ConAltriOcchi blog – 以不同的眼光看世界-博客

"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)


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Morto il Re, viva il Re

Donald Trump sarà il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America. Il nuovo presidente americano giurerà sulla Bibbia; prima una cerimonia privata nella blue room della Casa Bianca poi una cerimonia pubblica il 20 gennaio come tradizione  prima delle ore 12.00,  quando inizierà ufficialmente il mandato presidenziale. Nella costituzione americana è scritta la formula testuale del  giuramento che il Presidente eletto deve ripetere davanti a un giudice, per tradizione il presidente della Corte Suprema: “Giuro (o affermo) solennemente che adempirò fedelmente all’incarico di Presidente degli Stati Uniti, e preserverò, proteggerò e difenderò, al meglio della mia capacità, la Costituzione degli Stati Uniti”.

Giurerà sulla Bibbia. Questo nella tradizione americana non è solo un atto formale, ma è rivestito di profondo significato. Trump è anche un uomo molto ricco . Nella Bibbia Gesù rèlega la ricchezza al ruolo dello strumento. Ci avverte però che spesso essa è diventata  iniqua perché l’uomo se ne è fatto strumento di grandezza e di dominio, anzi di sterminio del povero. Siamo arrivati nel mondo, tutti lo vediamo,allo sterminio programmato e calcolato dei poveri. Abbiamo investito somme iperboliche per fare armi e di conseguenza milioni di uomini muoiono. La nostra responsabilità di fronte alla ricchezza,ci impone  di agire perché la ricchezza deve diventare strumento di liberazione degli uomini.

Questo è l’amore di Dio biblicamente significato. Non l’amore a chiacchere ma nella verità dei fatti e dei comportamenti. I fatti passano attraverso una economia solidale, una politica sociale, un welfare che include e non esclude, la consapevolezza che l’America è un grande paese inserito in un mondo globale, dove c’è urgente bisogno della globalizzazione della solidarietà e non dell’indifferenza.

Preghiamo perché gli Stati Uniti d’America e il loro nuovo presidente siano all’altezza della Parola di Dio sulla quale in un  certo senso tutto il popolo americano presta giuramento, della loro grande Costituzione, della loro storia.


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Purificazione ma non separazione. Il Giubileo dei carcerati

E’ molto rilevante che uno degli ultimi grandi eventi dell’Anno Santo della Misericordia sia il “Giubileo dei carcerati” che avrà il suo culmine domani mattina con la messa celebrata da papa Francesco. I detenuti con i loro famigliari, il personale penitenziario, i cappellani delle carceri, le associazioni che offrono assistenza all’interno e all’esterno delle carceri, tutti insieme celebrano questo evento che racchiude in sé molti significati. Un primo importante significato è quello sociale.

I detenuti scontando le loro pene, compiono certamente un cammino di purificazione. Questo cammino però non può essere un cammino separato dagli affetti personali, dal mondo che è fuori; oggi la società, il nostro sistema giudiziario, hanno ben compreso che il reinserimento del carcerato, scontata la pena detentiva, non può che iniziare nel carcere stesso, dove non è più possibile rompere con durezza i legami famigliari e amicali. Un cammino di riabilitazione che diminuisse, gli amori, gli affetti, le amicizie, non sarebbe un cammino civile che rispetti la dignità della persona. Il nostro vero tesoro umano che è l’amore, lo portiamo con noi anche in carcere ed è forse la motivazione più profonda per riflettere sui propri errori, e la forza per guardare al futuro.

Saranno più di mille le persone detenute che domani potranno assistere alla Santa Messa; provengono da vari paesi e tra loro ci saranno anche dei “minori”, persone agli arresti domiciliari e anche ergastolani. Ecco allora il significato mondiale di questa giornata giubilare. Il “problema carceri” è un discorso internazionale. Sottolineava pochi giorni fa il fondatore di Libera don Ciotti :” il carcere è troppo spesso la scorciatoia,la soluzione tampone,per non affrontare problemi che invece andrebbero affrontati alla radice con politiche sociali, educative e lavorative. Il carcere non può essere la risposta all’emarginazione e alla povertà”.

Giubileo e carceri, libertà e detenzione; solo lo Spirito può fare sintesi tra queste apparenti antinomie. Visitare i carcerati è una straordinaria opera di misericordia, ma forse è anche la meno praticata. “Venite benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo, perché io ero carcerato e siete venuti a trovarmi “(Mt 25,36). La Parola di Dio è molto chiara e su questa Parola avverrà il giudizio.

Gesù facendosi uomo aveva preso la forma del servo sofferente ci ricorda il profeta Isaia;pregare per le vittime, ma anche per i carnefici è un servizio; gli uomini hanno diritto anzi hanno bisogno di vedere una chiesa che serve,che aiuti la riconciliazione,hanno bisogno di vedere che la chiesa, continua nella storia la Carità di Cristo, che Gesù ha direi istituito con un gesto quasi sacramentale, la lavanda dei piedi :” se sapete queste cose,siete beati se le fate”(Gv 13,17) .Capite quello che vi ho fatto? Ci domanda ogni giorno Gesù servo sofferente. Abbiamo sempre più strumenti per capire le cose del mondo, ma questa cosa qui della lavanda dei piedi,ancora non la abbiamo capita;questo gesto è un capovolgimento, dei sistemi economici, come di quelli politici, è un capovolgimento di un certo modo di essere chiesa, è un capovolgimento di ognuno di noi. “io vi ho dato un esempio affinchè anche voi facciate come vi ho fatto”(Gv 13,15).

Lavorare, studiare, pregare, affinchè le periferie esistenziali diventino luoghi di riconciliazione e riscatto umano è un dovere civico e cristiano. Gli uomini, le istituzioni, i partiti politici che vogliono chiudere definitivamente le porte del carcere e buttare via la chiave, né dovranno rispondere alla storia e a Dio.

La prossima settimana, da venerdì 11 a domenica 13 novembre si svolgerà il Giubileo delle Persone socialmente escluse, quelle che sono ai margine della società. Il Giubileo poi finirà. Carcerati e socialmente esclusi. Per papa Francesco gli ultimi sono già i primi nel cuore di Dio.

 

 


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La fede dei “lebbrosi”

Come sappiamo dalla Bibbia, il villaggio esclude i lebbrosi. Questa esclusione si è protratta fino a noi. Ancora oggi, soprattutto oggi, i migranti, lebbrosi del ventunesimo secolo,  sono esclusi , ai margini del benessere e della dignità. “Gesù appena li vede” racconta il vangelo, li accoglie  e li guarisce; subito, senza aspettare le risoluzioni dell’Onu, o l’ennesima riunione del Consiglio d’Europa, Gesù li include nel villaggio, pretende per loro il posto che gli spetta, dentro il villaggio, anzi al centro. Davanti  al lebbroso anni duemila, Gesù si ferma, e agisce con tempestività; anche Lui è un lebbroso, migrante fuori dal palazzo, per sostenere tutti quelli che sono esclusi e dire loro, di ribellarsi alla ingiusta, prepotente e cinica esclusione. Gesù sente l’urgenza  del dolore dell’uomo. Anche noi dobbiamo sentire questa urgenza, questo disagio interiore che non ci permette di voltarci dall’altra parte; questo disagio interiore è l’ultimo brandello della nostra dignità di cristiani, di uomini di cittadini europei; se perdiamo anche quello  siamo finiti del tutto.

“Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!” La lebbra riguardava tutti, giudei, galilei, samaritani; africani, asiatici, dall’America latina; musulmani, cristiani, senza religione. Il vangelo ci racconta che il più lebbroso di tutti, il più escluso di tutti, è l’unico che torna indietro da Gesù dopo la guarigione, per ringraziare. Era un samaritano. Nel vangelo spesso  i veri credenti  sono gli esclusi, le persone più lontane. Gesù  aveva ammirato  la fede del centurione,  della prostituta, dell’emorroissa, del cieco nato, ora ammira la fede di un samaritano. Gesù ancora una volta ci insegna che la fede non è un dono che Dio dà solo ad alcuni uomini, ma la risposta degli uomini al dono d’amore che Dio fa a tutti. Quelli che sperimentano questo amore e rispondono con un grazie impegnandosi per il dolore del mondo, sono i veri modelli di fede.

 


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Il grande Abisso

Chi ha molti denari e molte sicurezze,, rischia di vivere come gli «spensierati di Sion» di cui parla Amos, e si costruisce un mondo tutto suo, e anche se alla sua porta ci sono migliaia di Lazzari nemmeno se ne accorge. L’ epulone dei nostri anni a volte se ne accorge e allora fa qualche elemosina per i poveri, dona qualche vestito vecchio che non mette più, pur di non avere il disturbo dei Lazzari alla sua porta.
In tutte la Chiesa cattolica oggi si legge la parabola del Ricco Epulone ma domani Lazzaro starà come oggi. Niente cambia. Purtroppo il messaggio di Gesù è stato spesso imprigionato nel sistema e lo abbiamo un po’ reso innocuo; non incide più nella nostra vita reale. Questo è l’abisso di cui parla il oggi il Vangelo. .Inoltre tutti vediamo che l’abisso tra i Lazzari e gli epuloni si è allargato a dismisura.
Noi epuloni abbiamo da secoli deciso che non si può consentire la promiscuità tra chi è dentro e chi è fuori. Lazzaro deve stare fuori dal sistema,dalle nostre città, la bibbia direbbe dall’accampamento. Lazzaro poi non solo è escluso ma deve essere anche convinto che sia normale così, che sia giusto. L’esclusione lo tocca dentro, nella coscienza.
La nostra società però dice di ispirarsi ai grandi principi del cristianesimo, dell’illuminismo,della democrazia e allora prova ( fa finta?) ad inserire dentro di se Lazzaro l’escluso, ma non ci riesce, perché dovrebbe contestare se stessa nei propri principi costitutivi. Gli immigrati sono i Lazzari del ventunesimo secolo, e noi sappiamo solo allargare il fossato.
I cristiani non sì dimentichino che Dio sta dalla parte dei Lazzari, anzi Dio in questo mondo è Lazzaro.Gesù è andato fra gli immondi per insegnare loro a smettere di dirsi immondi, a guardare le nostre città,il nostro sistema e scoprire che il vero Lazzaro,il vero immondo è proprio il sistema. Questa è la rivoluzione cristiana. Gesù è venuto a svegliare la coscienza degli esclusi perché smettano di considerarsi legittimamente esclusi, perché sappiano che la dignità e un loro diritto inalienabile.Il sistema poi ha provato ad addomesticare Gesù “promuovendolo” a tutore dell’ordine ma Lui si è divincolato, andando contro ad un sistema che esclude,ribellandosi al potere politico/religioso e a quello economico. Per questo è stato crocifisso come un Lazzaro qualunque:”Come un delinquente voi lo avete appeso ad un legno”.dice Pietro, nel primo discorso dopo la Pentecoste. Le Beatitudini ci dicono che i Lazzari hanno già vinto in Cristo la loro battaglia di dignità.Ora ci stanno venendo incontro,e sono milioni.Non ci vogliono distruggere, ma dirci la Parola della salvezza che è stata loro affidata. Beati i Poveri perché vostro è il Regno di Dio dirà Gesù.Vostro è il segreto della vita.


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La ricchezza strumento nelle nostre mani

don Francesco Pesce

Le ricchezze non sono un fine, ma uno strumento nelle mani degli uomini; spesso sono diventate uno strumento iniquo perché l’uomo se ne è servito per dominare gli altri uomini e assoggettare interi popoli al controllo di alcune elite. Siamo arrivati nella storia perfino allo sterminio programmato e calcolato dei poveri, come ricorda il profeta Amos. Grazie a Dio il progresso culturale dei popoli sta favorendo una sempre maggiore presa di coscienza, circa il bisogno di una più equa distribuzione delle ricchezze del pianeta. Alcune organizzazioni internazionali e alcune nazioni più sviluppate stanno lottando per nuovi equilibri sociali, ma la battaglia è ancora molto lunga e difficile. Gesù invita i suoi discepoli ad essere “scaltri” nell’uso delle ricchezze. Chiede ad ognuno di noi un diverso rapporto con le ricchezze sia sul piano individuale che in quello comunitario. Proprio per questo non può più bastare il gesto privato della elemosina; bisogna agire perché la ricchezza possa diventare uno strumento di liberazione e di riconciliazione tra i popoli; questa è la concretezza del vangelo, che per sua natura è un fatto sociale. La storia ci insegna che non pochi si sono allontanati dalla Chiesa e dalla fede, perché hanno ricevuto una cattiva testimonianza nell’uso del denaro e delle ricchezze. Assistiamo poi in questi anni come cristiani e cittadini del mondo a due fatti molto importanti. Papa Francesco sta testimoniando la possibilità concreta di una Chiesa povera per i poveri, ed è uno straordinario dono del Signore, un esempio che ci stimola a sempre nuova conversione. Inoltre al contempo assistiamo al fatto che molti poveri, si stanno -potremmo dire così- riprendendo il vangelo, spesso a loro nascosto, dietro parole di circostanza e umilianti elemosina. I poveri oggi sono coscienti che il vangelo è prima di tutto per loro, e non sono più disposti ad aspettare per i loro diritti e la loro dignità. Rileggiamo e meditiamo attentamente a questo proposito le parole profetiche di don Primo Mazzolari, prete povero tra i poveri:” io non ho mai contato i poveri, perché i poveri non si possono contare; i poveri si abbracciano, non si contano. Eppure c’è chi tiene la statistica dei poveri, e ne ha paura; paura di una pazienza che si può anche stancare, paura di un silenzio che potrebbe diventare un urlo ,paura di un lamento che potrebbe diventare un canto, paura dei loro stracci che potrebbero farsi bandiera, paura dei loro arnesi che potrebbero farsi barricata.” Io credo che stia già avvenendo.


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Saremo giudicati sull’amore

don Francesco Pesce

Il Vangelo ci chiama a superare le facili contrapposizioni tra giusti e ingiusti, peccato e virtù. Anche questo figlio maggiore onesto è peccatore. Cosa ha fatto? Niente! Non ha capito l’amore. Non ha capito l’amore e con il suo occhio guardava tutto e tutti con sospetto; ricordiamo bene quando gli scribi e i farisei mormoravano contro Gesù perché “guardavano” che mangiava con i peccatori. La prima violenza è proprio quella dell’occhio; dobbiamo sempre tutti imparare ogni giorno a guardare il mondo con gli occhi misericordiosi del Padre.

Un pastore che affronta i pericoli della natura, una donna di casa che con ostinazione cerca la sua moneta di valore, un padre che sa solo correre incontro e abbracciare.  Sono tre immagini bellissime di un Dio che ci cerca continuamente e non trova pace fino a quando non ci ha ritrovati. Il Pastore  si mette  sulle spalle la pecora che ha ritrovato,e la aiuta così nel suo cammino di ritorno, gli rende più leggeri i passi, non la umilia con una punizione per il fatto di essersi perduta.

Dio non guarda i nostri meriti o le nostre colpe, ma prima di tutto i nostri bisogni. La donna che cerca il suo tesoro sotto la polvere, ci aiuta a credere di più nell’aiuto di Dio e in noi stessi; sotto la polvere di tanti nostri giorni, nascosto in qualche angolo dentro di noi, c’è un tesoro prezioso che dobbiamo cercare con la lampada dello Spirito. Nessuna sporcizia, nessuna difficoltà, nessun male della vita sarà mai più forte della nostra immagine e somiglianza con Dio.

Non lasciatevi rubare la Speranza è la profezia di Papa Francesco. Un padre misericordioso che corre e abbraccia il figlio; lo vuole più felice che fedele, lo vuole debole ma vicino, piuttosto che forte e lontano. Il Vangelo ci insegna a ripudiare  mentalità aggressive, perché gli uomini  non solo disarmino i loro arsenali di guerra, ma anche i loro cuori. “Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore” – come scriveva il sacerdote e poeta del sedicesimo secolo, San Giovanni della Croce.


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Le Olimpiadi dei poveri

Riceviamo e mettiamo a disposizione nel nostro sito una riflessione cristiana sulle Olimpiadi, che come tutti sanno si stanno svolgendo a Rio de Janeiro in Brasile. E’ stata scritta da Suor Evanilda, brasiliana, dolce e amabile, che si é occupata per tanto tempo in Italia dell’educazione dei bambini e del catechismo in preparazione alla prima comunione, e recentemente é tornata nel  suo Paese. La ringraziamo di cuore e speriamo che possa di tanto in tanto contribuire al blog con la sua testimonianza dall’America Latina, il continente dove vive una gran parte dei cristiani e che ci ha donato il nostro amato Papa Francesco. Un continente di grande sviluppo socio-economico, ma dove permangono importanti contraddizioni e sfide, come le diseguaglianze sociali e la crescita delle sette. Nel logo delle olimpiadi 2016 campeggia la scritta “un mondo nuovo”. Ci domandiamo, anche alla luce della riflessione di sour Evanilda se questo mondo nuovo é aperto per tutti e per tutti presenta le stesse opportunitá.

Dal Brasile, Suor Evanilda

I giovani raccontano che questae Olimpiadi sono una vera opportunità per mettere a fuoco i propri talenti e stimolare altri giovani a saper scoprire le proprie capacità e cogliere altre opportunitá. Dicono che é un modo per far festa, conoscere altre culture e creare fratellanza. Non tutti però possono mettere a frutto questa possibilità.  Per i poveri  infatti, le Olimipiadi di Rio sono esclusivamente un modo di poter lavorare e guadagnare qualcosa in più. Una piccola speranza per migliorare la loro situazione di miseria e povertà.

Vedo e ascolto dai racconti dei ragazzi che incontro ogni giorno che le Olimpiadi qui da noi in Brasile purtroppo sono riservate solo ai più ricchi. I poveri sono esclusi non solo dalla partecipazione ma anche dall’assistere ai giochi, perché i prezzi dei biglietti sono molto alti e non possono permetterseli. Nel nostro Brasile spesso va tutto a finire nelle tasche dei potenti e dei ricchi e questo è uno scandalo non più sopportabile. Nonostante i grandi progressi sociali ed economici, credo che il Brasile debba molto crescere e migliorare in modo particolare per promuovere con piú forza l’accesso alle cure sanitarie e all’istruzione.

Le Olimpiadi  se non portano al bene di tutti non servono a nulla. Possono anche  creare  rabbia e risentimento, perché i poveri sono esclusi e molti giovani  non possono partecipare. Il Brasile non può far vedere solo la sua grande e magnifica creatività e arte. Deve  occuparsi prima di tutto di dare al tutto il popolo brasiliano ciò che gli spetta – lavoro, assistenza sanitaria, istruzione – ed essere capace di distribuire secondo giustizia e verità. 

Certamente è una cosa ottima organizzare le Olimpiadi, perché questo evento porta molti giovani a credere nelle proprie competenze, con la speranza che i loro sogni si possano finalmente realizzare. Spegnere i sogni dei giovani è quasi come un omicidio. Purtroppo la realtà e che i poveri soffrono perché il loro accesso a queste Olimpiadi non è possibile a causa del prezzo dei biglietti per le varie gare sportive, per cui la maggioranza rimane fuori nelle periferie. In termini di opportunitá, se va bene i poveri riescono a guadagnare qualcosa servendo qualche bibita o vendendo delle cianfrusaglie nelle loro baracche o per le strade tra i turisti.

Il Brasile può molto migliorare anche dopo le Olimpiadi, se guarderá il futuro con speranza cercando di investire risorse e imparando dal passato con lo sforzo di non continuare a ripetere gli stessi errori. Che Dio faccia sorgere dei governanti saggi e illuminati, che  soccorrano gli ultimi, coloro che non hanno voce, chi non ha  diritti e dignità. Ancora oggi, purtroppo, da una parte ci sono i poveri delle Favelas che continuano a essere esclusi, dall’altra parte i ricchi e i potenti che godono e fanno festa.


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Passò oltre dall’altra parte. Tre parole che ci rendono inutili e dannosi

“Passò oltre dall’altra parte”(Lc 10,31). Come notava don Primo Mazzolari nel suo famoso commento a questa parabola, in tre parole, ecco descritta l’inutilità della religione della scienza,della filosofia; una religione, una scienza,una filosofia,una cultura, un progetto politico, un piano pastorale, una semplice giornata, che passano oltre l’uomo e le sue ferite , sono semplicemente inutili, anzi dannose. Gesù non risponde alla domanda posta dal maestro della legge :”Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna”? ”(Lc 10,26 ) ma racconta una storia. E’ la storia di ognuno di noi. Notiamo prima di tutto che la domanda è fondamentale; si tratta della nostra vita. E’ in gioco la nostra umanità, il senso ultimo del nostro esistere, la strada da percorrere per realizzare la nostra vocazione. La strada è proprio una protagonista di questo racconto. Da Gerusalemme a Gerico ci sono circa trenta km di strada in salita attraverso il deserto di Giuda. Queste notazioni geografiche sono una buona metafora della vita che spesso è in salita, e a volte sembrano  mancare anche le oasi di ristoro. La strada in fondo è il vangelo stesso così come ci ricordano gli Atti degli apostoli; anche il seminatore non si è dimenticato di far cadere il suo seme perfino sulla strada, fiducioso della potenza di Dio; la strada è il luogo privilegiato della vita di Gesù,è lo spazio quotidiano  della sua misericordia.

“Passò oltre dall’altra parte”(Lc 10,31). Grazie a Dio tanti invece si sono fermati ; la storia della Chiesa e del mondo è piena di Buoni samaritani che hanno soccorso l’uomo “mezzo morto” se lo sono caricati sulle spalle e lo hanno rialzato a nuova dignità.

Oggi  tutti lo sperimentiamo, siamo chiamati a fermarci davanti l’uomo con una carità quotidiana; nessuno può dire di non sapere o di non essere bene informato sulle ferite della  umanità. La strada infatti è una sola, non ci sono scorciatoie o corsie preferenziali e gli uomini mezzi morti sono davanti a noi,intralciano i nostri passi, sono accovacciati alle nostre porte, sono un monito perenne alla coscienza di ciascuno. Che devo fare per ereditare la vita eterna? Che devo fare io ? oggi come posso mettermi a servizio dell’uomo, di ogni uomo ? come mettere in gioco il talento delle mie competenze, della mia storia, della mia fede?

Bisogna curvarsi  verso gli altri non  con le tavole della legge in mano, sia essa civile che religiosa ma  con gesti di umanità pura, con una carità non finta, non diplomatica, non dettata dalla convenienza del momento o dalla appartenenza al proprio gruppo che prevede anche piccoli momenti di carità ,ma poi fa i suoi affari. Con  qualsiasi segno politico sociale o  religioso, chi si abbassa  verso l’uomo ferito, verso il diverso da lui, per soccorrerlo, questo uomo che si curva è già un buon samaritano, è un buon cittadino è un buon credente è già un modello di civiltà. E’ già nel cuore stesso di Dio.


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Seguire Cristo significa amare non distruzione e corruzione

Don Francesco Pesce

Gesù è in cammino verso Gerusalemme e all’ingresso di un villaggio, i Samaritani non vogliono ricevere i discepoli di Gesù i quali chiedono il permesso di far scendere il fuoco per distruggerli. Sappiamo tutti molto bene che nella storia a volte abbiamo fatto così. Abbiamo fatto scendere il fuoco sulle città, abbiamo sterminato razze intere per “amore” di Cristo. Quando la religione è presa a pretesto, e diventa strumento di divisione e di odio, si arriva a legittimare gli stermini, come in questi giorni ricordiamo durante la visita di papa Francesco in Armenia, o come la cronaca quasi quotidiana ci fa vedere a proposito del fondamentalismo religioso che strumentalizza Dio e la fede dei piccoli. Non è da meno purtroppo un certo integralismo laicista, che vorrebbe l’uomo onnipotente e lo riduce così schiavo di se stesso e del proprio egoismo. Il vangelo oggi ci propone anche una chiave di lettura per capire come siano possibili alcune derive integraliste nel corso della storia. Gesù si trova accanto un uomo pieno di entusiasmo che lo vuole seguire. Gesù però ha intuito qualche cosa di non sincero e dice: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’Uomo non ha dove posare il capo»( Lc 9,58).

Gesù severamente ci richiama a riflettere su quel legame che noi spesso preferiamo sorvolare,cioè il rapporto tra la vita cristiana e l’economia. Per essere liberi e cristiani dobbiamo stare molto attenti ai rapporti economici, nei quali siamo immersi; facilmente il denaro sporco, entra anche nei nostri spazi sacri, la nostra coscienza e le nostre chiese, e spesso bassi interessi hanno la meglio sulla nostra testimonianza cristiana e sulla nostra libertà. Quando Francesco d’Assisi volle vivere il vangelo cominciò col buttare tutti i soldi ai piedi di suo padre: ruppe un rapporto. Non si può servire a due padroni, al vangelo e a mammona. Denaro sporco, potere carriera; dobbiamo stare tutti molto attenti, come singoli credenti e come comunità cristiana. Il metodo che ci suggerisce Gesù per annunciare il vangelo, liberi da ogni integralismo e da ogni dipendenza economica è quello di “mettersi in cammino verso Gerusalemme”. “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui elevato sarebbe stato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”.  Letteralmente l’evangelista scrive:” Indurì il suo volto verso Gerusalemme” (Lc 9, 51). Gerusalemme non è solo una città. Essa è un simbolo della coerenza della nostra vocazione. E’ necessario che ciascuno di noi salga a Gerusalemme, la città che uccide i profeti per conoscere la dimensione della propria fede.

Essere cristiani significa avere incontrato Gesù di Nazareth, averne accolto il messaggio e avere scelto la Sua drammatica e magnifica proposta di vita, pronti a pagare un prezzo alto se necessario. Solo il Dio di Gesù Cristo ci insegna ad amare senza confini, senza limiti, senza integralismi e sempre gratuitamente.


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Pellegrino di giustizia e riconciliazione in Messico

Riflessione sul recente pellegrinaggio di Papa Francesco  

“Voglio dire una cosa, una cosa giusta, sul popolo messicano. E’ un popolo di una ricchezza, di una ricchezza tanto grande, è un popolo che sorprende… Ha una cultura, una cultura millenaria…Voi sapete che oggi, in Messico si parlano 65 lingue, contando gli indigeni? 65! E’ un popolo di una grande fede, anche ha sofferto persecuzioni religiose, ci sono martiri – adesso ne canonizzerò due o tre – E’ un popolo, non lo si può spiegare. E un popolo non lo si può spiegare semplicemente perché la parola “popolo” non è una categoria logica, è una categoria mistica.” (Papa Francesco, conversazione con i giornalisti sul volo di ritorno dal Pellegrinaggio in Messico).

La “categoria mistica” del popolo può spiegare bene il senso del pellegrinaggio di Papa Francesco in Messico. Il Pastore universale cammina con il suo popolo, lo difende, lo incoraggia, si mette alla sua teste e, quando occorre, sta nel mezzo per condividere fino in fondo le sue sofferenze. E’ la croce infatti l’altra categoria mistica attraverso la quale possiamo vedere più in profondità questi giorni così intensi. 

Quando riflettiamo sulla Croce, dobbiamo liberarci da un condizionamento spiritualistico che la colloca quasi fuori dal mondo, mentre essa e’ una forza di distruzione di tutto ciò che appartiene ai poteri di questo mondo. Gesù sulla Croce ha distrutto in sé l’inimicizia, ha distrutto gli steccati che separano gli uomini e ha distrutto ogni pretesa degli uomini di dominare gli altri uomini e le loro culture.

Papa Francesco pellegrino in Messico non annuncia solo  la giustizia ma, proprio come Gesu’, cerca di realizzare le condizioni per la giustizia, con una parola chiara e “distruttiva“. L’annuncio della giustizia non basta piu’; bisogna sostenere le  esperienze di abbattimento di tutti i muri, perche’ solo da lì si puo’ ricostruire. Chi innalza muri non è cristiano ha ancora affermato il Papa sul volo aereo.

Ecco allora Francesco in Chiapas, una  terra dove vivono dodici etnie e piu’ della meta’ della popolazione e’ cattolica. Una terra povera e spesso dimenticata, che non ha mai smesso di lottare per la giustizia e il riscatto sociale, con il sostegno in particolare di un suo grande pastore – il vescovo Samuel Ruíz García per piu’ di 40 anni  amatissima guida del suo popolo e anche grande punto di riferimento nella trattativa tra  il  sub-comandante Marcos, l’esercito zapatista e il Governo messicano. Il  Papa in ginocchio sulla sua tomba interpreta la richiesta di perdono della Chiesa e oltre la Chiesa per questo popolo troppo spesso dimenticato.

Poi Papa Francesco è arrivato  a Ciudad Juarez, al confine con gli Stati Uniti, di fronte alla città texana di ElPaso, tristemente famosa per il narcotraffico, lo  sfruttamento sessuale e il dramma dell’immigrazione dal Centroamerica.  Il Papa ha visitato anche il terribile carcere  di Cereso, e incontrato il mondo del lavoro per poi celebrare la Messa con i migranti proprio vicino al muro  della  frontiera. Demolire i  muri materiali e sociali per costruire ponti di un futuro diverso e piu’ umano per tutti e’ responsabilita’ e urgenza per tutti noi. Innalzare nuovi muri è una illusione della storia.