Postiamo sul nostro blog un testo pubblicato sull’ Osservatore Romano del 18 giugno 2019. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza dell’articolo sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.
Il Vangelo della solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
Don Francesco Pesce
Gesù parlava alle folle del regno di Dio e guariva quanti avevano bisogno di cure.
Questo è il nostro compito di battezzati; non c’è bisogno di aggiungere altro, anzi altro è spesso zavorra inutile e dannosa. Questo è anche il cenacolo quotidiano dove Gesù si fa presente. L’eucaristia è una maniera di vivere, non un rituale.
Dobbiamo tutti sempre stare molto attenti al rischio di ridurre l’eucaristia a una devozione privata, quasi intimistica, in un cenacolo chiuso, dorato, incensato e sbarrato al dolore del mondo.
Congedare la folla, magari con qualche buona scusa è uno scandalo intollerabile; il cristiano e in particolare il sacerdote, uomo della eucaristia, sta in mezzo alla folla in ogni situazione, nei villaggi, nelle campagne e anche nel deserto; non la lascia mai sola e sempre la nutre con la fede nel pane della vita. Anche noi come Gesù dobbiamo ogni giorno diventare pane e vino per quelli che incontriamo e dobbiamo farci mangiare senza opporre nessuna difesa, senza mettere nessuna barriera. La folla si deve nutrire di noi, del nostro tempo, dei nostri spazi, delle nostre cose, perché niente è nostro ma tutto ci è stato affidato per la salvezza del mondo. È vero che tante volte abbiamo solo pochi pani e pochi pesci, questo però non ci deve spaventare o diventare un ipocrita alibi; affidiamo al Signore la nostra pochezza e le nostre paure e il Signore ancora una volta compirà il miracolo del pane per tutti.
La presenza di Gesù eucaristia, è un oggi di amore; portiamo nel mondo questo pane che è quotidiano, cioè quella carità semplice, silenziosa, lontana dai riflettori che è il lievito più efficace di questo pane.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Vorrei pregare il Signore che mi aiuti ad avere sempre molta cura e dedizione per queste dodici ceste. Serviranno a quelli che oggi mancano. Sono coloro che sono perseguitati a causa proprio della fede in questo pane; coloro che erano con noi ma sono andati via scandalizzati dalla nostra testimonianza negativa; coloro che ancora non conoscono Gesù, e anche coloro ai quali abbiamo impedito di venire e a volte anche mandato via con durezza di cuore, perché abbiamo confuso la legge con il vangelo, e così il pane è diventato una pietra.
La Chiesa vive, celebra l’eucaristia nell’Attesa del Suo ritorno. Forse il Signore ritornerà quando non mancherà neanche uno attorno alla Sua mensa. Così prego, così spero, così amo.