ConAltriOcchi blog – 以不同的眼光看世界-博客

"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)


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In compagnia dello Spirito sulle strade del mondo come missionari di Pace.

Gli evangelisti Matteo e Marco raccontano la missione di annunciare la Buona Notizia, in particolare dal punto di vista dei «Dodici», cioè diremmo oggi dell’Istituzione; Luca invece rende protagonista il popolo di Dio, forte anche della sua esperienza a contatto con Paolo apostolo dei gentili. Gerarchia e Popolo di Dio, gli uni e gli altri sono inviati insieme a testimoniare il Risorto nel mondo.

“La messe è abbondante ma sono pochi gli operai! Pregate!”( Lc 10,2) . Non si tratta qui di fare la conta del numero dei missionari, o di lasciarsi impaurire della vastità del mondo; si tratta invece ancora una volta di mettere la preghiera al centro di ogni opera di evangelizzazione. La preghiera è il luogo dove possono convivere la nostra debolezza di annunciatori e la grandezza del compito che il Signore assegna alla Sua Chiesa.

Come si fa ad annunciare il Risorto, cosa dobbiamo dire, consapevoli della nostra debolezza? Gesù dice: «non portate borsa né sacca né sandali»(Lc 10,4). Ecco in sintesi il metodo dell’evangelizzazione; non vi lasciate mai condizionare dai mezzi che avete in mano, non diventate gruppo di pressione, o gruppo di potere; andate soltanto con la forza della fede incontro alla coscienza di ogni uomo che attende una Parola di Speranza. Il cristiano missionario non è un ingenuo, sa bene di essere inviato come un agnello in mezzo ai lupi; è necessario un profondo spirito di discernimento per non essere sedotti dai lupi, che ti invitano nei loro palazzi, ti presentano ai loro amici, ti offrono i loro denari, ti espongono alle loro televisioni e così ti catturano alle loro logiche, che invece di servire si servono della Chiesa. Ringraziamo il Signore per tutti quei missionari che nel corso della storia sono andati nel mondo, poveri, liberi da ogni condizionamento, a volte vittime lungo la strada della loro miseria, ma già semi fecondi del vangelo. Chiediamo anche perdono per quelli che invece si sono lasciati sedurre dai lupi, e che hanno testimoniato solo se stessi, comodi nei loro privilegi e con le sacche piene di denari e di potere.

«In qualunque casa entriate prima dite: Pace a questa casa!»(Lc 10, 5). In un certo senso questo è l’unico annuncio necessario, la base per ogni opera di evangelizzazione. Oggi fa comodo a quelli che si sono alleati con i lupi, creare una contrapposizione tra Dottrina e Pastorale. Non esiste una dottrina che rimane vera, se la pastorale è sbagliata. Non sta in piedi una dottrina fatta di principii, con una pastorale che entra nella case facendo “la guerra”, entra nel mondo avendolo già giudicato e condannato a priori. Fra la dottrina e la pratica pastorale c’è un rapporto necessario in cui la priorità è della pastorale che annuncia la Pace, non della dottrina. Preghiamo lo Spirito che ci aiuti tutti ad essere annunciatori di Cristo Nostra Pace, camminando insieme agli uomini del nostro tempo, amandoli rispettandoli e servendoli.


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Ha saputo amare anche nelle tenebre

In memoria di Madre Teresa di Calcutta a 20 anni dalla scomparsa

Ricorre oggi il ventesimo anniversario della morte di Madre Teresa di Calcutta, straordinaria donna di fede e missionaria proclamata santa. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Javier Pérez de Cuéllar, il giorno della scomparsa della madre ebbe a dire : “Lei è le Nazioni Unite. Lei è la pace nel mondo.” Queste parole esprimono efficacemente l’ampiezza, la grandezza, la profondità del servizio alla vita che questa piccola donna ha saputo esprimere nella fede in Dio e nell’uomo, in ogni uomo. Oggi sulla sua tomba bianca nella casa di Calcutta i pellegrini di ogni tempo e di ogni fede possono leggere un versetto del Vangelo di Giovanni: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Giovanni 15,12).

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Prima che essere donna d’azione, Madre Teresa era una donna di preghiera. Questo forse spiega la sua intrepida forza d’animo lungo una vita vissuta tra le miserie e le sofferenze del mondo. Diceva di se stessa e delle sue suore: “Siamo delle contemplative che vivono in mezzo al mondo. […] La nostra vita deve essere una preghiera continua” (R. Allegri, “Madre Teresa mi ha detto”, Ancora Editrice, Milano, 2010, pag. 59). Silenzio e preghiera sono ancor più necessari oggi per testimoniare Cristo con la vita e la carità, per vivere la nostra missione di uomini e di donne in un mondo sempre più complesso e difficile.

Nell’agosto del 1946 Madre Teresa cominciò a sentire la “ chiamata nella chiamata” come la definì lei stessa. Era la sera del 10 settembre in treno mentre andava nella città di Darjeeling per fare gli esercizi spirituali: “Quella notte aprii gli occhi sulla sofferenza e capii a fondo l’essenza della mia vocazione […] Sentivo che il Signore mi chiedeva di rinunciare alla vita tranquilla all’interno della mia congregazione religiosa per uscire nelle strade a servire i poveri. Era un ordine. Non era un suggerimento, un invito o una proposta […] ” (Cit. in Renzo Allegri, Madre Teresa mi ha detto, Ancora Editrice, Milano, 2010). Fu una chiamata interiore, una voce nel silenzio della preghiera che la spinse ad aprirsi all’accoglienza dei più poveri tra i poveri. Madre Teresa ha saputo coltivare e praticare il dono evangelico dell’accoglienza. Accogliere, prima di tutto nel proprio tempo, nel proprio cuore, andando a cercare chi era solo e abbandonato. Madre Teresa ha fatto la Chiesa in comunione, abbattendo ogni muro di indifferenza e di ipocrisia.

Davanti ai tanti calvari di tanti uomini e donne del nostro tempo, davanti alle croci degli uomini di ogni razza e religione, Madre Teresa ha saputo contemplare il volto di Cristo, come l’unità di misura di tutti quelli che danno la vita per amore. Con la forza dell’amore, questa suora che era in se stessa la carità, ha saputo fare una cosa grandiosa, una cosa divina; ha dato un nome, una dignità ad ogni croce. Cosa significa dare un nome alla croce ?

Gesù nella sua pienezza di Messia non era più un ebreo, era l’uomo: “Ecco l’uomo”. Il nome sulla croce è Uomo. Hanno certamente importanza le nostre distinzioni culturali, etniche, religiose ma quando si è in croce, quando si muore non contano più. Questa uguaglianza nel negativo è importante, perché Gesù l’ha assunta su di sé come un appuntamento: «Quando sarò sollevato sulla croce attirerò tutti a me». Tutti. Madre Teresa si è lasciata attirare ed ha attirato moltissimi alla croce di Gesù figlio dell’uomo, Salvatore di ogni uomo. Ecco perché, esattamente come ha fatto Madre Teresa non dobbiamo chiedere alla politica nessuna difesa della religione, ma dobbiamo chiedere con forza la difesa della dignità dell’uomo, di ogni uomo.

Ci sono un ecumenismo e un dialogo intereligioso della carità, in cui Madre Tereesa credeva molto: “C’è un solo Dio, ed è Dio per tutti; è per questo importante che ognuno appaia uguale dinnanzi a Lui. Ho sempre detto che dobbiamo aiutare un indù a diventare un indù migliore, un musulmano a diventare un musulmano migliore ed un cattolico a diventare un cattolico migliore. Crediamo che il nostro lavoro debba essere d’esempio alla gente. Attorno noi abbiamo 475 anime: di queste, solo 30 famiglie sono cattoliche. Le altre sono indù, musulmane, sikh… Sono tutti di religioni diverse, ma tutti quanti vengono alle nostre preghiere”. (Lucinda Yardey, Mother Teresa: A Simple Path, Ballantine Books, 1995.)

Com’e’ ormai noto, Madre Teresa ha anche sperimentato il buio della fede. In una delle sue lettere pubblicate postume scriveva di non sentire “la presenza di Dio né nel suo cuore né nell’Eucaristia”. E confidava : “Nella mia anima sperimento proprio quella terribile sofferenza dell’assenza di Dio, che Dio non mi voglia, che Dio non sia Dio, che Dio non esista veramente”.

In quegli anni, Madre Teresa si è offerta veramente tutta al mistero, ancora una volta con l’atto supremo di donazione nell’amore, che lei descrive con parole impressionanti: “Ho cominciato ad amare le mie tenebre perché credo che siano una parte, una piccola parte delle tenebre di Gesù e della Sua pena sulla terra“( Franca Zambonini, “Madre Teresa: la mistica degli ultimi”, Paoline, 2003, pagg. 33-34).

Madre Teresa ha saputo amare anche le tenebre, proprio come Gesù che ha vinto la morte con l’amore.

Nel nostro blog abbiamo in passato raccolto delle testimonianze di devozione verso Madre Teresa dall’India e dalla Cina.

 


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Madre Teresa, prega per la Cina!

Riceviamo alcune belle riflessioni su Madre Teresa dalla Cina. Si tratta di giovani cattolici cinesi, che ringraziamo per la loro profonda e limpida testimonianza di fede. 

Teresa: “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Madre Teresa per tutta la vita ha messo in pratica questa Parola detta da Gesù Cristo! Lei è la santa dei bassifondi, l’angelo di Calcutta, la personificazione della misericordia, perché i lebbrosi, i moribondi e i più poveri tra i poveri sono i suoi più cari amici! Madre Teresa per tutta la vita ha molto desiderato di venire in Cina a servire i poveri cinesi, ma questo suo desiderio non si è mai avverato! Ora, amata Madre Teresa che stai per essere canonizzata, prega sempre per la Cina dall’alto dei cieli! Prega per i poveri in Cina!

ShengNa: Madre Teresa con spirito di fraternità e in silenzio si è occupata dei poveri, facendo in modo che sentissero rispetto, solidarietà e amore. Questa santa non aveva una profonda filosofia, ha usato solo l’amore sincero e il servizio,  dedicando la sua vita alla cura delle malattie più gravi dell’umanità, in particolare vizi quali egoismo, avidità, edonismo, indifferenza, crudeltà, sfruttamento… Ella ha aperto una nuova strada, per condurre verso la giustizia sociale e la pace nel mondo. Per questo motivo una persona comune come lei è diventata il modello del buon samaritano di tutto il mondo.

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YanliNa: Pensando al fatto che questa suora non è potuta entrare in Cina, lei che ha lottato per salvare i deboli, mi sento molto addolorata. Pensando a ogni piccola cosa che ha fatto, queste appaiono in realtà come cose che tutti potremmo, ma non siamo capaci di fare.  Possa Madre Teresa diventare una lampada, che guida il nostro cammino.

Luqing: il suo amore per gli altri superava l’amore verso se stessa. Per tutta la vita Madre Teresa non ha pensato a se stessa, ma ha sempre messo Dio al primo posto. Il suo amore e’ così grande!

Weitao: “Amare finché fa male” – Madre Teresa ha interpretato pienamente la verità di questa frase. A me piace la sua dedizione nell’amore, la sua gioia nell’amore. Con il cuore, gli occhi e la mente dona amore agli altri.

 


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I miei incontri con Santa Madre Teresa

Pubblichiamo una bella e commovente condivisione del nostro caro amico padre Valerian, sacerdote salesiano indiano che vive nello Stato del Maharashtra, dove si trova la grande città di Mumbai (Bombay). Ci scrive in occasione della prossima tanto attesa canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta, che si terrà a San Pietro domenica prossima e sarà presieduta da Papa Francesco. Questa testimonianza di padre Valerian ci rende da una parte molto grati a lui per aver voluto condividere queste esperienze di conoscenza diretta di Madre Teresa, che gli sono rimaste così profondamente nel cuore e nei ricordi. Dall’altra parte non possiamo non provare un po’ di “rammarico” per non aver potuto molti di noi avere la fortuna di incontrare questa piccola grande santa dei nostri tempi. Che Madre Teresa dal Cielo possa venire incontro a tutti noi con il suo amore materno e la sua intercessione.

Dall’India Padre Valerian Pereira, sdb

C’e’ un detto “ vivere con i santi in cielo porta onore e gloria, ma vivere con i santi sulla terra è piuttosto una storia diversa, si tratta più che altro di “pseudo-santi”. Madre Teresa, che ho avuto la fortuna di incontrare alcune volte in India e sarà canonizzata da Papa Francesco domenica prossima 4 settembre a San Pietro, certamente non era una pseudo-santa, come la stigmatizzavano alcuni critici.

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Il mio primo contatto personale con questa suora fu all’aeroporto di Mumbai nel 1987. Dopo aver superato i controlli di sicurezza in sala partenze, vidi una folla di gente in piedi in soggezione che guardava una persona che era seduta in silenzio, tutta da sola. Appena mi sono avvicinato alla scena, ho riconosciuto Madre Teresa nel suo sari bianco bordato di blu e la sua semplice borsa. Qualcosa dentro mi ha spinto di avvicinarmi a lei. Con un dolce sorriso e un cenno di benvenuto, mi ha invitato a sedermi al suo fianco. Mi sono così presentato come un sacerdote salesiano di San Giovanni Bosco. Gia’dall’inizio della nostra breve conversazione, ha avuto con me un approccio molto materno. Le ho detto che ero a Pune e le ho chiesto più di un “autografo” – un messaggio per la mia comunità di giovani seminaristi. Questo è quello che ha scritto: “Insegnate ai vostri seminaristi a trovare gioia nel sacrificio.” Mi sono ricordato delle parole di mamma Margherita al figlio, Giovanni Bosco, appena fu ordinato sacerdote: “Ricorda, essere prete significa cominciare a soffrire.” Nel corso degli anni ho capito che “la gioia nel sacrificio” è l’essenza della maternità, proprio come essere genitori. Ho potuto sperimentare questo insegnamento di saggezza, e anche le difficoltà in quanto sacerdote e pastore salesiano.

Ogni volta che le era possibile, Madre Teresa partecipava alle riunioni annuali del CRI (Conferenza dei religiosi indiani). Quello che mi colpiva e’ che nonostante partecipasse quasi sempre in silenzio e senza pretese, la sua presenza umile e i suoi colloqui vivaci con i membri dell’Assemblea durante le pause erano un’occasione formativa di grande influenza su tutti noi.

Ma il mio ricordo più bello di Madre Teresa e’ stato era durante gli esercizi spirituali che fui invitato a presiedere per le Missionarie della Carità a Calcutta nel 1990. I partecipanti erano le superiori di molte comunità delle Missionarie della Carità provenienti dall’Africa Orientale e dall’Asia. Vi avrebbe partecipato anche la loro fondatrice, appunto Madre Teresa. Madre Teresa arrivo’ all’aeroporto a tarda notte, la sera prima degli esercizi. Fu accolta affettuosamente da un piccolo gruppo di suore ed fu trattata con rispetto dai funzionari dell’immigrazione. Tuttavia, si presentò un problema. La giovane novizia dalla Polonia che accompagnava Madre Teresa fu fermata all’ Immigrazione poiché, a quel tempo, la Polonia comunista non aveva relazioni diplomatiche con l’India. Non fu possibile contattare il capo dell’Ufficio dell’Immigrazione per chiedere un permesso speciale. Il funzionario in servizio in quel momento suggerì a Madre Teresa di recarsi al suo convento mentre loro si occupavano della sorella polacca in attesa di ottenere il permesso d’ingresso. Madre Teresa rimase con la suora dicendo: “Avete trattenuto mia figlia pertanto io devo stare con lei.” Il responsabile dell’immigrazione fu finalmente contattato alle 2 di notte e fu concesso il permesso d’ingresso per la giovane novizia. Che grande testimonianza materna di “gioia nel sacrificio”!

La mattina successiva, nonostante una notte insonne, Madre Teresa era presente puntualmente alle 7 nella cappella, per la prima meditazione. Con devozione partecipò a tutti i momenti liturgici, ascoltando con attenzione seduta nell’ultima fila. Sopraffatto dalla sua presenza umile, dopo ogni meditazione mi sedevo al suo fianco invitandola a condividere le proprie riflessioni – cosa che ha fatto con umiltà e rispetto. Mentre io predicavo dalla parte anteriore della sala, da un piedistallo di teoria, lei predicava dal lato in fondo alla stanza, con parole incarnate in atti di totale donazione della sua vita e di amore materno per i poveri, i malati e gli abbandonati.

Predicare alla presenza di una santa che ho sempre tenuto in alta considerazione, e’ stato un privilegio, seppur imbarazzante. Pertanto, quando lei mi si avvicinò con fiducia filiale per ricevere un supporto spirituale seguito dalla sua confessione, il mio nervosismo non conosceva limiti: non riuscivo proprio a ricordare la formula di assoluzione! Madre Teresa era una penitente che mi ha convertito in un confessore pentito.

Alla fine del ritiro, Madre Teresa mi ringrazio’ profusamente donandomi gentilmente un rosario per mia madre. Accetto’ perfino di venire a visitare la città dei ragazzi di Don Bosco a Nairobi il giorno seguente. Sfortunatamente non poté fare la visita perché contrasse l’influenza.

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In un mondo terrorizzato e lacerato dalle forze dell’odio e della distruzione e in una società piena di crimini contro la dignità delle donne, la canonizzazione di Madre Teresa il 4 settembre si distinguerà come un faro di disinteressato amore materno. Questa canonizzazione non sono annovererà Madre Teresa tra i Santi della Chiesa Cattolica, ma ispirerà tutte le persone a riconoscere e rispettare il volto “materno” di Dio nel volto di ogni donna che incontriamo sul nostro cammino e vive nelle nostre case.

Possa la Parola di Dio “qualunque cosa avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli e sorelle, lo avrete fatto a me”, concretizzarsi nelle nostre vite, come ha fatto nella vita della grande missionaria della carità, la “materna Santa Teresa”.


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Perché proprio io ? Testimonianza di un Missionario della Misericordia nel Mali

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la testimonianza di un nostro caro amico, nominato da Papa Francesco Missionario della Misericordia ,- Don Toussaint Ouologuem, sacerdote del Mali. Siamo molto grati a Toussaint per questa sua bella testimonianza  e perché conoscendolo giá sappiamo che sará capace di annunciare a chi incontra l’amore e la misericordia infiniti del Padre.

Don Toussaint Ouologuem

Se avessero chiesto a me di scegliere un sacerdote nella mia diocesi per essere missionario della Misericordia, non mi sarei mai scelto. Non perché ho poca fiducia in me o pocas tima di me stesso ; ma perché è di Misericordia che si tratta, di Misericordia Divina.

Sommando assieme i miei peccati, le mie debolezze, le mie infermità spirituali, intellettuali e morali ; aggiungendo a questi la mia rigidità nelgiudizio, quella mia ricerca di giustizia ad ognicosto, quella mia difficoltà a dare una seconda chance alla gente, sopratutto a quelli che mi hanno, in qualche modo, offeso. E in fine per la mia giovane età e la mia poca esperienza nel sacerdozio (2anni e mezzo) ; mettendo insieme tutto quanto, io non mi sarei di certo scelto per essere missionario della Misericordia. Peccatore, troppo rigido, troppo giovane e con poca esperienza, mi sarei definito inadeguato per questa importantissima missione.

Ma eccomi qua; scelto dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, attraverso il collegio Urbano, approvato dal mio vescovo e costituito dal Papa Francesco come missionario della Misericordia. E io mi chiedo: perché proprio me?

A prescindere dalla scelta del collegio Urbano, a prescindere dall’approvazione del mio vescovo, il suo Nulla Osta, a prescindere dalle lettere e dalle mail scritte e scambiate con il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, a prescindere da ogni altra manovra umana, non posso non intravedere la Mano di Dio nel fatto di essere stato scelto. È la mia fede che me lo chiede, la mia spiritualità che me lo dice e la mia vocazione sacerdotale che me lo grida forte. Allora mi chiedo : perché proprio io ?

Questa è la domanda che non ho smesso di farmi e di chiedere a Dio da quando sono stato contattato per la prima volta, perché qualcuno, da qualche parte, ha proposto il mio nome. Con una gioia enorme, con un fascino, da un lato, un timore tremendo dall’altro, ho accettato ben volontieri questa missione.Ma da allora mi chiedo perchè proprio a me ?

Sono ormai sicuro che questa domanda, me la porrò, al di là di questo anno, fino alla fine dei miei giorni, cercando di capire meglio tutto il significato nascosto e voluto da Dio, un significato sia per me, che per gli altri.

Qualche giorno dopo la mia consacrazione come missionario della Misericordia, dopo una Adorazione Eucaristica in una delle Chiese di Torbe, una pia mano mi diede un libro, un libro intitolato : « Non possiamo tacere ciò che abbiamo visto ». Cominciai subito a leggerlo e là, una frase mi colpi, una frase che mi dava una delle risposte alla mia costante domanda. La frase diceva in fatti : « quando Dio tocca una vita, le consegna un dovere : essere pienament e felice in Lui per manifestarlo agli altri ».

Tra conferenze sulla Misericordia, e missioni sulla radio e in TV, tra omelie e celebrazioni penitenziali e certi incontri personali, cerco in tutto di fare la mia missione, quella di essere un sacerdote animatore della Misericordia divina e diffondere la mia felicità. Ma non è mai abbastanza. Ecco perché non mancò l’occasione di chiedere alla gente di pregare per me, così come Papa Francesco lo fà in molte situazioni, chiedendo alla gente di pregare per lui.

Molte storie di vocazione nella Sacra Scrittura ci fanno capire che Dio, il più delle volte, non sceglie qualcuno perché quella persona è già capace di compiere la sua missione, ma lo sceglie, proprio per renderlo capace, adeguato, per la missione. Il moi compito è quindi di stare vigilante per poter cogliere ogni Grazia che Dio mi darà per questa mia missione. Possa Di oaiutarmi in questo !

Questo è un anno di Grazia che ci è donato. E un anno in cui abbiamo il compito di meditare (personalmente) la Misericordia di Dio, di usufruire della sua Misericordia (col sacramento dellapenitenza) e di viverla (le 14 opere della Misericordia).

Verso la fine della sua Bolla, Misericordiae Voltus, Papa Francesco dice : Lasciamoci sorprendere da Dio durante questo giubileo ! Io aggiungo che bisogna anche lasciarci sorprendere da noi stessi : sorprendiamoci di quello che faremo di bello, di grande e di straordinario meditando, usufrendo e vivendo, condividendo la Misericordia di Dio. Dio ci benedica tutti !


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Ci accontentiamo di poco sperando nella Provvidenza: da una parrocchia del Benin

Con gioia pubblichiamo un post di don Igor Kassah, sacerdote del Benin che ha studiato a Roma presso la Pontificia Università Urbaniana e ha svolto servizio pastorale nella nostra parrocchia Santa Maria ai Monti, con grande dedizione e disponibilità. Un nostro carissimo amico che ricordiamo spesso con grande affetto e nostalgia e per il cui ministero preghiamo sempre. Qui pubblichiamo un suo primo e speriamo non ultimo blog post, corredato con foto. Una bella testimonianza dalla Chiesa del Benin.



Don Igor Kassah

Vorrei condividere con voi sul blog un evento bello che abbiamo vissuto pochi giorni fa. Ho celebrato il rito dell’entrata al catecumenato per 60 ragazzi e adulti che hanno cominciato il cammino cristiano all’inizio dell’anno pastorale. 

In questa nuova parrocchia di San Martino nella diocesi di Natitingou al nord della Repubblica del Benin ho 164 catecumeni  (dal primo anno al quarto anno di cresima.) Abbiamo una communità dinamica e giovane. Come amministratore della parrocchia,  lavoro con una decina di catechisti. La parrocchia ha solo un anno. Per ora abbiamo solo una chiesetta che contiene quasi 200 fedeli e la domenica disponiamo altre sedie fuori. Non abbiamo altre strutture per le riunioni, le prove di canto per diversi cori  (due cori in lingua francese, uno per i bambini, poi un altro per giovani. Ben 5 cori in diversi dialetti!). Ogni domenica anima la liturgia un coro diverso. Per ora ci accontentiamo del poco che il Signore ci ha regalato sperando che la Provvidenza ci venga presto in aiuto. Grazie di pregare per questo.