioni, clericalismi.
Primo motivo che causa divisioni: i primi cristiani già miravano ad identificarsi con una autorità! Paolo respinge subito il gruppo sorto intorno al suo nome, e richiama con forza la centralità di Cristo. Non può esistere una Chiesa che non sia di Cristo. Il rapporto tra autorità e coscienza non può mai risolversi in nessuna dipendenza; quando l’autonomia della coscienza viene limitata e diviene dipendente dalla autorità, sorgono grandi problemi. Nascono i fanatismi religiosi, e ideologici, non meno gravi dei primi.
Fra quelli che si dicono cristiani, la storia così ha parlato: io sono di Pietro, io sono di Lutero, io sono di Calvino. Gesù è venuto a liberarci da ogni dipendenza umana, ma noi le abbiamo ristabilite. Il compito delle autorità è di essere ministri, servitori delle coscienze, non di sostituirsi ad esse, come ricorda spesso papa Francesco.
Il secondo motivo che causa divisioni lo troviamo al v. 17 della Prima lettera ai Corinzi al capitolo 1, dove Paolo dice: «Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo». Solo la parola dà senso al rito che da solo diventa ritualismo sterile. Il significato, il ruolo, la traduzione, l’inculturazione della Parola di Dio sono stati incredibilmente e gravemente causa di tante divisioni e di tanto sangue.
E’ la parola che dà al povero la dignità. Sinagoghe, e chiese sono al servizio delle nostre povertà, non padroni:“tu non avresti alcun potere se non ti fosse stato dato dall’alto” rispose Gesù a Pilato.
E’ la parola che dà all’adultera la misericordia: «va’ e non peccare più»; con quella Parola cadono tutte le sinagoghe, tutta la legge… Oltre un certo limite nessuna sinagoga, nessuna chiesa, nessuna legge conta. Conta l’uomo santuario vivente che risponde a Dio.
Per questo Gesù sceglie di salire in Galilea, lontano dalle autorità per realizzare la promessa di liberazione di ogni uomo. Crea intorno a sé una comunità di semplici pescatori, per pescare gli uomini:” Gesù disse loro, venite dietro a me”.
Ci tira fuori dall’acqua, simbolo biblico del male e della morte, per salvarci, per darci vita. Per la prima volta in Matteo appare il termine ‘vangelo’ che significa ‘buona notizia’. La buona notizia è quella del Regno dove Gesù guarisce :” ogni sorta di malattie e infermità nel popolo”.
Anche noi se non: “rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano”(Amoris Laetitia) non possiamo capire il “dramma” del Kerigma; il Kerigma non è dottrina ma dramma. Credo che annunciare il vangelo senza coinvolgimento personale, sia una illusione, non solo inutile ma controproducente. Senza l’odore delle pecore, il Pastore non è più pastore e diventa lupo, odora solo di incenso e inchiostro, non ha più l’abito sporco del pastore ma mantelli di costantiniana memoria, e le pecore fuggiranno via da Lui.
“Pope of peace in Egypt of peace”. E’ il motto scelto per il viaggio che inizia di Papa Francesco in Egitto. Papa Francesco sta per atterrare all’aeroporto internazionale de Il Cairo. E’ il suo diciottesimo viaggio internazionale dove il dialogo interreligioso, e la pace saranno i temi portanti.Dopo la visita di cortesia al presidente della Repubblica, Abdal Fattah Al-Sisi, andrà ad Al-Azhar, la maggiore università dell’Islam sunnita, e incontrera’ il grande imam Ahmad Al-Tayyeb, partecipando alla Conferenza internazionale sulla Pace dove terra’ un attesissimo discorso. Subito dopo il Santo Padre incontrera’ le autorità egiziane, e poi fara’ visita al Patriarcato copto-ortodosso incontrando il patriarca Tawadros II. Con il patriarca il Papa preghera’ nella vicina chiesa di San Pietro, luogo del recente attentato rivendicato dall’Isis.
Colpisce di questo viaggio,l’attesa gioiosa e piena di speranza che si registra in tutti gli ambiti religiosi e civili egiziani. Dai mussulmani ai copti ortodossi e cattolici, fino agli apparati governativi e alla gente comune, Papa Francesco e’ riconosciuto come uomo di pace e grande autorità morale e spirituale.
Nella Settimana di Preghiera per l’Unita’ dei Cristiani, la liturgia domenicale ci propone una riflessione sul rischio della divisione all’interno della Chiesa, che già San Paolo si trovò ad affrontare piuttosto aspramente.
Nella Prima Lettera ai Corinzi, infatti, Paolo ci racconta che i cristiani che già litigavano fra loro non circa la scelta tra bene e male ma su ben altre cose: “Io sono di Paolo, io invece sono di Apollo, io invece di Cefa. E io di Cristo!” (I Cor 1,12).
In fondo due sono i principali motivi che rompono l’unità nella Chiesa e creano divisioni, contrapposizioni, clericalismi.
Primo motivo che causa divisioni: i primi cristiani già miravano ad identificarsi con una autorità! Paolo respinge subito il gruppo sorto intorno al suo nome, e richiama con forza la centralità di Cristo. Non può esistere una Chiesa che non sia di Cristo. Il rapporto tra autorità e coscienza non può mai risolversi in nessuna dipendenza; quando l’autonomia della coscienza viene limitata e diviene dipendente dalla autorità, sorgono grandi problemi. Nascono i fanatismi religiosi, e ideologici, non meno gravi dei primi.
Fra quelli che si dicono cristiani, la storia così ha parlato: io sono di Pietro, io sono di Lutero, io sono di Calvino. Gesù è venuto a liberarci da ogni dipendenza umana, ma noi le abbiamo ristabilite. Il compito delle autorità è di essere ministri, servitori delle coscienze, non di sostituirsi ad esse, come ricorda spesso papa Francesco.
Il secondo motivo che causa divisioni lo troviamo al v. 17 della Prima lettera ai Corinzi al capitolo 1, dove Paolo dice: «Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo». Solo la parola dà senso al rito che da solo diventa ritualismo sterile. Il significato, il ruolo, la traduzione, l’inculturazione della Parola di Dio sono stati incredibilmente e gravemente causa di tante divisioni e di tanto sangue.
E’ la parola che dà al povero la dignità. Sinagoghe, e chiese sono al servizio delle nostre povertà, non padroni:“tu non avresti alcun potere se non ti fosse stato dato dall’alto” rispose Gesù a Pilato.
E’ la parola che dà all’adultera la misericordia: «va’ e non peccare più»; con quella Parola cadono tutte le sinagoghe, tutta la legge… Oltre un certo limite nessuna sinagoga, nessuna chiesa, nessuna legge conta. Conta l’uomo santuario vivente che risponde a Dio.
Per questo Gesù sceglie di salire in Galilea, lontano dalle autorità per realizzare la promessa di liberazione di ogni uomo. Crea intorno a sé una comunità di semplici pescatori, per pescare gli uomini:” Gesù disse loro, venite dietro a me”.
Ci tira fuori dall’acqua, simbolo biblico del male e della morte, per salvarci, per darci vita. Per la prima volta in Matteo appare il termine ‘vangelo’ che significa ‘buona notizia’. La buona notizia è quella del Regno dove Gesù guarisce :” ogni sorta di malattie e infermità nel popolo”.
Anche noi se non: “rinunciamo a cercare quei ripari personali o comunitari che ci permettono di mantenerci a distanza dal nodo del dramma umano”(Amoris Laetitia) non possiamo capire il “dramma” del Kerigma; il Kerigma non è dottrina ma dramma. Credo che annunciare il vangelo senza coinvolgimento personale, sia una illusione, non solo inutile ma controproducente. Senza l’odore delle pecore, il Pastore non è più pastore e diventa lupo, odora solo di incenso e inchiostro, non ha più l’abito sporco del pastore ma mantelli di costantiniana memoria, e le pecore fuggiranno via da Lui.
Questo anno sono 500 anni della Riforma luterana. Papa Francesco a fine Ottobre è stato a Lund, in Svezia, per commemorare, insieme alla Federazione luterana mondiale, per questo importante anniversario. In un’intervista rilasciata al gesuita svedese UlfJonsson, e pubblicata dalla Civiltà cattolica, papa Francesco mette in rilievo gli aspetti positivi della Riforma, sottolineando in particolare due parole. “Scrittura”,perché Lutero, per primo ha tradotto la Bibbia in lingua vernacolare e dice il papa “ha fatto un grande passo per mettere la Parola di Dio nelle mani del popolo”. L’altra parola è “riforma”:“All’inizio quello di Lutero era un gesto di riforma in un momento difficile per la Chiesa”, dice ancora il papa. L’ecumenismo sottolinea il vescovo di Roma deve essere un continuo“andare, camminare insieme! Non restare chiusi in prospettive rigide, perché in queste non c’è possibilità di riforma”.
La Commissione luterano-cattolica sull’unità ha computo in questi anni un lavoro eccellente per arrivare insieme a questa commemorazione. Il suo rapporto intitolato, “ Dal conflitto alla comunione” dichiara che “entrambe le tradizioni si accostano a questo anniversario in un’epoca ecumenica, con i risultati di cinquant’anni di dialogo al loro attivo, e con una rinnovata comprensione della loro storia e della loro teologia”.
Separando gli aspetti controversi, dai progressi teologici della Riforma, i cattolici raccolgono gli stimoli di Lutero per la Chiesa di oggi, riconoscendolo un “testimone del vangelo” (Dal conflitto alla comunione n. 29). Per questo dopo tanti secoli di contrapposizioni anche sanguinarie, oggi nel 2017 per la prima volta nella storia i cristiani luterani e cattolici commemoreranno insieme l’inizio della Riforma.
Anche con i fratelli ortodossi il cammino sta vivendo una primavera della storia. In questo nuovo clima e con questi concreti passi si vive il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani scelto per quest’anno: “L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione” (cfr. 2 Cor 5, 14-20). Questo versetto sintetizza il testo della seconda lettera ai Corinzi, riferimento scelto per la preghiera comune. Hanno riflettuto e pregato insieme su questi versetti, per preparare questi giorni in particolare e l’intero anno di preghiera comune, il Pontifício Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e la Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese.
I giorni consueti per vivere la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, sono tradizionalmente dal 18 al 25 gennaio, settimana scelta e voluta fin dal 1908 dal Reverendo Paul Wattson, perché comprendeva la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo. A nessuno sfugge la forza simbolica di questo riferimento agli apostoli. Pietro che per primo ha confessato la fede, Paolo che ha portato la fede ai confini del mondo.
Affidiamo questa importante settimana e l’intero cammino ecumenico a Pietro; è stato un uomo debole, che ha tradito il Signore nel momento più importante, ma la sincerità, la profondità, la totale gratuità del suo amore gli hanno meritato dal Risorto stesso di confermare i suoi fratelli e sorelle nella fede.
Affidiamoci anche a Paolo; è stato un violento persecutore dei cristiani nel suo passato, ma ha sperimentato la forza della tenerezza di Cristo sentendosi amato da Lui fin dal seno materno.
Amare e sentirsi amati, è la scelta ecumenica fondamentale che supera ogni debolezza e relativizza ogni ferita della storia, in un cammino verso la piena unità che ha sicuramente più futuro che passato.
Gli otto giorni
Il testo 2 Corinzi 5, 14-20, scandisce la preghiera degli otto giorni, che sviluppa alcuni degli spunti teologici dei singoli versetti, come segue:
Primo Giorno:
Uno morì per tutti
Secondo Giorno:
Vivere non più per se stessi
Terzo Giorno:
Non considerare più nessuno con i criteri di questo mondo
Sul Calvario davanti alla Croce è bene non parlare, non gridare, ma bisogna solo contemplare. Contempliamo la Croce come sintesi di tutti quelli che danno la vita per amore. Contempliamo anche questo Anno Santo che si chiude a partire dalla Croce; contempliamolo, non dai numeri, dai grandi eventi ma solo dal mistero della croce. Vorrei anche dire contempliamo anche Evangelii Gaudium, Laudato Sì, Amoris Laetitia , i tre grandi documenti di papa Francesco da qui, da un papa che proprio come Gesù vuole dare la vita per l’umanità che ama, e dice alla Chiesa anche tu fai così, lo dice ad ognuno di noi. Aspettiamo con gioia la Lettera Apostolica di Papa Francesco “Misericordia et Misera” che lunedì sarà pubblicata per ascoltare la parola conclusiva del vescovo di Roma sull’Anno Santo della Misericordia.
Intanto contempliamo la croce. ”Ecco l’uomo”. Chi vede quell’uomo in croce vede Dio dice la nostra fede. In croce c’è Cristo non Caifa. Questa è una cosa molto importante. Dobbiamo stare attenti alla politica che vuole difendere la religione. Quante volte si sente dire, quel tale politico, quel partito, difendono i valori cattolici. Stiamo attenti perché si rischia di fare della casa del Signore un mercato e una spelonca di ladri; anzi non è un rischio, è quasi una certezza.
Dobbiamo chiedere invece con forza alla politica, ai regni di questo mondo cioè, la difesa della dignità e della libertà dell’uomo, di ogni uomo, in particolare oggi dei migranti e di tutte le minoranze. Chiediamo allora ad esempio a Trump e Putin, ad altri leaders mondiali , di fare la pace, ma quella vera però. C’è da aver paura sia quanto i grandi del mondo fanno la guerra, ma anche quando fanno la pace. Gesù è stato inchiodato alla croce, quando Pilato ed Erode fecero la pace su di Lui, sulle sue sofferenze.
Preghiamo per una pace mai più sulle spalle della povera gente. Per esempio una pace con le armi in mano non è vera pace. Oppure una pace fatta tra persone che nel loro privato sono immorali o amorali non la possiamo chiamare pace.
Preghiamo allora Gesù con i due titoli biblici. Preghiamo oggi Cristo Re della Pace. Una regalità che con l’enorme sforzo missionario di papa Francesco si sta liberando da tutti i mantelli e le corone di Costantino; la regalità di Cristo è la Pace, la misericordia. Preghiamo Cristo Re della pace e della misericordia. Preghiamo poi il Figlio dell’uomo che pur essendo figlio imparò l’obbedienza dalle cose che patì; Gesù Re della pace e della misericordia ha patito la violenza del potere che si ribella; anche il papa patisce violenza dal potere, ma proprio come Gesù non risponde.
Sembra che Gesù morendo in croce abbia perso; sembra che la Chiesa della misericordia sia destinata a perdere; troppo forte è il potere. Invece Cristo ha già vinto, il papa della misericordia ha già vinto, perché la misericordia non è nelle mani solo di alcune persone sante che incontriamo nella storia, ma è nelle mani del Padre Nostro che è nei cieli.
Quel crocifisso, quel Figlio dell’uomo, il Padre lo ha resuscitato, lo ha costituito Signore! dove? Su quale trono? In nessun trono. Il trono di questo Re è la coscienza di quegli uomini che credono alla misericordia, alla pace, al dialogo, all’ecumenismo, alla fraternità universale e per questa fede sono disposti a dare la vita. Per questo la chiesa della misericordia ha già vinto. Per le altre cose della vita , possiamo avere tanti maestri,ma quando entriamo nell’ombra del dolore e della morte,non c’è nessun maestro; tutte le voci tacciono. Da questa unica cattedra che è la croce, l’esperienza del dolore di tanti poveri Cristi ci introduce nell’ascolto e nella contemplazione di un amore più grande perfino della morte. Solo una chiesa di misericordia è quella di Cristo
«In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga»(At 10,25). Pietro in questo testo degli Atti degli Apostoli, usa il verbo αγαπάω che vuol dire accogliere con affetto, amare con tenerezza. È’ ripetuto tante volte sia nei Vangeli che negli Atti. Nella lettera di Giovanni poi la stessa parola è ripetuta dieci volte: “Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore”(1Gv 4,8).
Trasmettere la fede significa dimostrare lo stesso amore per i fratelli, anzi per l’umanità intera. Nell’incontro con il Centurione pagano Cornelio e la sua famiglia, Pietro è conquistato da una rivelazione dello Spirito, non da un suo ragionamento. A Pietro è stato rivelato che l’amore di Dio non si lascia circoscrivere dalle leggi o dalle tradizioni o da qualsiasi dottrina, e non per questo diventa buonismo o relativismo.
Queste semplici citazioni della Scrittura pare a noi bastino per far cadere l’impianto delle obiezioni che da alcune parti vedono la Chiesa cattolica durante il pontificato di Francesco ormai sul baratro del relativismo, consegnata nelle braccia di un mondo chissà perché dipinto in maniera pregiudiziale tutto ostile alla Chiesa. Proviamo a rispondere a qualcuna delle preoccupazioni.
1) Si imputa al Papa di parlare poco e male delle radici cristiane come fondamento della nostra libertà , a differenza dei suoi predecessori.
La risposta che si può dare è duplice. Innanzitutto il “fondamento della nostra libertà” non sono propriamente le radici cristiane, ma Cristo stesso, e questo fa la differenza. Il fondamento è Cristo che rispettava anche le altre radici, prima di tutto quella giudaica, e che se rivendicava un primato diciamo di fondazione, era solo il primato dell’amore e del servizio. Icristiani sono sale della terra e lievito nella pasta e non rivendicano nessuna posizione dominante o esclusiva che sarebbe addirittura contraria al Vangelo.
Tra l’altro il problema vero, specialmente in alcune chiese nazionali, è che di radici cristiane si è parlato semmai troppo e male, in particolare dai così detti atei devoti e cattolici conservatori, che difendevano il crocifisso sulle pareti e sui documenti ma il cui stile di vita spesso contraddiceva in modo clamoroso il messaggio del crocifisso, oppure teorizzava una separazione tra morale pubblica e privata. Dimenticare questo è inaccettabile. Questo non significa mettere al centro davvero le cosiddette radici dell’Europa.
“Gesù di Nazaret voi lo avete inchiodato sul legno “(At 2,23) racconta Pietro. Gli atei devoti e i cattolici conservatori hanno preferito staccarlo dal legno, cioè dalla umiltà e semplicità e dal dolore di tanta povera gente che porta la croce ogni giorno, per attaccarlo alle pareti dei palazzi della politica bassa, e perfino sugli scudi degli eserciti, svuotando così il crocifisso del suo profondo significato. Papa Francesco parla delle radici cristiane quando è necessario e in maniera puntuale, non in maniera ideologica o rivendicazioni sterili, e invitando a ritrovare e vivere concretamente quelle radici oggi. Ricordiamo a questo proposito il più lungo discorso del suo pontificato fatto al Parlamento europeo di Strasburgo il 25 novembre del 2014, dove cita molti passaggi di Giovanni Paolo II e li fa suoi.
2) L’apporto del Cristianesimo a una cultura è quello di Cristo con la lavanda dei piedi dice papa Francesco nell’intervista a La Croix. Secondo alcuni il Papa si sarebbe dimenticato di evocare il discorso della Montagna e Le Beatitudini, che è alla base del gesto della lavanda dei piedi.
Qui saremo molto brevi perché tali obiezioni sono evidentemente pregiudiziali. Che il Papa metta a fondamento il Vangelo sulla carità e’ evidente senza ambiguità dai suoi gesti e discorsi. Uno tra tutti quando ricorda che la Chiesa non è una NGO, anche sottolineando il primato della carità nel suo mandato – tra l’altro perfettamente in linea con Papa Benedetto XVI. Tra l’altro non si possono leggere i Vangeli solo con il criterio del prima e del dopo naturalmente. Ed è di fronte agli occhi di tutti che Papa Francesco sia il papa delle Beatitudini, tanto ne parla ne scrive e soprattutto cerca di viverle.
3) Il Papa sostiene che non c’è una paura dell’Islam in quanto tale, ma di Daesh e della sua guerra di conquista. Dice il Papa: “è vero che l’idea di conquista è inerente all’anima dell’Islam, ma si potrebbe interpretare, con la stessa idea di conquista la fine del vangelo di Matteo, dove Gesù invia i suoi discepoli in tutte le nazioni”. Pare di capire che alcuni interpretano questa “provocazione” di Papa Francesco letteralmente come in tanti fondamentalismi vecchi e nuovi. Come se il Papa mettesse sullo stesso piano l’annuncio del Vangelo e la violenza fondamentalista. È chiaramente un’altra lampante forzatura. Si attribuiscano al Papa, tra L altro in maniera non molto efficace, espressioni e convincimenti che invece non gli appartengono. Questi profeti di sventura ricordano che Benedetto XVI nel discorso di Ratisbona del 2006 sosteneva che l’Islam aveva un problema con la violenza di matrice religiosa, dicendo che oggi invece Francesco afferma che Cristianesimo e Islam sono speculari circa il problema della violenza religiosa. A sostegno di questa bizzarra tesi non citano nessuna parola di Papa Francesco, oltre quelle già riportate. Non le citano perché semplicemente non ci sono.
Accusare papa Francesco di mettere sullo stesso piano la violenza religiosa nel Cristianesimo e nel fondamentalismo di ispirazione islamica è fuorviante e non corretto. Il problema vero a nostro parere è quello di chi non vuole nessun dialogo con l’Islam, non sa cogliere i terreni comuni di confronto, e non sa neanche riconoscere la grande tradizione culturale del mondo arabo e islamico (basti solo pensare ad Avicenna e Averroè). Riportare indietro le lancette della storia a un clima di guerra tra “religioni” è molto pericoloso e controproducente. Tutti i papi lo sapevano bene e si sono ben guardati dal riferirsi mai a uno scenario o un rischio di questo tipo.
D’altra parte già Benedetto XVI riprendendo il magistero precedente aveva affermato nell’Esortazione Apostolica “La Chiesa in Medio Oriente”, firmata in Libano durante il Suo viaggio apostolico nel 2012, che “il fondamentalismo affligge tutte le comunità religiose e rifiuta la secolare convivenza”. Aveva poi esortato i giovani libanesi ad essere “servitori della pace e della riconciliazione; è una urgenza al fine di impegnarsi per una società fraterna, per costruire la comunione” (discorso ai giovani Libano 2012). Sappiamo oggi come vi sia anche in diversi gruppi cristiani, soprattutto di più recente formazione, una pericolosa deriva verso forme di integralismo nel modo di vivere la fede.
Ricordiamo anche le famose parole dell’Imam Mohammad Mehdi Chamseddine dal 1994 al 2001 responsabile del Consiglio Islamico sciita in Libano, che dichiarava: ” i cristiani del Libano sono responsabilità dei musulmani”, volendo significare la loro libertà di esistere e di esprimersi.
Noi pensiamo che invece di strumentalizzare i pontificati mettendoli in contrasto e attribuendogli presunte patenti di difensori della fede o di relativisti, oppure fomentare le paure e le divisione religiose, sia invece meglio e più evangelico contribuire al dialogo e alla migliore conoscenza tra Islam e Cristianesimo. Si può prendere esempio appunto dalla grande testimonianza a questo proposito della chiesa maronita in Libano, sostenendo anche le forze migliori presenti nell’Islam. E si dovrebbe guardare a noi, a essere cristiani migliori individualmente e paesi e società che si professano cristiani con coerenza, senza soltanto sbandieramenti e rivendicazioni di facciata. Guardiamo al problema dei migranti, ad esempio. Cosa rispondono molti Paesi dell’ “Europa cristiana”?
4) In Amoris Laetitia secondo alcuni la logica dell’etet si sta sostituendo con quella del “non solum sed etiam”. Insomma, ci sarebbe un po’ tutto e anche il suo contrario, per fare un po contenti tutti. Accusa seria al Papa, pastore della Chiesa universale…Si cita come esempio il documento al n 308: “i Pastori che propongono ai fedeli l’ideale pieno del Vangelo e la dottrina della Chiesa devono aiutarli anche ad assumere la logica della compassione verso le persone fragili e ad evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti”. Dobbiamo dedurne commenta ad esempio un famoso giornalista “che il modo più efficace per essere compassionevoli non è esattamente quello di proporre l’ideale pieno del vangelo?”.
Innanzitutto ci domandiamo cosa si voglia intendere per Vangelo. Poi, questa domanda, a nostro parere, non coglie la logica inclusiva di Francesco che è naturalmente e perfettamente evangelica, e nella Tradizione della Chiesa. Già Giovanni Paolo II parlando ai vescovi italiani dopo il Convegno di Palermo del 1995, affermava: “Gesù Cristo è la verità di Dio che è Carità, e la verità dell’uomo che è chiamato a vivere insieme con Dio nella carità”. Amoris Laetitia è un grande dono alla Chiesa che Papa Francesco ha dato nella Solennità di San Giuseppe il 19 Marzo scorso. Al cuore del documento c’è il desiderio del papa di :”arrecare coraggio, stimolo e aiuto alle famiglie nel loro impegno e nelle loro difficoltà”(AL 4). Non possiamo dimenticare inoltre, che siamo nel pieno dell’Anno Santo della Misericordia, e tutti siamo chiamati in modo particolare ad essere segno e strumento della Grazia. Nella vita cristiana ciò che sta al centro, non è la debolezza dell’uomo, o la sua incapacità a compiere perfettamente la sua missione, e nemmeno il passato con il suo carico di bene e di male compiuto, ciò che conta è la confessione di fede, il professare come fa Pietro di fronte a Gesù: tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente. Appena lo facciamo, cioè diciamo con convinzione a Gesù tu sei il Cristo, il Salvatore, scopriamo, come Pietro, la grandezza del progetto che Dio ha con ciascuno di noi. Chi è abituato a rapportarsi alle situazioni, agli avvenimenti, alle persone,in base a un codice, in base a una legge, non può comprendere il volto di un Dio che è amore. Nelle parrocchie si possono toccare con mano i frutti della misericordia, in particolare per i tanti Zaccheo che si incontrano. Zaccheo si è sentito amato, come un giorno lo furono Pietro e Paolo, come lo è stata l’adultera, o il cieco nato, e tantissimi altri raccontati nella Bibbia e nella nostra vita quotidiana. Sentirsi amati è il vero inizio di ogni conversione che abbia il fondamento in Cristo. Le “conversioni” fondate sulle norme o sui principii morali, producono fanatismo, rigidità, forme elitarie di pseudo cristianesimo.
5) In visita alla Chiesa Luterana di Roma il Papa, rispondendo a una domanda circa la possibilità di fare la comunione insieme tra un cattolico e un luterano, dice un giornalista che il Papa avrebbe risposto no ma anche sì, quindi avrebbe assunto una posizione ambigua, tra l’altro su una questione cruciale.
Rileggendo la risposta del Papa si nota facilmente che Francesco a partire dal Battesimo che accomuna la fede dei cattolici e dei luterani auspicava solamente e semplicemente di continuare un cammino alla cui testa c’è lo Spirito Santo che ci guiderà alla verità tutta intera. Da questa verità non si può lasciare fuori la coscienza di nessuno. Il Papa non vuole creare divisioni, non vuole mettere barriere allo Spirito Santo. Non c’è’ forse ancora una parola definitiva adesso, perché siamo in cammino. Ma ci fidiamo dello Spirito e come cristiani, cattolici e luterani, camminiamo insieme, interrogandoci e cercando di capire la volontà di Dio su di noi. Ognuno che conosca e frequenti i fratelli luterani sa per esperienza diretta che nel dialogo tutti noi abbiamo più futuro che passato e che il Sensus fidei del Popolo di Dio non è un accessorio marginale. Suggeriamo a questo proposito la lettura del documento della Commissione Teologica Internazionale intitolato “ il Sensus Fidei nella vita della Chiesa “ uscito nel 2014. E La celebrazione ecumenica di Lund del 31 Ottobre – 1 novembre scorsi, è già storia superando di gran lunga isterismi e fuorvianti interpretazioni.
Infine, sono uscite da alcune parti notizie che le parrocchie sono assediate da persone che pretendono di fare i padrini o di ricevere la comunione o anche di iscrivere i propri figli ai campi estivi senza averne i requisiti. Tutto questo sarebbe dovuto alla confusione in cui Papa Francesco ci ha cacciati. È naturalmente l’ennesimo attacco strumentale al Papa. Nessuno prima ha mai attaccato situazioni dove abbiamo visto vip che senza i minimi requisiti si sposano in chiesa, anche con celebranti “di primo piano”, o pessime abitudini diffuse anche nella nostra chiesa di Roma, per cui ci si sposa nella “chiesa bella”, con costi esorbitanti per fiori e addobbi, ben lontani da un serio e coerente cammino di fede…
Noi conosciamo molte parrocchie, compresa la nostra, e possiamo affermare che oggi in confusione non è il Popolo di Dio che chiede solo di essere rispettato e valorizzato, ma il residuo degli atei devoti e cattolici da primo banco nella chiesa che non vogliono accettare dopo molti anni una Chiesa che ritorna al Vangelo con più forza con una virata a 360 gradi e che cerca di attuare il Concilio (prima sempre osannato ma spesso dimenticato nei fatti), camminando con l’uomo del tempo e accompagnandolo con la compagnia affidabile della Chiesa.
In confusione sono oggi questi difensori di una chiesa vecchia, che non c’è più, che gli ha dato spazio esclusivo per troppi anni, ignorando sensibilità e voci differenti. Molti pseudo cattolici laici e chierici che negli anni di pontificato di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, alle spalle dei due pontefici, hanno ridotto la Chiesa ad una spelonca di ladri, brigando i loro affari con i potenti di turno, svendendo il Vangelo per quattro spiccioli; tramando nelle lobby gay e in quelle finanziarie, appaltando ai movimenti ecclesiali ogni opera di evangelizzazione, umiliando le parrocchie e il popolo di Dio; pseudo cattolici che difendono i principi che non vivono, e giudicano i drammi delle persone che non ascoltano, con cui non condividono.
Papa Benedetto XVI si è dimesso con un gesto profetico e di grande responsabilità e integrità pastorale e morale. Crediamo anche sfiancato da una lotta estenuante verso queste forze ambivalenti, anche forze del male, compiendo un gesto straordinariamente evangelico. Ed è grazie a lui che abbiamo Papa Francesco. Molti lobbisti laici e chierici sono ancora al loro posto; il popolo di Dio però non li crede più e segue i buoni pastori e il Vangelo: “un estraneo non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui”(Gv10,5). Grazie papa Francesco, Buon Pastore a misura di Cristo. Continueremo sempre a pregare per te.
“Mi vengono in mente adesso le Congregazioni Generali prima del Conclave e quanto la richiesta di una riforma sia stata viva e presente nelle nostre discussioni…”.Il Papa domani sarà a Lund, in Svezia, per commemorare, insieme alla Federazione luterana mondiale, i 500 anni della Riforma protestante iniziata dal religioso agostiniano Martin Lutero nel 1517.In un’intervista rilasciata al gesuita svedese UlfJonsson, e pubblicata dalla Civiltà cattolica, papa Francesco mette in rilievo gli aspetti positivi della Riforma, sottolineando in particolare due parole. “Scrittura”, perché Lutero, per primo ha tradotto la Bibbia in lingua vernacolare in e dice il papa “ha fatto un grande passo per mettere la Parola di Dio nelle mani del popolo”. L’altra parola è “riforma”:“All’inizio quello di Lutero era un gesto di riforma in un momento difficile per la Chiesa”, dice ancora il papa. L’ecumenismo sottolinea il vescovo di Roma deve essere un continuo “andare, camminare insieme! Non restare chiusi in prospettive rigide, perché in queste non c’è possibilità di riforma”.
Anche a riguardo del cammino ecumenico, molti già invocano con timore una possibile confusione tra Teologia e Pastorale che potrebbe scaturire da questo viaggio. Papa Francesco ha già chiarito molte volte quale deve essere un equilibrato rapporto tra teologia e Pastorale. Citiamo in particolare il videomessaggio al congresso Internazionale tenuto alla Pontificia Università cattolica di Buenos Aires nel settembre 2015:“Non sono poche le volte in cui si genera un’opposizione tra teologia e pastorale, come se fossero due realtà opposte, separate, che non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra. Non sono poche le volte in cui identifichiamo dottrinale con conservatore, retrogrado; e, all’opposto, pensiamo la pastorale a partire dall’adattamento, la riduzione, l’accomodamento. Come se non avessero nulla a che vedere tra loro. In tal modo si genera una falsa opposizione tra i cosiddetti “pastoralisti” e gli “accademicisti”, quelli che stanno dalla parte del popolo e quelli che stanno dalla parte della dottrina. Si genera una falsa opposizione tra la teologia e la pastorale; tra la riflessione credente e la vita credente; la vita, allora, non ha spazio per la riflessione e la riflessione non trova spazio nella vita. I grandi padri della Chiesa, Ireneo, Agostino, Basilio, Ambrogio, solo per citarne alcuni, furono grandi teologi perché furono grandi pastori.“ Papa Francesco auspica per il presente, mentre si approfondisce la riflessione teologica, un ecumenismo di campo, dove si possa insieme esercitare la carità verso gli uomini ; questo non è un ecumenismo di serie b, ma fa parte integrante e centrale del cammino da fare verso la piena unità.
Crediamo allora che bisogna recuperare la centralità del brano di Luca che descrive il buon samaritano:“Passò oltre dall’altra parte”(Lc 10,31). Come notava don Primo Mazzolari nel suo famoso commento a questa parabola, in tre parole, ecco descritta l’inutilità della religione della scienza,della filosofia; una religione, una scienza,una filosofia,una cultura, un progetto politico, un piano pastorale, un cammino ecumenico una semplice giornata, che passano oltre l’uomo e le sue ferite , sono semplicemente inutili, anzi dannose.
Gesù non risponde alla domanda posta dal maestro della legge :”Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna”? ”(Lc 10,26 ) ma racconta una storia. E’ la storia di ognuno di noi. Notiamo prima di tutto che la domanda è fondamentale; si tratta della nostra vita. E’ in gioco la nostra umanità, il senso ultimo del nostro esistere, la strada da percorrere per realizzare la nostra vocazione. La strada è proprio una protagonista di questo racconto. Da Gerusalemme a Gerico ci sono circa trenta km di strada in salita attraverso il deserto di Giuda. Queste notazioni geografiche sono una buona metafora della vita che spesso è in salita, e a volte sembrano mancare anche le oasi di ristoro. La strada in fondo è il vangelo stesso così come ci ricordano gli Atti degli apostoli; anche il seminatore non si è dimenticato di far cadere il suo seme perfino sulla strada, fiducioso della potenza di Dio; la strada è il luogo privilegiato della vita di Gesù,è lo spazio quotidiano della sua misericordia. La strada è il luogo di ogni cammino ecumenico.
“Passò oltre dall’altra parte”(Lc 10,31). Grazie a Dio tanti invece si sono fermati ; la storia della Chiesa e del mondo è piena di Buoni samaritani che hanno soccorso l’uomo “mezzo morto” se lo sono caricati sulle spalle e lo hanno rialzato a nuova dignità. Pensiamo a che cosa ha saputo fare il Concilio anche circa l’ecumenismo; pensiamo ai gesti di tutti i pontefici del 900.
Oggi tutti lo sperimentiamo, siamo chiamati a fermarci davanti l’uomo con una carità quotidiana; nessuno può dire di non sapere o di non essere bene informato sulle ferite della umanità. La strada infatti è una sola, non ci sono scorciatoie o corsie preferenziali e gli uomini mezzi morti sono davanti a noi,intralciano i nostri passi, sono accovacciati alle nostre porte, sono un monito perenne alla coscienza di ciascuno. Che devo fare per ereditare la vita eterna? Che devo fare io ? oggi come posso mettermi a servizio dell’uomo, di ogni uomo ? come mettere in gioco il talento delle mie competenze, della mia storia, della mia fede?
Bisogna curvarsi verso gli altri non con le tavole della legge in mano, sia essa civile che religiosa ma con gesti di umanità pura, con una carità non finta, non diplomatica, non dettata dalla convenienza del momento o solo dalla appartenenza alla propria chiesa, al proprio gruppo.
Con qualsiasi segno politico sociale o religioso, chi si abbassa verso l’uomo ferito, verso il diverso da lui, per soccorrerlo, questo uomo che si curva è già un buon samaritano, è un buon cittadino è un buon credente è già un modello di civiltà. Ha già compiuto il cammino ecumenico. E’ già nel cuore stesso di Dio.
Poco fa nella preghiera domenicale dell’Angelus il papa ha ricordato l’ormai imminente viaggio :Nei prossimi due giorni compirò un Viaggio apostolico in Svezia, in occasione della commemorazione della Riforma, che vedrà cattolici e luterani raccolti insieme nel ricordo e nella preghiera. Chiedo a tutti voi di pregare affinché questo viaggio sia una nuova tappa nel cammino di fraternità verso la piena comunione.”