La bellezza architettonica delle nostre chiese e basiliche è un patrimonio dell’umanità; ammirarle può essere un godimento non solo artistico ma anche spirituale. Quando però a questa bellezza formale non corrisponde una purezza interiore del popolo di Dio radunato, cioè delle pietre vive di cui è composta la Chiesa, allora tutto perde il suo valore.
Il vangelo di questa domenica XXXIII del tempo ordinario così annota :“Mentre alcuni, parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi”. Mentre ammiriamo la bellezza esteriore siamo chiamati ad una continua verifica di quella interiore. Gesù dice con chiarezza che un tempio ridotto ad una spelonca di ladri, dove si umiliano e si sfruttano i poveri, deve essere distrutto:“Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”.
Non c’è sistema di corruzione economica, politica, religiosa che non sia destinato a finire prima o poi. “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina”. Quindi nessuna paura di cataclismi ,ma la Buona Notizia che la storia cammina verso il compimento del bene. E’ una “povera” storia, fatta di poveri uomini, anche di tanto dolore e sangue, di ingiustizie e sopraffazioni,ma è una storia guidata dalla Provvidenza, dove il vangelo inesorabilmente si compie.
I cristiani devono perseverare in questa fede, ci ricorda sempre il vangelo, nella fiducia che non è vero che tutto va verso la fine, ma anzi c’è sempre un nuovo inizio quotidiano, proprio come il pane che chiediamo al Padre Nostro. Paolo rimprovera proprio per questo i Tessalonicesi i quali, pensando non al fine, al compimento, ma alla fine, avevano addirittura smesso di lavorare.
La vita di fede è sempre qualcosa che nasce e rinasce, non certo qualcosa che muore. Per questo Dio va cercato, non nelle statue o nelle presunte apparizioni, ma nelle persone, nelle vicende della vita, nei bambini che nascono e negli anziani che ci parlano dalla loro cattedra di sapienza. In fondo se guardiamo oggi il mondo con gli occhi dello Spirito vediamo nelle migrazioni di interi popoli che si incontrano, non solo dolore, ma anche amore, non solo la fine di qualche stagione ma l’inizio di qualche cosa di nuovo che ancora non sappiamo bene identificare ma che è già vangelo. Si allargano gli spazi della fraternità e abbattono tutti i muri.