ConAltriOcchi blog – 以不同的眼光看世界-博客

"C'è un solo modo di vedere le cose finché qualcuno non ci mostra come guardare con altri occhi" – "There is only one way to see things, until someone shows us how to look at them with different eyes" (Picasso) – "人观察事物的方式只有一种,除非有人让我们学会怎样以不同的眼光看世界" (毕加索)


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Papa Francesco: dieci anni di Vangelo

Dopo dieci anni dall’elezione, Francesco continua la sua missione

Dieci  anni fa iniziava il pontificato di Francesco, dopo un tempo difficile per la Chiesa e le dimissioni inattese di Benedetto XVI. Cominciava cosí il ministero di un Papa venuto “dalla fine del mondo” – come disse affacciandosi per la prima volta rivolgendosi ai fedeli in una Piazza San Pietro gremita da tanti romani che tradizionalmente non mancano a questo appuntamento e da tanti cattolici sparsi in ogni parte del mondo.

PapaFrancesco

Photo credit: http://w2.vatican.va

In questi dieci anni abbiamo imparato che in ogni parola, gesto e vita personale di Papa Francesco c’è un fuoco interiore che lo spinge, fino al limite delle forze, ad annunciare il Vangelo di Gesù. Questo sta facendo Papa Francesco: mettere la Chiesa, i cattolici e noi tutti davanti al Vangelo.

Paradossalmente proprio per questo, già dopo qualche mese dall’elezione del Cardinale Bergoglio a Pontefice sono iniziate da alcuni ambienti conservatori, interessati non al Vangelo ma alla politica ecclesiale, aspre critiche, una palese opposizione, talvolta anche una forte resistenza al vento nuovo portato da Francesco.

Così continuerà lungo i dieci anni di pontificato. Anzi, i sentimenti contro Francesco, in alcune frange conservatrici, si sono moltiplicati: tuttavia non dal popolo, che lo ama, ma da un mondo cattolico, spesso del “ricco” occidente, piuttosto borghese-capitalista, detentore di grandi interessi economici, che assolutamente non sopporta l’insegnamento di Papa Francesco che denuncia le ineguaglianze, le ingiustizie, le devastanti violenze delle guerre, lo sfruttamento sui più deboli, il clericalismo e la “doppia vita” nella Chiesa. Non si sopportano, insomma, i discorsi, il magistero e la testimonianza del Papa nei suoi incontri quotidiani con uomini e popoli di tutto il mondo.

Ma noi sappiamo bene che, la Chiesa, Papa Francesco, le nostre vite sono nelle mani di Dio: è il Signore che crea, fa vivere e stabilisce il nostro limite. Basterebbe credere a questa azione di Dio perché i critici del Papa si diano un pò di pace e tornino sui sentieri della fede riconoscendo a Dio la grande strategia dietro la storia e nelle vicende della Chiesa che cammina nel mondo. La Chiesa è posta nel mondo come un “segno”, un “sacramento” che rivela agli uomini l’amore universale di Dio realizzato in Gesú morto e risorto.

La Chiesa di Francesco cerca di confrontarsi ogni giorno col Vangelo: è questo il limite inaccettabile posto dai suoi detrattori. Per alcuni la Chiesa dovrebbe incentrarsi su dogmi, morale, sessualità da condannare, pericoli del comunismo, di un Islam che invade l’Europa. E’ l’ansia della paura, il timore della sconfitta, di chi si rende conto che trincerarsi nel legalismo è più facile che accettare la sfida del Vangelo – amare fino alla fine. Alcuni vogliono una Chiesa che sia centro di potere; un’istituzione forte che viene prima del Vangelo: il conflitto è qui – tra Vangelo o “istituzione forte”.

La Chiesa che i gruppi conservatori oggi rivendicano è la Chiesa della ricchezza, dell’accordo con i forti e i potenti: questi movimenti sono guidati dalla convinzione che la Chiesa nel mondo non debba presentarsi con l’umiltà e la mitezza di Gesù, ma come una forza sociale e politica che giustifichi il fondamento del suo potere. La Chiesa  annuncia la speranza del Vangelo, e cerca l’imitazione di Gesù.

Preghiamo il Signore ogni giorno per il papa affinchè il Signore lo sostenga; e preghiamo anche per noi  perché ci aiuti a mantenere sempre il desiderio, la sete di Lui . Si accresca in tutti noi la passione per il vangelo.. Cresca in noi tutti il desiderio di “fare Pasqua”. “Perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”.


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Il giardino di Adamo e il deserto di Dio

(Genesi 2-3; Matteo 4, 1-11)

Secondo il racconto della Genesi, il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo quando ancora la terra era un deserto. Questa cosa fatta di polvere divenne essere vivente grazie a un alito di vita che il Creatore soffiò nelle sue narici: come dire che l’uomo non ha vita in se stesso, ma la riceve dallo Spirito stesso di Dio e la vita rimane in lui soltanto a patto che l’uomo l’accolga quale dono di Dio.

La vita dunque per l’uomo è un dono precario. Non nel senso di dono insicuro, perché anzi Dio, con quel soffio iniziale, si impegna nei confronti dell’uomo e della sua vita. Precario nel senso di non poter sussistere se non a patto che l’uomo creda nella fedeltà di Dio e conti su di essa.

La precarietà della vita umana trova riscontro nella precarietà del rapporto tra l’uomo e la terra: è la terra davvero  un giardino, provvisto d’ogni albero necessario a nutrire la vita dell’uomo? Oppure la terra rimane per sempre un deserto inospitale, nel quale la vita è impossibile? Il testo biblico dice senza incertezza che il Signore Dio pose l’uomo in un giardino, e dice anche che al centro di quel giardino c’era l’albero della vita. Ma aggiunge anche un altro albero accanto a quello della vita, anch’esso quindi al centro del giardino: l’albero della conoscenza del bene e del male. È un albero velenoso, e Dio avverte Adamo:

“Di quell’albero non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti (Genesi 2, 17)”.

Una domanda s’impone: perché Dio ha messo un albero velenoso e proibito nel giardino di Eden? Fuori di metafora: perché Dio ha fatto l’uomo capace di peccare? perché Dio ha fatto l’uomo, pur sapendo sin dall’inizio che avrebbe peccato?

Prima di tentare una risposta a queste domande, occorre riflettere sulla loro pericolosità: può forse il vaso giudicare l’opera del vasaio? Chi è questo essere di terra che vuole giudicare l’opera di Dio? Riflettiamo: il peccato stesso di Adamo cominciò proprio di qui: dal fatto cioè che Adamo si ponesse l’interrogativo su l’opera di Dio. Ci chiediamo allora che cosa vuol dire quest’albero? Quale aspetto della nostra condizione esso intende descrivere?

La conoscenza «del bene e del male» è la conoscenza di tutto. «Conoscere» nella Bibbia vuol dire «avere esperienza»; l’obiezione di Maria all’angelo («Com’è possibile questo? Non conosco uomo») significa che non aveva avuto alcuna esperienza di rapporto con uomo.

Il misterioso albero del giardino descrive dunque un progetto, un desiderio, una tentazione, che facilmente s’insinua nella mente dell’uomo. Il progetto è quello di fare la prova di tutto e collaudare il valore di tutto, e decidere quello che serve e quello non serve alla vita dell’uomo.

«Quando voi ne mangiaste – dice il serpente – si aprirebbero i vostri occhi, e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male».

Provare tutto: s’intende tutto ciò che attrae e che appare gradito ai nostri occhi, desiderabile ai nostri appetiti, vantaggioso per incrementare la nostra esperienza. Provare tutto, ossia mettere tutto alla prova del nostro desiderio, e giudicare tutto sulla base di tale prova. Credo sia facile per ciascuno verificare quanto questo progetto continui ad affascinare l’uomo anche oggi e quanto insistentemente si produca ancora oggi l’esito descritto dalla Genesi: «Si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero d’essere nudi» – nudi, e cioè pericolosamente indifesi allo sguardo dell’altro, di Dio stesso, dunque nella necessità di nascondersi e di difendersi.

       Gesù ritorna nel deserto all’inizio del suo cammino in mezzo agli uomini. E nel deserto di nuovo riconosce la suggestione di Satana: quella di costituire il proprio desiderio quale misura di tutte le cose. Se egli trasformasse le pietre in pane, se desse strepitosa prova dei suoi sovrumani poteri proprio nel tempio, se accettasse di farsi re al modo in cui si fanno re tutti i signori di questo mondo, certo le folle lo seguirebbero: perché di queste cose tutti vanno in cerca.

Ma Gesù oppone alla suggestione di Satana la scelta della fede: non mettere Dio alla prova dei nostri desideri, non si può rendere un culto ad altro signore che non sia Dio stesso; l’uomo non può decidere da se stesso che cosa serve alla propria vita, ma deve rimettersi al Soffio di Dio, alla Parola che esce dalla sua bocca.

Il digiuno da tutto ciò che la prepotenza dei nostri desideri suggerisce come essenziale alla vita, per ritrovare la parola  sovrana e misteriosa che esce dal silenzio di Dio, è anche il programma del deserto spirituale al quale il cristiano ritorna nel tempo di Quaresima.