ConAltriOcchi blog – 以不同的眼光看世界-博客

"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)


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Maria donna dell’Avvento e di ogni tempo

Tempo di Avvento

L’angelo Gabriele entrò da LeiIl signore entra nelle nostre case, nella ferialità e quotidianità delle nostre vite. Dio si manifesta non soltanto nei grandi momenti della storia, ma soprattutto, negli incontri di ogni giorno, nei piccoli – grandi doni quotidiani.

La prima parola dell’angelo non è un semplice saluto, ma la parola di cui tutti abbiamo bisogno: la gioia. Rallegrati, gioisci, sii contenta.Come sarebbero migliori e più evangeliche le nostre comunità cristiane se avessero al centro questa gioia da annunciare, che sarà poi compiuta nella notte di Natale.

La seconda parola dell’angelo ci dice anche il perché della gioia: sei piena di grazia. Ognuno di noi può mettere accanto al nome di Maria anche il proprio nome; ognuno di noi è ricolmato dell’amore di Dio; la Vergine lo è in pienezza, noi dobbiamo ancora lottare con il mistero del peccato che ci impedisce di accogliere totalmente l’amore di Dio.Noi però pur nelle tenebre del peccato, siamo già totalmente amati da Dio, che non smette mai di tendere la sua mano misericordiosa verso di noi. Il primo Sì è quello di Dio verso Maria e verso tutti noi. Nessuno si senta mai escluso da questo Sì del Signore.

Maria risponde alla sua vocazione, con grande umanità e con grande fede. Non risponde con un sì forte e isolato dalla vita concreta; Ella vuole capire, desidera riflettere; Maria ha sostenuto la sua fede con il servizio della ragione; si è servita anche della esuberanza della sua adolescenza; nel suo sì definitivo è entrata tutta la concretezza della sua vita di donna. Questo è una grande testimonianza per noi, a volte rinchiusi in un comodo spiritualismo disincarnato che ti fa stare al riparo dalla complicatezza della vita e alla fine ti deresponsabilizza.

Eccomi,come hanno detto tutti coloro che hanno ascoltato la voce di Dio;sono la serva del Signore. Sono disposto cioè non ad essere uno schiavo o un servo di un padrone, ma voglio vivere la mia vita come collaboratore di una grande gioia che sarà di tutto il popolo come ascolteremo nella notte di Natale.

Oggi Maria ha detto il suo sì. Davanti alla croce di Suo figlio rimarrà in silenzio, un silenzio bagnato di lacrime. Nel mistero della nostra Redenzione abbiamo il Sangue e le lacrime: il Sangue del Figlio, le lacrime della Madre. Un incontro del Sangue e delle lacrime, lungo il Calvario e ai piedi della Croce.Ci vogliono le lacrime della Madonna, ci vuole la sua Pietà per abbattere la durezza dei nostri cuori. Oggi diciamo tutti sì alla vita, una vita redenta dal sangue del Figlio e protetta giorno dopo giorno dalle lacrime di Maria


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Dio sta per venire

Tempo di Avvento

L’Avvento non è una prima di tutto una preparazione al Natale, ma una contemplazione della seconda venuta di Gesù alla fine dei tempi. Noi viviamo i nostri giorni tra due avvenimenti; un fatto già avvenuto, la nascita, e un altro atteso, il suo ritorno alla fine della storia. Noi anche celebriamo l’eucarestia, “nell’Attesa della Sua venuta”.

L’Avvento si estende per quattro settimane nel quale il colore liturgico è il viola, riservato ai tempi di attesa (Avvento e Quaresima) e di dolore (morte).  Si distingue la terza domenica, detta domenica Gaudete/Rallegratevi, dalla prima parola dell’antifona d’ingresso, in cui nel medioevo si interrompeva il digiuno di Avvento, simile a quello di Quaresima per l’ormai prossimo Natale. Durante il periodo di Avvento non si canta il Gloria,che esprimerà la gioia degli angeli e di tutta la creazione nella notte di Natale,  mentre rimane il canto dell’Alleluia, come espressione del già e non ancoradel tempo in cui viviamo.

Nel 490 il vescovo di Tours ordinò che il periodo prima di Natale diventasse un tempo penitenziale nella Chiesa Franca dell’Europa Occidentale, e ordinò un digiuno di tre giorni ogni settimana a partire dall’11 novembre, festa di S. Martino di Tours protettore della sua città. Tra la festa di San Martino e il Natale ci sono 40 giorni. Questo numero di giorni   ricordava il  tempo dei 40 giorni della Quaresima, come anche  i 40 giorni e le 40 notti di Mosè sul monte Sinai (Es 24,18; 34,28). Ecco perché il tempo di Avvento fu anche denominato   Quadragesima Sancti Martini o anche Quaresima e  digiuno  di 40 giorni di San Martino. Come la Pasqua era preceduta dalla Quaresima di penitenza, così anche il Natale era preceduto dalla Quaresima di San Martino. Si viveva la gioia della venuta del Messia con una attenzione penitenziale.

Un secolo dopo (sec. VI) anche nella Chiesa di Roma viene introdotto il Tempo di Avvento, con un tono prevalentemente gioioso sviluppando di più l’aspetto di preparazione al Natale.  Nel sec. XIII, alla fine del Medio Evo, i due aspetti della liturgia gallicana e romana trovarono una sintesi tra aspetto penitenziale e festoso. Ancora oggi fondamentalmente si mantiene questo equilibrio grazie alla riforma liturgica voluta dal concilio Vaticano II e da Paolo VI.

Il  nostro  compito di cristiani del ventunesimo secolo  è quello di tenere alta  e luminosa la fede nel Dio di Gesù Cristo, tra poco bambino, crocifisso e risorto. Dobbiamo anche mantenere , e non è un compito secondario,  la fede in un mondo di giustizia e di pace di cui nel tempo di Avvento ci parleranno i profeti. Noi crediamo che sia necessario, l’amore, il volersi bene nella città, cioè nelle nostre metropolitane, nei nostri palazzi, nei nostri luoghi di lavoro; crediamo che sia non solo importante, ma necessario.

Non basta più che nel mondo ci siano le anime buone che si dedicano alle opere buone. Ogni potere ha sempre avuto bisogno di qualche anima buona. Nella logica del potere   qualcuno che si dedica alla giustizia è un ottimo paravento, per fare più comodamente i propri affari!

Ascolteremo in questo tempo di Avvento, il grido di Giovanni Battista : «Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni burrone sarà riempito, ogni monte abbassato; le vie tortuose diventeranno diritte e quelle impervie, spianate». La voce ci parla di un mondo duro e difficile, violento in tanti giorni della storia.  Le montagne insuperabili oggi sono quei muri che tagliano in due le città, le nazioni, le speranze di tanta povera gente. I burroni scoscesi sono la disperazione di molti che attendevano carità e hanno trovato leggi disumane e spietate. Il profeta però vede oltre, vede strade che corrono diritte e piane, burroni colmati, monti spianati. Il profeta vede le speranze mai sconfitte degli uomini. Vede soprattutto il sole che sorge sulle notti di tante persone e di tanti popoli.

Il profeta garantisce: «Ogni uomo vedrà la salvezza». Dio viene e non si fermerà davanti ai burroni o alle montagne, e neanche ai cuori di pietra.  Perché :” un bambino è nato per noi; ci è stato dato un figlio”.(Is 9,5)


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Testimoniare la nostra gioia Gesù

La conclusione del Sinodo sui giovani

Il documento finale del Sinodo sui giovani che si è chiuso ieri, sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, guiderà il discernimento della Chiesa nei mesi a venire.

Come è noto , il Santo Padre Francesco ha voluto iniziare lo scorso anno, con una sua personale lettera  ai giovani di tutto il mondo, questo cammino: “ Un mondo migliore si costruisce anche grazie a voi, alla vostra voglia di cambiamento e alla vostra generosità. Non abbiate paura di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scelte audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischiare per seguire il Maestro. Pure la Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche. Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori” (lettera papa Francesco ai giovani).

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Anche i Padri sinodali, ieri durante la Santa Messa in San Pietro hanno voluto donare a tutti i giovani del mondo una Lettera dove si esprime la grande fiducia della Chiesa :” siete il presente, siate il futuro luminoso”.

Papa Francesco nella sua omelia ha esortato la Chiesa a mettersi sempre in ascolto, essere prossima e testimone della gioia che è Gesù.

In questo modo tutti insieme potremo camminare sulla strada della santità, come esorta la conclusione del documento finale del sinodo :” È stato chiaro fin dall’inizio del percorso sinodale che i giovani sono parte integrante della Chiesa. Lo è quindi anche la loro santità, che in questi ultimi decenni ha prodotto una multiforme fioritura in tutte le parti del mondo: contemplare e meditare durante il Sinodo il coraggio di tanti giovani che hanno rinunciato alla loro vita pur di mantenersi fedeli al Vangelo è stato per noi commovente; ascoltare le testimonianze dei giovani presenti al Sinodo che nel mezzo di persecuzioni hanno scelto di condividere la passione del Signore Gesù è stato rigenerante. Attraverso la santità dei giovani la Chiesa può rinnovare il suo ardore spirituale e il suo vigore apostolico. Il balsamo della santità generata dalla vita buona di tanti giovani può curare le ferite della Chiesa e del mondo, riportandoci a quella pienezza dell’amore a cui da sempre siamo stati chiamati: i giovani santi ci spingono a ritornare al nostro primo amore (cfr. Ap 2,4).”


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Una perenne Pentecoste

Paolo VI santo

“La Chiesa ha bisogno della sua perenne Pentecoste” affermava  Paolo VI. Durante tutta la sua vita ebbe una forte esperienza dello Spirito che sostiene ogni debolezza; seppe annunciare con la Parola e con la testimonianza che tra la Chiesa e il mondo, non solo non c’è opposizione, ma c’è un rapporto di ascolto e di servizio, fondato sull’evento della Incarnazione: “non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo.”( cfr Testamento di Paolo VI)

Dall’apostolo di cui portava il nome ha assunto il coraggio di confrontarsi con ogni modernità, la fiducia e la gioia di sperimentare che: “Tutto concorre al bene per coloro che amano Dio. (Rm8,28)

Paolo Vi ha confermato i suoi fratelli nella fede, e superando con forza profetica i confini del suo Ministero, ha annunciato anche agli uomini di buona volontà la Speranza che non delude, la Civiltà dell’Amore da cui nessuno è escluso, nessuno è dimenticato. Guidando la barca della Chiesa nel Concilio e nel post concilio, tenendo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, valorizzando le grandi conquiste dell’uomo moderno, ha lasciato a noi una testimonianza impressionante di santità quotidiana, quella alla quale ci sprona papa Francesco nella Gaudete et Exultate.

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E’ l’uomo Giovanni Battista Montini, sacerdote, vescovo e papa ad essere elevato a modello ed intercessore per tutta la Chiesa. Una santità vissuta giorno dopo giorno nella sua vicenda personale, come testimoniano quei capolavori spirituali che sono le sue lettere ai famigliari; una santità vissuta nella fatica pastorale per i suoi studenti e nel servizio umile e forte alle grandi cose del papa durante gli anni alla Segreteria di Stato. Una santità offerta e sofferta nel Suo ministero episcopale a Milano, a servizio di ogni uomo. E finalmente una santità che ha ricevuto le chiavi di Pietro per aprire le porte al Salvatore del mondo, e dire ai poveri la Beatitudine di Cristo.

Una santità romana:” Sì, Roma ho amato, nel continuo assillo di meditarne e di comprenderne il trascendente segreto, incapace certamente di penetrarlo e di viverlo, ma appassionato sempre, come ancora lo sono, di scoprire come e perché «Cristo è Romano”. ( omelia nella Santa Messa l’80° compleanno) Visitando le parrocchie e le realtà diocesane di Roma intendeva portare la Buona Notizia alle genti, incontrare il nuovo popolo di Roma, respirare l’eterna giovinezza della Chiesa, dire all’uomo che Dio è Padre, dire con le parole di Paolo:” Non desidero nulla, desidero voi” (2 Cor. 12, 14). “Voi, Romani. Romani di ieri e di sempre Romani d’origine e di nascita: sapete che Noi abbiamo immensa stima e fiducia di voi? Noi conosciamo la bontà ch’è nei vostri animi e nei vostri costumi; E lo stesso diciamo ai Romani nuovi: a tutti quelli che la Capitale del Paese chiama a Roma, […] specialmente agli Immigrati e a tutta la gente di lavoro che abita nei quartieri operai e periferici della Città. Noi vi accogliamo, Noi vi salutiamo, Noi vi vogliamo bene. Non dovrete sentirvi forestieri a Roma, non dovrete rimanere estranei alla vita, anzi allo spirito della Città. (Ingresso del Vescovo di Roma al Laterano 10 novembre 1963).

Roma e il mondo intero oggi si inchinano riconoscenti e grati al Signore per il dono di questo grande Pastore.


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In comunione con la Chiesa in Cina, siamo una famiglia

Ieri nella nostra parrocchia di Santa Maria ai Monti abbiamo organizzato una Messa solenne per inaugurare le attivitá del nuovo anno pastorale, con la partecipazione di tutti, catechisti, bambini, operatori pastorali, suore e religiosi del rione….La Provvidenza ha voluto che fossero appena arrivati a Romdue vescovi della Cina continentale, che per la prima volta nella storia partecipano al Sinodo, in forza del recente accordo provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, per il quale la nostra comunità ha tanto pregato e speratoLi abbiamo invitati a concelebrare la Messa, presieduta dal Cardinale Francesco Coccopalmerio, Presidente Emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, e loro hanno accettato con grande gioia.
Per noi che da sempre portiamo nel cuore la Chiesa in Cina, ma anche per tutta la comunitá parrocchiale che ha imparato a conoscere e voler bene a questi nostri fratelli e sorelle “lontani” geograficamente ma cosí vicini nella comunione ecclesiale, la loro presenza tra noi ha reso la festa ancora piú bella . Come Papa Francesco, ci siamo profondamente commossi per aver condiviso con loro la celebrazione dell’Eucarestia nella nostra parrocchia e a Roma. Portiamo anche nel cuore e invitiamo a leggere il Messaggio che il Santo Padre Francesco ha scritto recentemente ai Cattolici cinesi e alla Chiesa Universale.
I due vescovi cinesi erano Mons. Giovanni Battista Yang Xiaoting, vescovo di Yan’ An (Shaanxi), Mons. Giuseppe Guo Jincai, vescovo di Chengde (Hebei), quest’ultima diocesi appena eretta dal Santo Padre. Ha concelebrato anche Mons. Leonardo Gomez, Vescovo Emerito di Chiquinquirà (Colombia), che è a Roma per partecipare alla canonizzazione del Beato Papa Paolo VI e di Mons. Oscar Romero, che si terrà in San Pietro il prossimo 14 ottobre. 

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Foto: ©Francesco Pesce/ConAltriOcchi Blog

Dopo una breve omelia del Cardinale, Mons. Yang ha preso la parola e, ispirandosi alle letture del giorno, ha condiviso una breve ma significativa riflessione con la nostra comunitá – la riportiamo di seguito con quale piccola modifica di editing:
Come la famiglia costituita da marito e moglie é sempre unita, cosí é la Chiesa, che é una, santa, cattolica e apostolica. In Italia, in Cina o in altri Paesi, l’amore di Cristo é sempre lo stesso. Papa Francesco, che conosce molto bene la nostra situazione della Chiesa cattolica in Cina, non vuole lasciarci, non vuole separarci dalla Chiesa universale.  Noi aspettiamo sempre che il il Santo Padre possa venire in Cina, che anche voi, il Cardinale, il Parroco don Francesco, tutti voi, sempre vi aspettiamo in Cina! Nell’amore di Cristo, nell’amore di Dio, siamo sempre una famiglia, la Chiesa universale é sempre come una famiglia. Anche se siamo in paesi diversi, anche se nella cultura, nella liturgia e in altre cose c’é una diversitá, la nostra fede, nel Signore, é sempre una. Per questo tutti noi, nell’amore di Dio, nell’amore di Cristo, siamo uniti come una famiglia. Voi avete pregato molto per la Chiesa cinese. Vi ringraziamo per questo, per aver pregato per noi, per aver aiutato la Chiesa in Cina. Anche oggi siamo molto contenti di essere venuti in mezzo a voi, questa é una grande gioia per noi. Vi ringrazio ancora per la vostra preghiera e per tutto l’amore che avete manifestato per la Chiesa in Cina. Vi chiedo ancora un aiuto per questa Chiesa in Cina. La nostra Chiesa é come una bambina, non é molto matura, quindi abbiamo bisogno del vostro accompagnamento, del vostro aiuto e della vostra preghiera, sempre nell’amore del Signore. Grazie a tutti!  
Questa riflessione é stata una perla preziosa donata alla nostra comunitá, che si é aggiunta alle incommensurabili ricchezze che giá possediamo. Tanti parrocchiani e persone di buona volontá hanno animato questa celebrazione. I lettori, il coro e i sacerdoti concelebranti. C’era la presenza significativa dei bambini e dei ragazzi che inizieranno o continueranno il catechismo in preparazione dei Sacramenti, accompagnati dai genitori e dalle loro famiglie. Abbiamo scritto noi le preghiere dei fedeli e un parrocchiano dopo l’altro le ha lette a significare il contributo di tutti e di ciascuno alla vita della comunitá. Altri parrocchiani hanno poi portato i doni all’Altare. Il pane e il vino, ma anche due stole rosse per i vescovi cinesi e un’immagine evangelica fatta dalle suore cinesi per il Cardinale. Alla fine della Messa la processione si é fermata a pregare all’altare laterale dove sono poste le reliquie del Beato Gabriele Maria Allegra, missionario francescano siciliano traduttore della Bibbia in cinese. Per l’occasione avevamo fatto portare anche dalla Rettoria cinese la statua della Madonna di Sheshan, cui i cattolici cinesi sono tanto devoti.
Non c’era modo piú bello di iniziare l’anno pastorale. Un dono della Provvidenza, un dono della Madonna, nel giorno che ricordava la Vergine del Rosario. Maria Regina dei Monti, Regina del Rosario e Regina della Cina prega per noi, per la nostra comunitá e per la Chiesa universale!


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In cammino per il Clima

Ieri da Piazza San Pietro con la Benedizione dell’Incaricato per la Pastorale sociale della diocesi di Roma, è partito il Pellegrinaggio organizzato da FOCSIV, GCCM – Global Climate Catholic Movement e The Climate Pilgrimage per chiedere ai partecipanti di COP 24 di ridurre il riscaldamento globale

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Protagonista di questo Cammino per il Clima è Yeb Saňo, ex delegato della Repubblica delle Filippine per le conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, e responsabile Greenpeace Sudest Asiatico.

Afferma Yeb : “I pellegrini, ispirati dall’Enciclica Laudato Si’, sono i portavoce del messaggio delle comunità locali, incontrate lungo il percorso, e rivolto ai leader mondiali affinché onorino gli impegni presi a Parigi tre anni fa. La Conferenza ONU di Katowice, questo dicembre, potrebbe rivelarsi una pietra miliare cruciale nel percorso tracciato dall’Accordo del 2015.[…] Soprattutto, vogliamo che le persone vedano la crisi climatica come una crisi dello spirito che investe tutta l’umanità e come una questione di giustizia per l’intero Pianeta. Una crisi che richiederà un risveglio spirituale globale”.

Il pellegrinaggio che è partito ieri si pone in ideale continuità con l’ incontro di preghiera ecumenico per il creato, che si è svolto ad Assisi, il 31 agosto, in occasione della Giornata mondiale di preghiera per il creato.

In una conferenza stampa organizzata presso la sede della Radio Vaticana è stato presentato anche il Manifesto per il Clima


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Giovani con papa Francesco e tutta la Chiesa al Sinodo

Il documento preparatorio per il Sinodo sui giovani che si è aperto ieri, sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, sta guidando il discernimento dopo il presinodo di Marzo.

Come è noto , il Santo Padre Francesco ha voluto accompagnare con una sua personale lettera  ai giovani di tutto il mondo, questo cammino: “Un mondo migliore si costruisce anche grazie a voi, alla vostra voglia di cambiamento e alla vostra generosità. Non abbiate paura di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scelte audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischiare per seguire il Maestro. Pure la Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche. Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori” (lettera papa Francesco ai giovani).

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Anche l’ormai consueto questionario di consultazione, inviato agli organi rappresentativi aventi diritto (Sinodi dei Vescovi e Consigli dei Gerarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, Conferenze Episcopali, Dicasteri della Curia Romana e Unione dei Superiori Generali) si è rivelato uno strumento utilissimo. C’è stata anche la grandissima novità di una consultazione di tutti i giovani attraverso un sito Internet, con un questionario sulle loro aspettative e la loro vita. Le risposte molto numerose, ai due questionari hanno costituito la base per la redazione del Documento di lavoro che è oggi il punto di riferimento per la discussione dei Padri sinodali. Ancora una volta Papa Francesco ci stupisce e ci incoraggia ad essere protagonisti del Vangelo e testimoni autentici e coraggiosi di vita cristiana. Sono “convocati” tutti i giovani del mondo; sono chiamati a far sentire la propria voce, troppo spesso soffocata dal mondo degli adulti.

“Desidero anche ricordarvi le parole che Gesù disse un giorno ai discepoli che gli chiedevano: «Rabbì […], dove dimori?». Egli rispose: «Venite e vedrete» (Gv 1,38-39; Lettera di Papa Francesco ai giovani).

Una novità storica, una sorpresa dello Spirito caratterizza questo sinodo; dopo il recente accordo tra Santa Sede e Pechino sulle nomine episcopali, due vescovi, Giovanni Battista Yang Xaoting e Giuseppe Guo Zincai, hanno avuto la gioia, che è di tutta la Chiesa, di partecipare al Sinodo.

“Oggi, per la prima volta, sono qui con noi anche due confratelli Vescovi dalla Cina Continentale. Diamo loro il nostro caloroso benvenuto”, ha detto Papa Francesco:“La comunione dell’intero Episcopato con il Successore di Pietro è ancora più visibile grazie alla loro presenza”. Una visibile emozione e commozione si sono notate sul volto del papa.

Proprio durante il sinodo dei giovani Papa Francesco eleverà agli onori dell’altare il Suo grande predecessore Paolo VI, il vescovo Romero e il giovane lavoratore Nunzio Sulprizio ; un ulteriore grande dono per  i giovani del mondo.

Percorriamo allora questo cammino sinodale sapendo che il Signore ci chiama a seguirlo con fiducia e passione, certi che durante il viaggio Lui sarà sempre con noi.


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Una vita e una morte in ginocchio; a due anni dal martirio di Padre Hamel

Oggi sono già due anni da quando Padre Hamel è stato  ucciso, vilmente e senza pietà a Saint-Etienne-du Rouvray, vicino a Rouen, in Francia, mentre celebrava la messa del mattino nella sua chiesa; ci furono anche alcuni feriti tra i fedeli che stavano partecipando alla liturgia. Il sacerdote aveva 86 anni e tutti gli volevano bene per le sue qualità umane e la sua profonda spiritualità .

La morte di un prete e’ come quella di tutti gli altri uomini, ma agli uomini può sempre insegnare qualcosa. Padre Hamel e’ stato ucciso vilmente e senza pietà, in ginocchio. In ginocchio e’ stata anche tutta la sua vita, curvo sui bisogni della gente, alle altezze dei poveri. Anche noi in questo momento ci vogliamo mettere in ginocchio per rendere omaggio a questo sacerdote che ha speso la sua lunga esistenza a servizio dell’uomo.

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All’inizio di giugno nel Bollettino parrocchiale aveva scritto un saluto ai fedeli che si apprestavano a partire per le vacanze estive dicendo:”portate un po’ di umanità e misericordia nel mondo “.Poi e’arrivata la morte. La morte e’ l’ultima parola e noi non abbiamo parole da dire, ma solo il silenzio della preghiera e degli affetti, il silenzio dell’amore forte come la morte.  La Bibbia nel Cantico dei Cantici non dice che l’amore è più forte della morte, ma dice: “ forte come la morte e’ l’amore “. Forse perché la lotta tra amore e morte la può vincere definitivamente solo il Risorto. A Lui solo vogliamo lasciare la parola che noi non abbiamo.

Noi non abbiamo la forza di dire la parola che viene dopo la morte; la parola che viene dopo la morte, la può dire Dio solo. E Gesù questa Parola non l’ha solo detta o scritta ma l’ha vissuta in se stesso, consegnandola una volta per sempre alla Storia del mondo: “ Io sono la resurrezione e la vita , chi crede in me anche se muore vivrà “.(GV 11,25)

Gesù chiede ancora alla sua Chiesa, all’Europa ad ognuno di noi, di gettare la rete, di continuare a credere, vivere e sperare. E’ una rete che non si spezza e si riempie di amore sempre nuovo, perché è gettata sulla Parola del Risorto anche se a volte non lo abbiamo  riconosciuto , anche se a volte non ce la facciamo perché la vita non è un principio da difendere ma una cosa drammatica e magnifica,  una grande avventura  da accompagnare con l’aiuto della Grazia.

Aspettiamo continuando a fare il bene, seminando semi di fraternita’ e di pace, un alba nuova dov’è potremo gridare “ è il Signore!”, il grido di amore di Giovanni, il grido del Cantico dei Cantici “l’amato mio” (Ct2,8). Non abbiate paura – ci dice ancora una volta Gesu’- Io ho vinto il mondo.


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Un canto all’Amore

Cinquantesimo anniversario della Lettera Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI

il 25 luglio del 1968, l’enciclica di Paolo VI Humanae Vitae, appare prima di tutto come un testo profondamente spirituale. Vi si possono leggere in controluce, l’esperienza famigliare di Montini, la sua profonda conoscenza del mondo giovanile, iniziata e mai tralasciata come assistente spirituale di tanti giovani universitari in particolare nella FUCI.

L’Humanae Vitae non è dunque un documento calato dall’alto, ma è quasi un appello dal basso a vivere la piena dignità dell’amore umano, che si realizza nell’immagine e somiglianza con Dio.

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Paolo VI pochissimi giorni dopo la pubblicazione della enciclica confidò queste parole che ben esprimono la profondità spirituale delle sue intenzioni: “Risponde questa Enciclica a questioni, a dubbi, a tendenze, su cui la discussione, come tutti sanno, si è fatta in questi ultimi tempi assai ampia e vivace, e su cui la Nostra funzione dottrinale e pastorale è stata fortemente interessata. Il primo sentimento è stato quello d’una Nostra gravissima responsabilità. Esso Ci ha introdotto e sostenuto nel vivo della questione durante i quattro anni dovuti allo studio e alla elaborazione di questa Enciclica. Vi confideremo che tale sentimento Ci ha fatto anche non poco soffrire spiritualmente”.

Si può ben dire che l’Humanae Vitae è un vero e proprio canto all’Amore, ideale forse, ma non irreale.

Oggi, dopo i due Sinodi sulla famiglia del 2014 e del 2015, e dopo la pubblicazione dell’esortazione Amoris laetitia, la Chiesa è arrivata, dice Papa Francesco «a una rinnovata consapevolezza del vangelo della famiglia e delle nuove sfide pastorali a cui la comunità cristiana è chiamata a rispondere». Uno sguardo nuovo sulla realtà della famiglia che Paolo VI ha contribuito non poco a suscitare; uno sguardo con gli occhi dello Spirito, uno sguardo di una Chiesa madre e non solo maestra.

“‘Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?’ Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: ‘Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre’” (Mc 3,33-35).

Questi versetti del Vangelo di Marco sembrano adatti per riflettere biblicamente sulla famiglia, in questi tempi di grandi trasformazioni, che per noi cristiani aprono nuovi spazi di carità. Proviamo a rispondere a tre domande che possono essere orientative.

Come si costruisce una famiglia cristiana?

Non basta certamente celebrare il sacramento, come l’evidenza ci mostra, ma occorre rispondere alla vocazione, compiendo la volontà di Dio. La volontà di Dio è che ognuno sia felice insieme agli altri e possa vivere su questa terra pregustando l’amore di Dio nell’attesa di poterLo un giorno incontrare. Gesù ci ha consegnato anche lo strumento per vivere felicemente, le Beatitudini. Chi vive le Beatitudini contribuisce a costruire rapporti di fraternità, la famiglia umana e un mondo dove non ci sono schiavi o servi di nessun padrone, ma solamente figli e fratelli.

Famiglia “cristiana”, che cosa dici di te stessa?

Nessuno può mettere in dubbio la bellezza della famiglia così come l’annuncia la Chiesa. Questa famiglia “cristiana” ha contribuito non poco al bene della società e a alla storia dell’umanità. Ora vediamo che le istituzioni scricchiolano, che ciò che prima erano le nostre sicurezze e i nostri legami vacillano, e gli stessi sentimenti cercano nuove forme di espressione. In tutta questa trasformazione, dove e come si colloca la famiglia cristiana? I fondamenti della famiglia cristiana non sono scritti nelle tavole di pietra della legge, ma come ha detto Gesù la legge dello spirito è scritta nelle tavole dei nostri cuori. Per questo, soprattutto oggi, con la forza dello Spirito la famiglia cristiana può essere un efficace testimone della bellezza, dell’altezza e della profondità della sua vocazione. Con queste premesse, poniamoci una domanda: famiglia cristiana, che cosa dici di te stessa? Facci vedere tu la bellezza e l’originalità della tua chiamata, facci gustare la presenza del Signore in mezzo te. Questo è quasi un appello silenzioso che il mondo fa alla Chiesa. Il problema è che spesso anche le famiglie cristiane hanno perso il “sapore del sale”, non sono più “lievito” nella farina della storia, non sono più luce che illumina il cammino.

È un tradimento non solo della natura ma anche del Vangelo il tasso di natalità che si avvicina allo zero nel nostro Occidente, culla della Cristianità.

Allora cosa può fare la famiglia cristiana?

Queste e altre contraddizioni devono essere sanate affinché la famiglia cosiddetta cristiana torni ad essere credibile, testimone coerente, modello da proporre. Una famiglia cristiana non può essere chiusa in se stessa o nel proprio movimento di appartenenza, è per definizione “famiglia in uscita”. Non può avere paura e anzi sente l’urgenza “missionaria” di vivere in mezzo e di confrontarsi con altre scelte di vita – che sono semplicemente un fatto della società moderna – avendo come unico ma efficace mezzo di evangelizzazione la testimonianza. Questa è la via per “difendere” la famiglia.


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Chi è Gesù per me?

La solennità dei Santi Pietro e Paolo

Nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo che oggi 29 Giugno la Chiesa celebra, siamo ancora una volta Messi di fronte alla grande domanda del Vangelo : “Chi dite voi che io sia?». Per rispondere a questa domanda di Gesù che leggiamo nel Vangelo, dobbiamo prima di tutto renderci conto di un vero e proprio “trapianto” di Spirito avvenuto nella nostra vita: «Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione» (Zc 12,10). Dio abbraccia ognuno di noi e con il dono del suo Spirito ci fa riconoscere la Sua presenza. Questo dono è per tutti perché come ci ricorda San Paolo non c’è più una salvezza per gli Ebrei e una per gli altri popoli perché Gesù ha abbattuto il muro di separazione che li divideva (Ef 2,14) ed è morto sulla croce per il mondo intero: «Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28).

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«Chi dite voi che io sia?». Per rispondere a questa domanda dobbiamo anche chiederci chi è l’uomo. Come facciamo a rispondere circa l’identità di Gesù quando ancora siamo perplessi davanti a chi ha il colore della pelle diverso? Quando abbiamo paura delle moltitudini che vengono da lontano? Se non sapremo riconoscere e rispettare il volto dell’uomo più lontano da noi, non possiamo rispondere su chi è Gesù.

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Una parrocchia di Xi’An (Cina). Foto: ©Francesco Pesce / ConAltriOcchi Blog

«Chi mi vuol seguire deve prendere la sua croce». Prendere la croce oggi vuol dire farsi carico del peso degli esclusi, per amore dell’uomo. Certamente in questo modo si perde la vita: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà». Perdere la vita vuol dire rischiare tutte le nostre sicurezze, mettere in questione le nostre abitudini, e quindi vuol dire in un certo senso morire. Entrare in questa morte però vuol dire salvarsi e salvare il mondo. Vediamo oggi nella nostra Europa come sia difficile allargare gli spazi e accettare le diversità. L’Europa si potrà salvare soltanto accettando il cambiamento in atto.

«Chi dite voi che io sia?». Per rispondere a questa domanda dobbiamo soprattutto pregare.“Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui” (Lc 9,18). Gesù prende coscienza della sua missione nella preghiera; capisce a poco a poco nella preghiera, l’universalità della sua vocazione. Gesù pregando incomincia a compiere la volontà del Padre, un progetto di salvezza per tutta l’umanità e per ciascun uomo.

Anche la Chiesa, ognuno di noi siamo chiamati a “vedere” nella preghiera la volontà di Dio, il suo progetto di amore per me e per tutti, e così diventare giorno dopo giorno collaboratori del Regno di Dio.