"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)
Ringraziamo il Signore per la possibilità di vivere più intensamente in questi giorni i nostri rapporti famigliari. Stare in famiglia, con gli amici più intimi e’ un segno di come dovremo sempre essere, quasi una rivelazione della nostra esigenza naturale di fraternita’. Purtroppo lo sappiamo, non e’ sempre così. Come mai questa esigenza di fraternita’ e’ spesso disattesa sia a livello personaLe che comunitario? La risposta del Natale e’ molto chiara.
La luce e’ venuta nel mondo e noi spesso abbiamo preferito le tenebre. Dio e’ venuto nel mondo, fra i suoi, ma sono proprio i suoi a non averlo accolto. Siamo anche noi i suoi che non lo accolgono.
La salvezza e’ venuta, l’hanno vista tutti i popoli della terra, ci ricorda la Scrittura, ma poi subito abbiamo guardato da un’altra parte.Ecco perché spesso non c’e’ fraternita’. Guardare dall’altra parte puo’ significare tante cose; ad esempio una fede intellettuale , borghese, che sa tutto del bambino, conosce anche il luogo di nascita, ma come gli Scribi non fa un passo per andare a Betlemme.
“Dio nessuno lo ha mai visto, soltanto il Figlio unigenito che e’ nel seno del Padre, lo ha rivelato”. Dobbiamo scegliere il Dio bambino rivelato dalla Parola fatta carne, altrimenti la fede diventa un concetto intellettuale o peggio ancora un raffinato strumento ideologico, per difendere principii che al contrario non vanno difesi, ma semplicemente vissuti.
E’ spesso vero che non conosciamo Dio, ma e’ altrettanto vero che molto spesso non conosciamo neanche l’uomo, tanto lo abbiamo disumanizzato insieme al creato. Uomini respinti e abbandonati; bambini violentati con in mano non giocattoli ma armi; donne usate e gettate via. La natura depredata della sua bellezza non più al servizio dell’uomo ma merce di guadagno e profitto per pochi. Il Natale ci richiama tutti a tornare all’origine del vero rapporto tra Dio e ogni uomo.
Come possiamo fare? Dice il Prologo di Giovanni: “a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. Ecco un grande messaggio del Natale; Figli di Dio, uomini non disumanizzati, non si nasce ma si diventa, accogliendo Gesù e imitando la sua vita, compiendo semplicemente e senza condizioni, le Beatitudini.
“La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”. Dobbiamo accogliere l’amore di Dio e poi subito manifestarlo. Non dobbiamo commettere l’errore, come spesso abbiamo fatto, di combattere le tenebre; non si deve combattere il male, perché è troppo più forte. Dobbiamo compiere il bene, espandere la luce, e così le tenebre sono sopraffatte. Vincere il male con il bene.
Natale insegni alla Chiesa, ad ogni cristiano e ad ogni uomo di buona volontà a fare il bene, amando i nemici senza combatterli.
Cinquantesimo anniversario della Lettera Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI
il 25 luglio del 1968, l’enciclica di Paolo VI Humanae Vitae, appare prima di tutto come un testo profondamente spirituale. Vi si possono leggere in controluce, l’esperienza famigliare di Montini, la sua profonda conoscenza del mondo giovanile, iniziata e mai tralasciata come assistente spirituale di tanti giovani universitari in particolare nella FUCI.
L’Humanae Vitae non è dunque un documento calato dall’alto, ma è quasi un appello dal basso a vivere la piena dignità dell’amore umano, che si realizza nell’immagine e somiglianza con Dio.
Paolo VI pochissimi giorni dopo la pubblicazione della enciclica confidò queste parole che ben esprimono la profondità spirituale delle sue intenzioni: “Risponde questa Enciclica a questioni, a dubbi, a tendenze, su cui la discussione, come tutti sanno, si è fatta in questi ultimi tempi assai ampia e vivace, e su cui la Nostra funzione dottrinale e pastorale è stata fortemente interessata. Il primo sentimento è stato quello d’una Nostra gravissima responsabilità. Esso Ci ha introdotto e sostenuto nel vivo della questione durante i quattro anni dovuti allo studio e alla elaborazione di questa Enciclica. Vi confideremo che tale sentimento Ci ha fatto anche non poco soffrire spiritualmente”.
Si può ben dire che l’Humanae Vitae è un vero e proprio canto all’Amore, ideale forse, ma non irreale.
Oggi, dopo i due Sinodi sulla famiglia del 2014 e del 2015, e dopo la pubblicazione dell’esortazione Amoris laetitia, la Chiesa è arrivata, dice Papa Francesco «a una rinnovata consapevolezza del vangelo della famiglia e delle nuove sfide pastorali a cui la comunità cristiana è chiamata a rispondere». Uno sguardo nuovo sulla realtà della famiglia che Paolo VI ha contribuito non poco a suscitare; uno sguardo con gli occhi dello Spirito, uno sguardo di una Chiesa madre e non solo maestra.
“‘Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?’ Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: ‘Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre’” (Mc 3,33-35).
Questi versetti del Vangelo di Marco sembrano adatti per riflettere biblicamente sulla famiglia, in questi tempi di grandi trasformazioni, che per noi cristiani aprono nuovi spazi di carità. Proviamo a rispondere a tre domande che possono essere orientative.
Come si costruisce una famiglia cristiana?
Non basta certamente celebrare il sacramento, come l’evidenza ci mostra, ma occorre rispondere alla vocazione, compiendo la volontà di Dio. La volontà di Dio è che ognuno sia felice insieme agli altri e possa vivere su questa terra pregustando l’amore di Dio nell’attesa di poterLo un giorno incontrare. Gesù ci ha consegnato anche lo strumento per vivere felicemente, le Beatitudini. Chi vive le Beatitudini contribuisce a costruire rapporti di fraternità, la famiglia umana e un mondo dove non ci sono schiavi o servi di nessun padrone, ma solamente figli e fratelli.
Famiglia “cristiana”, che cosa dici di te stessa?
Nessuno può mettere in dubbio la bellezza della famiglia così come l’annuncia la Chiesa. Questa famiglia “cristiana” ha contribuito non poco al bene della società e a alla storia dell’umanità. Ora vediamo che le istituzioni scricchiolano, che ciò che prima erano le nostre sicurezze e i nostri legami vacillano, e gli stessi sentimenti cercano nuove forme di espressione. In tutta questa trasformazione, dove e come si colloca la famiglia cristiana? I fondamenti della famiglia cristiana non sono scritti nelle tavole di pietra della legge, ma come ha detto Gesù la legge dello spirito è scritta nelle tavole dei nostri cuori. Per questo, soprattutto oggi, con la forza dello Spirito la famiglia cristiana può essere un efficace testimone della bellezza, dell’altezza e della profondità della sua vocazione. Con queste premesse, poniamoci una domanda: famiglia cristiana, che cosa dici di te stessa? Facci vedere tu la bellezza e l’originalità della tua chiamata, facci gustare la presenza del Signore in mezzo te. Questo è quasi un appello silenzioso che il mondo fa alla Chiesa. Il problema è che spesso anche le famiglie cristiane hanno perso il “sapore del sale”, non sono più “lievito” nella farina della storia, non sono più luce che illumina il cammino.
È un tradimento non solo della natura ma anche del Vangelo il tasso di natalità che si avvicina allo zero nel nostro Occidente, culla della Cristianità.
Allora cosa può fare la famiglia cristiana?
Queste e altre contraddizioni devono essere sanate affinché la famiglia cosiddetta cristiana torni ad essere credibile, testimone coerente, modello da proporre. Una famiglia cristiana non può essere chiusa in se stessa o nel proprio movimento di appartenenza, è per definizione “famiglia in uscita”. Non può avere paura e anzi sente l’urgenza “missionaria” di vivere in mezzo e di confrontarsi con altre scelte di vita – che sono semplicemente un fatto della società moderna – avendo come unico ma efficace mezzo di evangelizzazione la testimonianza. Questa è la via per “difendere” la famiglia.
Afferma il vangelo circa Giuseppe:«poiché era uomo giusto» (Mt 1,19) .
Prima di tutto Giuseppe era un uomo; con la sua fede, e con i suoi dubbi, con il suo amore e con il suo timore. Giuseppe non è giusto perché rispetta la legge ( che gli avrebbe consentito di ripudiare Maria) ma è «giusto» perché supera la legge e si inoltra nei sentieri dell’amore. Giuseppe è “giusto” perché ama Maria e crede nel progetto di Dio. Giuseppe realizza in sé ciò che dice il Salmo: «Beato l’uomo che teme il Signore, la sua giustizia rimane per sempre. Spunta nelle tenebre come luce per i giusti, buono, misericordioso e giusto. Il giusto sarà sempre ricordato (cf Sal 112/111, 1.3-4.6).
Noi abbiamo bisogno di questa giustizia, non la giustizia della legge, ma la giustizia come virtù, una delle quattro «virtù cardinali» insieme alla prudenza, la fortezza e la temperanza. Noi abbiamo anche bisogno di uomini e donne come Giuseppe ; persone di fede, di speranza e di carità. Queste tre parole non si possono dire separatamente, perché sono una sola parola. Se io separo la fede dalla speranza o la fede dalla carità,compio una divisione indebita. Abbiamo avuto nella storia,anche la nostra storia contemporanea, uomini di fede senza speranza che hanno combattuto ogni innovazione, ogni attesa dei poveri, in nome della loro fede. Abbiamo avuto uomini di grande fede senza carità che hanno ammazzato gli uomini per la loro fede. Non separiamo ciò che Dio ha unito! Come ha fatto Giuseppe uomo giusto.
Papa Francesco con il Motu Proprio dell’ 8 settembre 2017 pubblicato ieri, ristruttura l’istituto di studi sul matrimonio e la famiglia creato da san Giovanni Paolo II.
“Summa familiae curaˮ è il titolo del documento pontificio e subito all’inizio si ricordano i passi compiuti dalla chiesa dopo il Sinodo dei vescovi del 1980 e l’esortazione Familiaris consortio del 1981, che aveva dato una forma più definita al Pontificio Istituto presso l’Università del Laterano.
Oggi, dopo i due Sinodi sulla famiglia del 2014 e del 2015, e dopo la pubblicazione dell’esortazione Amoris laetitia, la Chiesa è arrivata, dice Papa Francesco «a una rinnovata consapevolezza del vangelo della famiglia e delle nuove sfide pastorali a cui la comunità cristiana è chiamata a rispondere».
Ad una prima lettura del documento del Papa, non sfuggono la grande importanza di questo testo e la centralità della prospettiva pastorale. Il Papa parla di una esigenza imprescindibile nella riflessione circa la famiglia, dicendo che: “anche a livello di formazione accademica non vengano mai meno la prospettiva pastorale e l’attenzione alle ferite dell’umanità”. E’:« sano prestare attenzione alla realtà concreta» della famiglia, dato il «cambiamento antropologico-culturale, che influenza oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato» e «non ci consente di limitarci a pratiche della pastorale e della missione che riflettono forme e modelli del passato».
Uno sguardo nuovo sulla realtà della famiglia; uno sguardo con gli occhi dello Spirito, uno sguardo di una Chiesa madre e non solo maestra.
Anche l’orizzonte del lavoro accademico del Pontifico istituto si ampia:”sia in ordine alle nuove dimensioni del compito pastorale e della missione ecclesiale, sia in riferimento agli sviluppi delle scienze umane e della cultura antropologica in un campo così fondamentale per la cultura della vita».
Nessuno può mettere in dubbio la bellezza della famiglia così come l’annuncia la Chiesa. Questa famiglia “cristiana” ha contribuito non poco al bene della società e a alla storia dell’umanità. Ora vediamo che le istituzioni scricchiolano, che ciò che prima erano le nostre sicurezze e i nostri legami vacillano, e gli stessi sentimenti cercano nuove forme di espressione. In tutta questa trasformazione, dove e come si colloca la famiglia cristiana? I fondamenti della famiglia cristiana non sono scritti nelle tavole di pietra della legge, ma come ha detto Gesù la legge dello spirito è scritta nelle “tavole dei nostri cuori”. Per questo, soprattutto oggi, con la forza dello Spirito la famiglia cristiana può essere un efficace testimone della bellezza, dell’altezza e della profondità della sua vocazione. Con queste premesse, poniamoci una domanda: famiglia cristiana, che cosa dici di te stessa? Facci vedere tu la bellezza e l’originalità della tua chiamata, facci gustare la presenza del Signore in mezzo te. Questo è quasi un appello silenzioso che il mondo fa alla Chiesa. Il problema è che spesso anche le famiglie cristiane hanno perso il “sapore del sale”, non sono più “lievito” nella farina della storia, non sono più luce che illumina il cammino. Il tasso di natalità che si avvicina allo zero nel nostro Occidente, culla della Cristianità, deve far riflettere tutti.
Papa Francesco ancora una volta allarga lo sguardo, riforma, anzi rifonda un istituto da troppo tempo arroccato sui principii, rigido ad ogni cambiamento, spesso lontano dalla realtà.
L’Istituto Teologico avrà: «la facoltà di conferire iure proprio ai suoi studenti i seguenti gradi accademici: il Dottorato in Scienze su Matrimonio e Famiglia; la Licenza in Scienze su Matrimonio e Famiglia; il Diploma in Scienze su Matrimonio e Famiglia».
Riflessioni sulla Esortazione Amoris Laetitia di papa Francesco
Amoris Laetitia è un grande dono alla Chiesa che Papa Francesco ha dato nella Solennità di San Giuseppe il 19 Marzo scorso. Al cuore del documento c’è il desiderio del papa di :”arrecare coraggio, stimolo e aiuto alle famiglie nel loro impegno e nelle loro difficoltà”(AL 4).Non possiamo dimenticare inoltre, che siamo nel pieno dell’Anno Santo della Misericordia, e tutti siamo chiamati in modo particolare ad essere segno e strumento della Grazia. Nella vita cristiana ciò che sta al centro, non è la debolezza dell’uomo, o la sua incapacità a compiere perfettamente la sua missione, e nemmeno il passato con il suo carico di bene e di male compiuto, ciò che conta è la confessione di fede, il professare come fa Pietro di fronte a Gesù: tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente. Appena lo facciamo, cioè diciamo con convinzione a Gesù tu sei il Cristo, il Salvatore, scopriamo, come Pietro, la grandezza del progetto che Dio ha con ciascuno di noi.
Chi è abituato a rapportarsi alle situazioni, agli avvenimenti, alle persone,in base a un codice, in base a una legge, non può comprendere il volto di un Dio che è amore. Il criterio di interpretazione della Scrittura,della Parola di Dio, deve essere il bene dell’uomo. Chi invece ne fa una dottrina, una legge, nella quale l’osservanza di precetti, è più importante del bene dell’uomo, ebbene queste persone rischiano di avere come un velo davanti agli occhi che impedisce loro di scoprire il disegno d’amore di Dio sull’umanità. Così come nella Evangelii gaudium (EG), già dal titolo si parla di letizia, di serenità di gioia. Per il papa la gioia è una dimensione spirituale ed è un elemento fondamentale:« La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù» (EG 1).Sappiamo bene che la gioia è un aspetto biblico molto importante del Natale, ed è una nota costante dei cosiddetti vangeli dell’infanzia:”Vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo”(Lc2,10). Inoltre la gioia è anche lo scopo della Chiesa in comunione come ci ricorda l’evangelista Giovanni:”questo vi ho detto,perché la mia gioia sia in voi, e la vostra gioia sia piena”(Gv15,11). In questa dimensione di gioia biblicamente fondata e irrobustita da uno sguardo di fede sul mondo, il papa riprendendo il lavoro di ben due Sinodi,uno straordinario e uno ordinario, analizza la realtà vera, senza paura di chiamare le cose con il loro vero nome, parlando della vita concreta delle persone e delle famiglie. In questo realismo tutto evangelico, papa Francesco attinge anche alla storia che ci circonda, citando personaggi che la storia l’hanno fatta con la loro testimonianza come Martin Luther King, Erich Fromm e Dietrich Bonhoeffer. Nella storia dei popoli, delle famiglie e dei singoli, è necessario e urgente un servizio pastorale che vuole sostenere la crescita dell’amore:«Tutto questo si realizza in un cammino di permanente crescita. Questa forma così particolare di amore che è il matrimonio, è chiamata ad una costante maturazione, perché ad essa bisogna sempre applicare quello che san Tommaso d’Aquino diceva della carità: “La carità, in ragione della sua natura, non ha un limite di aumento, essendo essa una partecipazione dell’infinita carità, che è lo Spirito Santo.» (AL 134). Dobbiamo dice ancora il papa: «smettere di pretendere dalle relazioni interpersonali una perfezione, una purezza di intenzioni e una coerenza che potremo trovare solo nel Regno definitivo» (AL 325).
Sempre a proposito della storicità e del concetto di maturazione il Papa afferma che «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero» (AL 3). « in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali. Le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato”» (AL 3). Un fondamento di inculturazione quindi come chiave di lettura importante di questa esortazione papale.
I nove capitoli di cui è composta l’esortazione apostolica, iniziano con il primo capitolo, “alla luce della Parola” che offre subito il quadro di riferimento nella Parola di Dio. La Parola di Dio è :”popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari» (AL 8)9, e quindi non si tratta di svolgere un lavoro astratto e teorico, ma realizzare un «compito artigianale» (AL 16).Vedremo quindi nel secondo capitolo una accurata descrizione della “realtà e le sfide delle famiglie”; Il papa invita subito con decisione a tenere:«i piedi per terra» (AL 6) riflettendo sul dramma delle famiglie migranti, sul problema delle ideologie di genere, la cura delle persone disabili, la violenza contro le donne, e altre tematiche reali e urgenti.
Nel terzo capitolo il papa vuole aiutare le problematiche descritte prima, con il soccorso dell’insegnamento della Chiesa riguardo il matrimonio e la famiglia, ma con una premessa fondamentale e irrinunciabile: “che si metta tutta la dottrina del matrimonio e della famiglia sotto la luce del kerygma. Davanti alle famiglie e in mezzo ad esse deve sempre nuovamente risuonare il primo annuncio, ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario”» (AL 58). La motivazione di questa premessa è che:“tutta la formazione cristiana è prima di tutto l’approfondimento del kerygma” (AL 58). Questo ancoraggio dell’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la famiglia,nel Kerigma libera da ogni pericolo di fondamentalismo e dalla durezza di cuore di quelli che invece fondano la loro riflessione solamente sul diritto e sui precetti degli uomini.
Il quarto capitolo descrivendo l’inno alla carità di 1 Cor 13,4-7, parla dell’amore nel matrimonio con accenti lirici, accompagnati da una vera e propria lectio divina,rimanendo però sempre ancorati ad un sano realismo:”Non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica “un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio”» (AL 122). Il quinto capitolo riflette sulla fecondità ampliando lo sguardo anche alla realtà complessa famiglia dove ci sono anche i parenti e gli amici.
Il sesto e il settimo capitolo riflettono sui modi pastorali per la costruzione di famiglie secondo il cuore di Cristo,e sulla educazione dei figli, sempre attenti però alle situazioni concrete e locali:”Saranno le diverse comunità a dover elaborare proposte più pratiche ed efficaci, che tengano conto sia degli insegnamenti della Chiesa sia dei bisogni e delle sfide locali” (AL 199).
Papa Francesco ha la consapevolezza che l’ottavo capitolo che tratta delle varie fragilità è un capitolo chiave, e per questo ricorda subito all’inizio che: «spesso il lavoro della Chiesa assomiglia a quello di un ospedale da campo» (AL 291). Il Papa assumendo la bellezza e la ricchezza del matrimonio cristiano dice con chiarezza che: «altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale, mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo» (AL 292).Proprio per questo la Chiesa:”non manca di valorizzare gli elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più al suo insegnamento sul matrimonio” (AL 292). Accompagnare, Discernere, Integrare sono le tre parole che caratterizzano non solo questo capitolo, ma l’intero documento, anzi il pontificato stesso di Francesco,nella logica della Misericordia pastorale che altro non è se non il cuore stesso di Dio.
L’ultimo capitolo, il nono descrive la spiritualità nella famiglia, «fatta di migliaia di gesti reali e concreti» (AL 315). “Coloro che hanno desideri spirituali profondi non devono sentire che la famiglia li allontana dalla crescita nella vita dello Spirito, ma che è un percorso che il Signore utilizza per portarli ai vertici dell’unione mistica» (AL 316). « I momenti di gioia, il riposo o la festa, e anche la sessualità, si sperimentano come una partecipazione alla vita piena della sua Risurrezione” (AL 317) La Pasqua e il culmine e la fonte di ogni spiritualità famigliare.
La Preghiera alla Santa Famiglia,conclude questo testo papale, che più che proporre un ideale di famiglia che non c’è, invita a cercare e trovare la presenza del Padre misericordioso nella realtà ricca e sorprendente, sempre attenti ai segni dei tempi; uno sguardo positivo e gioioso sul tempo, che è per i cristiani un tempo favorevole per essere felici, un Kairos, un dono di Dio, un tempo superiore allo spazio, dove si compie il progetto di Dio sull’uomo. Papa Francesco pensa le cose di Dio e prega a partire dalla realtà che gli sta di fronte. Questa esperienza,affinata nel suo ministero di Pastore di una grande e moderna città come Buenos Aires, è quella stessa di Gesù,di vedere come i piccoli, i bambini, i poveri e i peccatori accoglievano con gioia la buona notizia del regno di Dio, mentre i sapienti e i dotti del gli scribi e i farisei di tutti i tempi, fatto fatica a gioire per la Buona Notizia,forse perché non la sanno riconoscere.
Scrive il papa:”abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario” (AL 36). Ancora Francesco:”per molto tempo abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia, avessimo già sostenuto a sufficienza le famiglie, consolidato il vincolo degli sposi e riempito di significato la loro vita insieme» (AL 37). A questo punto papa Francesco riporta in primo piano e valorizza la centralità della coscienza individuale:«stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (AL 37) .
L’Esortazione apostolica del papa in continuità con il Concilio Vaticano secondo e con quello che è già espresso in Evangelii Gaudium, traccia anche un sentiero molto chiaro circa il rapporto con il mondo:”molte volte abbiamo agito con atteggiamento difensivo e sprechiamo le energie pastorali moltiplicando gli attacchi al mondo decadente, con poca capacità propositiva per indicare strade di felicità. Molti non percepiscono che il messaggio della Chiesa sul matrimonio e la famiglia sia stato un chiaro riflesso della predicazione e degli atteggiamenti di Gesù, il quale nel contempo proponeva un ideale esigente e non perdeva mai la vicinanza compassionevole alle persone fragili come la samaritana o la donna adultera» .(AL 38) Papa Francesco con Amoris Laetitia va incontro al bene dell’uomo, e come un Padre autorevole e amoroso alleggerisce i pesi del popolo e si pone davanti ad esso come modello non di legalismo, ma di umiltà e di mitezza. L’autorità nella Chiesa è davvero preziosa quando si prende cura, non quando aumenta la pesantezza del giogo da portare.
Papa Francesco attinge anche con sapienza alla preghiera di Maria e alla umiltà della serva del Signore: “Nel tesoro del cuore di Maria ci sono anche tutti gli avvenimenti di ciascuna delle nostre famiglie che Ella conserva premurosamente”(AL 30)
Pensiamo che una chiave di lettura di questo documento possa essere proprio, l’umiltà, quella di Maria e quella del papa.
Che cos’è l’umiltà?”. Sappiamo che il termine viene dal latino “humus”, cioè quel terreno ricco di sostanze in decomposizione che è particolarmente adatto ad accogliere e a far germogliare il seme. I nostri fallimenti famigliari, i nostri sbagli, perfino i nostri peccati – se riconosciuti: possono diventare quel terreno particolarmente fertile per ricevere il dono di Dio, per sperimentare la misericordia di Dio, per incontrare la sua misericordia, cioè il suo “cuore per i miseri”.
Nel vangelo chiedono a Gesù: “quale segno fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi?”(Gv 6,30) La risposta di Gesù: “Io sono il Pane della vita”. Un solo segno: io nutro. Nutrire è fare una cosa da Dio. Condannare è al contrario affamare le persone nella loro speranza e dignità.
“‘Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?’ Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: ‘Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre’” (Mc 3,33-35).
Questi versetti del Vangelo di Marco sembrano adatti a una breve riflessione sulla famiglia, in questi tempi di grandi trasformazioni, che per noi cristiani aprono nuovi spazi di carità. Proviamo a rispondere a tre domande che possono essere orientative.
Come si costruisce una famiglia cristiana?
Non basta certamente celebrare il sacramento, come l’evidenza ci mostra, ma occorre rispondere alla vocazione, compiendo la volontà di Dio. La volontà di Dio è che ognuno sia felice insieme agli altri e possa vivere su questa terra pregustando l’amore di Dio nell’attesa di poterLo un giorno incontrare. Gesù ci ha consegnato anche lo strumento per vivere felicemente, le Beatitudini. Chi vive le Beatitudini contribuisce a costruire rapporti di fraternità, la famiglia umana e un mondo dove non ci sono schiavi o servi di nessun padrone, ma solamente figli e fratelli.
Famiglia “cristiana”, che cosa dici di te stessa?
Nessuno può mettere in dubbio la bellezza della famiglia così come l’annuncia la Chiesa. Questa famiglia “cristiana” ha contribuito non poco al bene della società e a alla storia dell’umanità. Ora vediamo che le istituzioni scricchiolano, che ciò che prima erano le nostre sicurezze e i nostri legami vacillano, e gli stessi sentimenti cercano nuove forme di espressione. In tutta questa trasformazione, dove e come si colloca la famiglia cristiana? I fondamenti della famiglia cristiana non sono scritti nelle tavole di pietra della legge, ma come ha detto Gesù la legge dello spirito è scritta nelle “tavole dei nostri cuori”. Per questo, soprattutto oggi, con la forza dello Spirito la famiglia cristiana può essere un efficace testimone della bellezza, dell’altezza e della profondità della sua vocazione. Con queste premesse, poniamo i una domanda: famiglia cristiana, che cosa dici di te stessa? Facci vedere tu la bellezza e l’originalità della tua chiamata, facci gustare la presenza del Signore in mezzo te. Questo è quasi un appello silenzioso che il mondo fa alla Chiesa. Il problema è che spesso anche le famiglie cristiane hanno perso il “sapore del sale”, non sono più “lievito” nella farina della storia, non sono più luce che illumina il cammino….È un tradimento non solo della natura ma anche del Vangelo il tasso di natalità che si avvicina allo zero nel nostro Occidente, culla della Cristianità.
Allora cosa può fare la famiglia cristiana?
Queste e altre contraddizioni devono essere sanate affinché la famiglia cosiddetta cristiana torni ad essere credibile, testimone coerente, modello da proporre e “strategia di promuovere”. Una famiglia cristiana non può essere chiusa in se stessa o nel proprio movimento di appartenenza – è per definizione “famiglia in uscita”. Non può avere paura e anzi sente l’urgenza “missionaria” di vivere in mezzo e di confrontarsi con altre scelte di vita – che sono semplicemente un fatto della società moderna – avendo come unico ma efficace mezzo di evangelizzazione la testimonianza. Questa è la via per “difendere” la famiglia.
Concludiamo questa riflessione citando una parte dell’introduzione che don Primo Mazzolari scrisse in quel famoso testo che è “Anche io voglio bene al papa” .
[…]Della maniera di voler bene chi ce ne può far colpa? Si ama col cuore che si ha, se uno ce l’ha. E a prestito di cuore è inutile andare. L’olio della lampada nessuno mai l’ha imprestato. Neanche le Vergini sagge, che pur dovevano avere molta carità.[…]