Riflessioni sul Vangelo della III Domenica di Pasqua Anno C
Don Francesco Pesce
Il discorso di Pietro è il Kerigma, cioè l’annuncio essenziale, il nucleo della fede: Gesù di Nazareth… Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.
Questo è il motivo e la forza del nostro essere chiesa. La Chiesa è testimone di un mistero che lo Spirito Santo continua ad illuminare.
Quando parliamo di fede troppo spesso alludiamo ad una certezza incrollabile. Le certezze incrollabili alimentano i fanatismi e sradicano le fede dalla sua condizione umana. La fede invece è una cosa umile, mite, che non alza il tono e che sempre deve essere sostenuta dallo Spirito.
Nella fede c’è poi la necessità di una sofferenza. “Cristo doveva soffrire”, come anche aveva detto lo sconosciuto Gesù ai due di Emmaus. C’è la necessita di soffrire e di combattere per la pace, la giustizia per la fraternità tra tutti i popoli, per essere testimoni credibili del risorto. C’è la necessità di soffrire le beatitudini per essere testimoni del risorto. C’è la necessita di ancorare la fede al dolore dell’uomo.
Dicevamo domenica scorsa che chi fonda la fede non sulla presenza del Risorto, ma sul suo ricordo è fuori strada. Oggi il vangelo ci dice di più. Ci dice che noi dobbiamo ogni giorno ricominciare da questo gettare la rete sulla Sua Parola, ognuno con i propri dubbi, i propri limiti, con una fragilità naturale di una natura corrotta dal mistero del peccato, prima ancora che dovuta ai condizionamenti esterni (relativismo, soggettivismo, ecc).
L’annuncio Pasquale è ancorato alla Eucarestia come racconta la Bibbia innumerevoli volte: eucarestia unica sorgente non solo della identità cristiana, ma della testimonianza e della missione.
Notate anche che il Primato dell’Amore conferito a Pietro avviene “quando ebbero mangiato”, dunque una conseguenza dell’Eucarestia che cosi’ diventa anche la sorgente del ministero di Pietro. Il Papa ha il mandato dal Risorto dell’amore senza confini fino al dono di sè nel servizio fino alla fine.
Pietro e gli apostoli furono frustati. Oggi il potere, anche quello religioso, non usa le fruste, ha mezzi più sofisticati e percuote anche il Papa attraverso quelli che non accettano di cambiare il loro stile di vita i loro privilegi e il loro lobbismo, fondamentalmente perché non sanno amare.
Appena ha spezzato il pane lo hanno riconosciuto. Il pane non è nostro, ma di Dio: la condivisione non è la divisione o la concessione di ciò che ci appartiene, bensì una partecipazione a un dono di Dio che è per tutti. In questo modo Gesù apre la mente alle Scritture. Le Scritture vanno lette con lo stesso Spirito con cui sono state scritte, cioè l’amore di Dio per l’uomo.